E voi da che parte state? Io da quella della risata
giovedì 14 maggio 2015
Capitolo 6 - Passatempi pomeridiani
Cap. 6
Passatempi pomeridiani
Ciel, non appena arrivato al suo sontuoso trono, ci cadde sopra e chiamò il maggiordomo
«Preparami un thè» esclamò, imperioso
«Ghyoi» disse, inchinandosi elegantemente, poi sparì in un’altra stanza. Poco dopo tornò con una meravigliosa tazza decorata con una rosa rossa delicata, che sembrava quasi reale e spiccava con forza sul bianco avvolgente «Ecco, Bocchan» mormorò porgendogli la tazzina.
Il Phantomhive la annusò con interesse, poi la portò alle labbra. Dopo un paio di sorsi la allontanò dal viso e guardò severo Sebastian «Cosa ci hai messo?»
«Nulla, Bocchan. È proprio come al solito»
«Perché non lo hai fatto?! Scimunito! Deficiente, portati via questo thè e preparamene uno speciale!»
«Ghyoi» disse lui, con estrema calma e si allontanò con passo felpato, prendendo in custodia la tazzina con ancora pochi sorsi di delizioso Earl Grey.
Tornò poco dopo, con una tazza da thè uguale alla precedente, con un thè caldo che mandava una fresca e deliziosa fragranza, forte e dolce al tempo stesso, quasi fosse miele, ma con note più aspre.
Ciel, come prima, lo annusò e ne parve contento, quindi se lo portò alle labbra e dopo mezzo sorso lo sputò a terra, urlando come un indemoniato «Bakaa!». Quindi si guardò la mano.
Ci aveva visto giusto. L’anello dei Phantomhive al suo dito era svanito. Mise la mano, suo malgrado, nella tazzina e ne tirò fuori il piccolo anello d’argento, con quella pietra splendente finemente lavorata, di un blu meraviglioso e intenso.
«Stupido! Hai messo nel mio thè l’anello di famiglia! Vammene a preparare un altro, schifoso yaoi gattofilo!»
«Ghyoi, Bocchan» disse, senza fare una piega e, rimesso l’anello al dito del suo padroncino con premura, facendo uno dei suoi famosi sorrisi da vecchina sdentata, se ne andò con la tazza in mano.
Di nuovo, ritornò con un’altra tazzina uguale a quella che si era portato via «Bocchan» disse, mentre gli passava con attenzione la piccola tazzina.
Ciel gli diede uno sguardo fulminante e diffidente e prese con delicatezza la tazza. La annusò di nuovo. L’odore era quello, ma stavolta c’erano delle note più dolci e deliziose che gli fecero venire una specie di acquolina in bocca …
La bevve tutto d’un fiato. Era la cosa più deliziosa che avesse mai assaggiato!
«Grazie, Sebastian!» disse, sorridendo.
Sebastian rimase sbigottito. Il suo Bocchan non lo ringraziava mai, per lui era un dovere, e tantomeno sorrideva. Il signorino era cambiato, c’era qualcosa che non andava in lui.
Entrò un ometto strano, vecchio, con un monocolo sopra l’occhio dall’iride grigia, come i suoi capelli d’altronde.
«Gli hai dato quello?!» esclamò l’ometto
«Si, Tanaka-san»
«Ma … ma è droga!»
«Lo so»
«Cocaina!»
«Lo so»
All’improvviso nell’ometto avvenne uno strano cambiamento: dai pori della sua pelle iniziò a levarsi del vapore e sembrò sgonfiarsi. Il maggiordomo non ne sembrò affatto turbato, mentre l’ometto si rimpiccioliva. Sembrava quasi indolore. Forse perché era indolore.
Il piccolo ometto, quasi un chibi (anzi proprio un chibi) tese la sua inseparabile tazza verde.
Sebastian sorrise. A quanto pare Tanaka-san ne voleva… voleva quella, la droga. Con un sogghigno senza denti, Sebastian versò un chicco di droga bianca nel thè verde e Tanaka bevve con avidità, sentendosi sempre più felice e spensierato.
All’improvviso dal tetto iniziarono a staccarsi pezzi di intonaco, che piovvero sulla testa di Ciel. Sebastian guardò verso l’alto
«La stanza del boss …» disse fra se e se « … Quello scellerato non sa nemmeno come si vive in compagnia, cosa starà combinando?»
«Sebastian!» urlò Ciel, continuando di tanto in tanto a sorseggiare il suo thè corretto «Che diavolo stanno facendo al piano di sopra?»
«Non ne ho idea, Bocchan»
«Vai a controllare, Sebastian!»
«Mi dispiace, ma se tu avessi letto, come da tuo dovere di boss, il regolamento scritto, avresti compreso che non solo la stanza del boss è l’unica non munita di telecamere in questa casa, ma è anche l’unica nella quale non si possa entrare se non invitati. Infrangere questa regola costa tre punti, questo significa che non solo perderemmo il nostro vantaggio, ma ci abbasseremmo di uno sotto lo zero»
«Hai ragione, Sebastian, hai ragione …» Ciel bevve ancora un sorso di te, iniziando a sentire la testa leggera e piena di svolazzanti, felicissime, farfalline colorate «Sebastian, adesso lucidami le scarpe»
«Ghyoi» il maggiordomo si inchinò, poi si mise in ginocchio ed iniziò a strofinare con un panno umido le punte delle orribili scarpe di legno con il tacco del suo boss.
All’improvviso si udì un terribile frastuono nel corridoio, le voci di Seras e Alucard che urlavano. In particolare quella della Police Girl si ergeva acuta e irritante, urlando un motivetto piuttosto ripetitivo
«Frush frush, fa la scopa! Frush frush!»
«Sebastian!» gridò Ciel, mettendosi le mani sulle orecchie «Fai smettere questo strazio, sono orribili!»
«Yes, my lord» rispose il maggiordomo, scattando nel corridoio.
Alucard era a cavallo di una grossa scopa scura e galoppava come se questa fosse un cavallo mentre Seras, beandosi dei suoi poteri di vampiro, galleggiava a mezz’aria, anche lei seduta sul manico di una scopa, ma più piccola e rossa.
«Il mio Bocchan» Disse Sebastian, tranquillo «Non sopporta che voi cantiate in modo così sgradevole presso le sue camere, è possibile che voi vi allontaniate?»
«Noi cantiamo in modo sgradevole?» Alucard sbuffò, contrariato «Andiamo a scopare in camera mia, Seras, qui non apprezzano la buona musica … dev’esserci un mucchio di polvere accumulato sotto il letto e nei corridoi, che ne pensi di raccoglierla?»
«Si, Mastah!» Seras alzò le mani, felice come una bambina «Raccogliamo la polvere! E poi …» abbassò le braccia e assunse un’espressione leggermente perplessa «E poi, Mastah, cosa ci facciamo con tutta la polvere?»
«Una piscina di polvere, è ovvio! Possiamo farci il bagno dentro … immagina, quando ne usciremo saremo tutti grigi come se fossimo di pietra!»
«Si, Mastah! Facciamo una piscina di polvere!».
Sebastian, ancora più perplesso di come lo era stata Seras, osservò i due vampiri che si allontanavano, uno galoppando e l’altra volando.
Alucard si sentiva felice, infantilmente felice di poter giocare con Seras indisturbato. Rideva e scherzava, sicuro di poter fare quello che voleva: dopotutto Seras non aveva abbastanza cervello per poter pensare di disobbedirgli. Bisogna dire che avevano dormito nelle bare soltanto per venti minuti, poi, sovraeccitati a causa della loro nuova dimora, esattamente come capita ai cuccioli di cane, si erano dovuti svegliare e avevano iniziato a fare baldoria con questa idea del “giocare con le scope come i giocatori di Quidditch”. E così adesso erano svegli e pimpanti nonostante fosse pieno giorno.
Salirono al piano superiore, dove erano ubicate le stanze che, per un tacito accordo, sembravano appartenere all’Hellsing. Fu lì che iniziarono a spazzare con foga il pavimento, usando la loro supervelocità da vampiri, per portare tutta la polvere in una delle stanze da bagno e riempire l’enorme vasca a idromassaggio di materiale fine e grigiastro. Ci misero un paio d’ore di lavoro, ridendo e cantando vecchi successi degli anni ottanta e canzoni metal di ogni sorta. Seras buttò la sua scopa a terra
«Guarda, Mastah, il pavimento adesso splende!»
«Fantastico» Alucard annuì «Integra sarà felicissima di noi, riusciamo a lavorare meglio dei maggiordomi! Ma dopo il lavoro …»
«Il piacere!».
Seras si buttò per prima in quella strana piscina, immergendosi, e poi vendendo fuori tutta grigia con i soli occhioni spalancati che brillavano in mezzo a quella che sembrava roccia
«È fantastico, la polvere è caldissima, vieni anche tu!»
«Non me lo faccio ripetere» e anche Alucard si infilò nella vasca, ingrigendosi di polvere, affondando prima, riemergendo poi, e soffiando infine contro il volto di Seras per spazzare via lo sporco che rimostrò la pelle pallida.
Alucard si appoggiò con le braccia ai bordi della vasca
«Però, non poteva venirci un’idea migliore per passare il pomeriggio, abbiamo fatto davvero un bel lavoro! Considerando che non possiamo sopportare l’acqua corrente nessuno può però vietarci di fare un idromassaggio di particelle solide, giusto?»
«Giusto Mastah!» Seras alzò le braccia, poi le riabbassò perplessa «Ma così non ci sporcheremo?»
«Dettagli Seras, sono solo meri dettagli …» Alucard drizzò di colpo la schiena «Odo passi risuonare nel corridoio, chi sarà mai?»
«Waltah-san» rispose Seras, con sicurezza «Chi altri vuoi che abbia il coraggio di avventurarsi nei nostri territori?»
«Ah, vado a parlargli» Alucard si alzò e si scrollò di dosso buona parte della polvere, poi uscì dalla vasca, si battè i gambali dei pantaloni con le mani e si avviò verso il corridoio.
Walter era intento a trasportare una pila di uniformi da maggiordomo verso quella che aveva scelto come la propria camera da letto quando si vide piombare davanti il vampiro in rosso
«Ciao, Alucard» sbuffò, contrariato
«Non mi chiami più Lord Alucard?»
«Non credo proprio»
«Che ti ho fatto, chiccolino di ribes?»
«Questo. Insomma, la vuoi smettere con quello stupido soprannome?»
«Non saprei» si mise un dito sopra il labbro inferiore «Mi diverto troppo ad irritarti, piccino mio»
«Finché ti divertirai ad irritarmi non cercare di avere da me appoggio e rispetto!» Walter gonfiò il petto con orgoglio «Sarò anche un maggiordomo, ma non mi piegherò così facilmente! Piuttosto, è tutto il pomeriggio che tu e Seras fate rumore, che cosa vi è saltato in mente, di allestire un musical? Sai che non riesci a cantare, lascia queste cose a Sebastian …»
«Ma io e Seras non stavamo assolutamente allestendo un musical»
«Buon per le nostre orecchie, ma che non si ripeta quello di oggi pomeriggio»
«Ah, sei così severo! Non c’è gusto se non si canticchia quando si scopa, no?»
«Quando si …» Walter sollevò un sopracciglio e guardò il vampiro con disgusto «Tu e Seras siete senza speranza»
«Come sarebbe a dire? Guarda che è un intero pomeriggio che ci stiamo divertendo!»
«Questo lo avevo notato!» Walter proseguì oltre senza nemmeno salutare e Alucard ci rimase piuttosto male, le sue sottili orecchie a punta parvero quasi afflosciarsi e gli occhi rossi risplendettero un tantino di meno nella semioscurità del corridoio.
Seras, ancora mezza grigia di polvere, comparve al fianco del vampiro in rosso
«Mastah, sei tutto triste … che hai?»
«Walter non mi vuole più bene» piagnucolò Alucard
«Waltah-san è cattivo! Perché non ti vuole più bene?»
«Perché oggi pomeriggio abbiamo cantato»
«Waltah è proprio un cattivone!» commentò convinta Seras, mettendosi una mano sotto il mento
«Si. Andiamo a trovare Integra?»
«Mastah, prima dovremmo rimediare a un guaio» la ragazza fece un sorrisetto imbarazzato «Quando sono uscita dalla vasca, metà della polvere si è rovesciata fuori»
«Ah, non c’è problema, Integra ci aiuterà a rimetterla dentro. Con quei grandi muscoli forti che si ritrova!»
«Ah, ah!» Seras alzò le braccia felice «Sii! Il Mastah Integra ci aiuterà!» poi lasciò ricadere le mani rinnovando la classica espressione perplessa «Ma come farà a sapere che ci è caduta la polvere?»
«Stiamo andando a dirglielo!» spiegò Alucard, sollevando un grosso indice
«Ah, ecco! Andiamo a dirlo al Mastah Integra!»
«Forza! Che si vada dal Master!».
I due vampiri marciarono per i corridoi tirati a lucido come specchi fino a raggiungere la stanza remota e dalla porta ben chiusa di Integra Farburke Wingates Hellsing. Alucard bussò piano, quasi in punta di nocche, e stava per parlare quando la voce del capo gli rispose
«Fatemi indovinare: siete Alucard e Seras»
«Si, siamo noi».
Integra venne ad aprire la porta con espressione neutra e i due vampiri entrarono nella sua stanza. Era uno studio austero, le pareti color nocciola, un grosso tappeto rosso sul pavimento e le grandi finestre a vetri che si aprivano sul cielo pomeridiano d’inverno, sempre più scuro.
«Wow, tu si che ci sai fare» Mormorò Alucard «Come sempre uno stile impeccabile»
«Grazie, vampiro. Cosa volete?»
«Ah, Mastah» li interruppe Seras, con imbarazzo «Mi sono accorta che devo sbrigare un lavoretto nella mia stanza, perciò non posso più giocare con te»
«Che peccato» Alucard si strinse nelle spalle «Rifacciamo domani, adesso fai quello che devi fare».
Seras si inchinò brevemente per congedarsi e uscì correndo dalla stanza.
Integra, l’immancabile sigaro in bocca, incrociò le braccia e guardò Alucard per chiedere spiegazioni. Il grosso vampiro sorrise, cercando di sembrare gentile ma con il classico risultato truce
«Master … mi chiedevo se fosse possibile …»
«Cosa?»
«Vuoi venire a scopare con me?».
Silenzio. Il sole tramontò dietro i monti lontani, tingendo di nero il cielo. Le stelle, ancora, non si vedevano, ma la luna era già presente, una pallida falce dai bordi morbidamente luminosi. La notte era tersa e profonda, si udiva il canto delle cicale appostate sopra gli alberi di fuori.
Integra si tolse il sigaro dalle labbra, guardò Alucard e gli rispose semplicemente
«No»
«Ma Master!» Alucard sembrava terribilmente deluso «Mi serve!»
«No» Integra gli volse le spalle «Una come me non si abbassa a ripulire i casini che combinate tu e Seras con una vecchia scopa prelevata da questo stupido sgabuzzino»
«D’accordo» Alucard si inchinò e indietreggiò «Avete ragione, non avrei dovuto neppure chiedervelo. Solo che … noi ci divertiamo così tanto»
«Io non mi diverto con i passatempi da vampiri» Integra si sedette al tavolo «Se vuoi giocare a scacchi, invece, sei il benvenuto»
«No» Alucard scosse la testa, giù di morale «Sappiamo già benissimo entrambi come andrebbe a finire»
«Bene, allora puoi andare»
«Ma … non ho più niente da fare, nessuno con cui giocare»
«Dovresti trovarti qualche passatempo solitario, Alucard. Sul serio»
«Ci proverò» Alucard girò sui tacchi e se ne andò.
Integra sospirò non appena il vampiro ebbe lasciato la stanza. Qualche giorno, prima o poi, avrebbe dovuto insegnargli i modi di dire del luogo, altrimenti, con quella sua parlata che disconosceva i doppi sensi, avrebbe potuto risultare piuttosto ambiguo. In ogni modo, una volta sola, tirò fuori dal cassetto della scrivania una rivista che era riuscita a introdurre clandestinamente nella casa del reality e iniziò a sfogliarla. Le telecamere non riuscirono ad inquadrare di quale rivista si trattasse, ma di certo doveva essere molto interessante …
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