La colazione del quarto giorno
Il giorno dopo, i ragazzi della casa del grande macello si trascinarono a fatica verso il tavolo.
Una delle sedie delle Alpi Sediatiche cadde al rallentatore e con un suono secco (al rallentatore) sbattè e rimase lì per terra, mentre tutti presero con lentezza i rispettivi posti.
Si dia il caso che quella prova di moda fosse stata di sera e, chi per un motivo e chi per un altro, nessuno a parte Integra aveva dormito.
Walter servì strascicando i piedi la colazione, poi la posò davanti al suo Master sbadigliando, l’unica fra i pochi veramente sveglia e senza le borse sotto gli occhi (bhè, Lizzie aveva le borse sotto gli occhi letteralmente, non so se mi spiego …).
Sebastian, pimpante e attivo, aveva caricato di peso il Bocchan sulla sedia e, proprio come si fa con i bambini piccoli, lo imboccava e quello gli sbrodolava il cibo in silenzio.
Seras era tutta un’altra storia, poi: a tratti dormiva in piedi, a volte invece era come se avesse pacificamente ronfato tutta la notte. Accanto a lei, Finnian aveva la faccia immersa nel liquido dietetico preparatogli da Sebastian, non perché se lo stesse scolando ma perché proprio quella notte la servitù dei Phantomhive aveva avuto la brillante idea di fare un pigiama-party.
Ciel aveva un occhio chiuso e uno aperto, e si dia il caso che quello aperto fosse quello cieco dietro la benda. Si faceva imboccare da Sebastian mormorando tra una cucchiaiata e l’altra di roba non ben identificata dalle telecamere «Scemo … aww! ... La mia gonna doveva essere più larga e rigida … aww! … dovevi vestire Meirin da qualcosa tipo un … aww! … pagliaccio o altro …» e completò il tutto con uno sbadiglio così abnorme che Sebastian poté comodamente versargli tutta la roba dentro la bocca.
Ciel, morto dal sonno, commentò «Scemo …» e si addormentò con la faccia sul tavolo e il naso schiacciato.
Eh, già, il povero cosino, là, Ciel, aveva passato una magnifica notte in bianco a causa del rumore prodotto dall’attivo pigiama party dei tre servi.
Bard e Meirin stavano appoggiati sullo schienale e dormivano, con la differenza che Bard faceva il fastidioso rumore di un motorino leggermente troppo grosso (un Monster Jam) che si accendeva.
Poi c’era Lizzie. Lizzie indossava ancora il saio lavanda e quegli accessori inusuali e scialosi perché era rimasta lusingata dalle lodi della voce della presentatrice (o presenta-truce?) e non la finiva più di parlare a Ciel addormentato, scuotendolo e facendolo puntualmente cadere dalla sedia e poi buttando allegramente, quasi fosse un divertentissimo gioco da tavola, tutti gli altri della sua fazione. Rideva, schiamazzava, urlava e piangeva da sola, monologando interessata alle sue filosofiche discussioni se è più kawai il lavanda o il fucsia.
E i suoi compagni di squadra non ce la facevano più.
Dall’altro lato il clima era leggermente più mite.
Integra si serviva tranquillamente, con il suo solito contegno, mangiando una colazione leggermente più americana che inglese. Walter, in piedi al suo fianco, non riusciva a stare completamente dritto e non poteva fare a meno di sbadigliare di tanto in tanto.
Seras solo cinque minuti prima ciondolava sul posto, con gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta di uno scemo con lo sguardo ebete, cinque minuti dopo ballava il tip tap sul tavolo (lontano da Integra, sennò le buscava). Era più o meno la stessa storia di Lizzie, solo abbastanza ridimensionata, ovvero evitava di buttare la gente dalle sedie, e che dava qualche minuto di tregua ai suoi co-fazione.
Alucard era in piedi dietro la sedia di Integra e la sua testa ciondolava a destra e a sinistra in una maniera che avrebbe potuto risultare vagamente sospetta, con gli occhi semichiusi. Come vampiro, era logico che lui di giorno non dovesse essere sveglio, perciò anche se non ci fosse stata la prova durante la serata precedente, ora che era passato il suo momento di euforica eccitazione legata al nuovo ambiente, sarebbe comunque stato assonnato.
In pratica, l’atmosfera non era proprio grintosa.
Con un tump Bard cadde dalla sedia. Si rialzò allarmato urlando «Chi? Cosa? Non mi picchiare Sebastian-chan … Sebastian-san! Sebastian-san! Scusa, perdono, pietà!»
«Perdonato» annuì il maggiordomo, scuotendo la testa come a dire “Ma cosa devo fare con te?”
Tuttavia l’accaduto aiutò un pò a rianimare l’atmosfera oppressiva che regnava in giro.
Walter si rianimò e riuscì a stare dritto, mentre Seras aumentò il suo momento di poco sclero. Ma questo non fu esattamente un bene. Prese a buttare tutte le sedie della Alpi Sediatiche strillando «Libertà! Libertà! Niente confini! Abbasso il razzismo! Siamo tutti uguali! Abbasso il diavolo! Noi poliziotti lo sappiamo! No limits! Abbasso le botte del Master Integra! Libertà, libertà!».
Integra osservò infastidita la scena, mentre Seras continuava a buttare tutto all’aria e ordinò «Finiscila, Police Girl!»
«Lunga vita ai Master che mi chiamano col mio nome! Che tutti i Master mi chiamino col mio nome o li arresto! Wooo! Abbasso il nome “Police Girl”! Wooo!»
«Police Girl!» tuonò Integra alzandosi di scatto dalla sedia. Scese il silenzio nella stanza «Non ti eri mai spinta tanto oltre! Dopo la colazione, nel mio ufficio! E ti voglio puntuale!»
«Si, Master … » mormorò lei, girando il busto con aria imbarazzata e dispiaciuta da una parte all’altra. Mentre se ne andava dalla stanza senza mettere niente sotto i denti (letteralmente), alzò debolmente un pugno e sussurrò «Viva la libertà!».
Integra gli tirò un calcio nel sedere tale che sarebbero stati guai grossi quanto Alucard se lei fosse stata umana … ma Seras era un vampiro e si limitò a scoppiare a piangere e filare via servendosi della sua super-velocità.
Integra tornò a sedersi, ancora irritata, sospirando e scuotendo la testa «I vampiri d’oggi …».
Alucard sorrise, ancora con gli occhi socchiusi, poi crollò in avanti, sopra la sedia di Integra. Travolse il master nella caduta e la schiacciò contro il tavolo, poi non si mosse più.
Integra emise un ringhio spazientito
«Si può sapere che ti prende? Alucard, idiota che non sei altro … Alucard, Alucard» voltò la testa, trovandosi a mezzo centimetro dal grosso naso affilato del mostro «Questo è morto»
«Certamente, my lady» si intromise Walter «Sono circa seicento anni che è morto»
«No, intendo proprio morto morto»
«Si, diventa così quando dorme. Morto morto» il maggiordomo di casa Hellsing annuì «Volete che ve lo levi di dosso?»
«Si, Walter» Integra cercò di strisciare via da sotto l’enorme corpo pesante di Alucard mentre Walter afferrava quest’ultimo per le spalle e lo trascinava via.
Alucard fu rudemente spinto con le spalle contro la parete e lasciato lì, addormentato, in un angolino dove il sole non lo potesse nuocere.
Walter sospirò
«Quel vampiro è proprio imprevedibile …».
Integra finì di mangiare e si mise il sigaro, ancora spento, fra le labbra
«Ah, i vampiri antichi … » mormorò.
A quanto pareva, niente le andava a genio.
Alucard si mosse, nonostante fino ad ora avesse perfettamente imitato un cadavere deceduto da poche ore, si afferrò il grosso fiocco rosso sul petto e lo strinse forte
«Ah, va più che bene, Master. Va più che bene. Ma non fatemi prendere più uno spavento simile!».
Integra scosse la testa, divertita: Alucard sognava. Non era la prima volta che assisteva ad uno spettacolo simile, ma ricordava chiaramente quell’occasione, quando si era sorpresa perché credeva che i morti non sognassero. Solo in seguito, chiedendo spiegazioni al vampiro, era venuta a conoscenza del fatto che i vampiri più crudeli erano stati condannati ad una pena ancora più atroce che vivere un’altra vita: non avrebbero mai avuto un vero riposo ed ogni qual volta che avessero chiuso gli occhi, scendendo nello stadio più profondo della non-vita, la loro mente sarebbe stata tormentata da molteplici sogni.
Un vampiro del calibro di Alucard era un vero dannato e non avrebbe mai avuto riposo, la sua mente sarebbe stata continuamente sollecitata da stimoli e impulsi svariati che avrebbero messo a dura prova la sua resistenza. Ecco perché lui era mezzo pazzo: provateci voi a sentire e vedere continuamente cose, specie cose atroci, ogni qual volta che chiudete gli occhi.
Il fatto, poi, era che l’intensità dei sogni diveniva molto maggiore se Alucard non dormiva nella sua bara, cosa che lo faceva delirare e parlare ad alta voce, oltre che soffrire.
Sebastian portò via i piatti ormai vuoti della colazione di Ciel
«Patetico, e poi saremmo noi i materialisti» mormorò, prima di andarsene
«Certo mamma!» rispose Alucard, con un tempismo perfetto «Come dici tu».
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