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lunedì 21 settembre 2015

Capitolo 14 - Terza prova - Gli indossatori

Cap. 14
La terza prova- gli indossatori

«Ok, vi ricordate tutta la roba che avete lavato, steso e stirato ieri? Beh, ecco, c’è un motivo ben preciso per cui avete fatto tutto questo: quei vestiti adesso sono vostri. E saranno fondamentali nella prova di oggi, visto che potrete indossare solo quelli».
Walter iniziò a sudare freddo pensando al grembiule con i pulcini rosa che Alucard gli aveva mostrato il giorno precedente: sicuramente gli Hellsing avrebbero costretto lui a portare quell’orrore.
Seras commentò «Tipo … tipo una sfilata di moda?»
«Esatto …» continuò la voce, ma fu interrotta
«E … ma … dobbiamo fare come le altre prove? Mandiamo solo uno per fare una sfilata di moda? O andiamo tutti insieme?»
«Tutti insieme, ovviamente … e i primi a sfilare saranno i … Phantomhive!»
I suddetti si guardarono. I tre servi sorridevano, considerandolo come un grande privilegio onorario iniziare per primi, ma Sebastian era scioccato dall’affermazione.
Era andato tutto in rosa … alla giuria non importava un fico secco se i panni erano di un colore disgustosamente dolce, ma il danno era il loro. Mettendo quel capo d’abbigliamento rosso fra gli altri … si era condannato con le sue stesse mani da pianista.
Ciel rimase imbronciato e ordinò seccamente
«Sebastian, portami nella mia stanza. Mi scoccio a camminare»
Così Sebastian fu costretto a prenderlo e portarlo nella stanza e cambiarlo.
Gli Hellsing si dileguarono nella camera dove avevano messo tutta la roba pulita.
«Cavolo Mastah! Questo è a misura di Waltah-san!» esclamò Seras, prendendo il grembiule orrorifico «Gli sta proprio bene!»
«Ok, Walter. Tu fai lo stile casalingo» declamò Integra, autoritaria «Ognuno prenda quello che è più consono allo stile che vuole fare e che sia della sua taglia. Sarà un pò difficile»
«Nevica! Woo!» strillò Seras, buttando tutti i vestiti all’aria e inondando la stanza di abiti.
Walter si battè una tempia con l’indice «Ma quella è scema!».
Pochi minuti dopo, erano tutti riuniti nel salone.
Partì la musichetta di “Uomini e Donne”, uno di quei disgustosi semi-reality italiani, mentre i Kuroshitsujiani si posizionavano su un’apposita struttura che era stata inserita durante l’assenza di entrambe le fazioni.
Il primo a sfilare fu il Bocchan, il grande signore e padrone, l’unico erede dei Phantomhive.
Il capo dai capelli turchini era sormontato da un cappello da Cappellaio Matto di “Alice in Wonderland”, e fin qui nulla di strano, anzi era piuttosto stiloso.
Probabilmente senza che se ne accorgesse, sulla sua benda nera era stato disegnato un occhio orrorifico con la penna rosa a gel che lasciava anche glitter, cosa che faceva piuttosto contrasto, ma soprattutto disgusto.
Sul petto era posizionato un abnorme, esagerato, fiocco rosa dello stile “decorazione di Natale” che gli nascondeva in parte il mento e un pezzo del torace. Esso era adorno di una giacchettina di un arancio-pesca con strani ricamini blu e gialli che recitavano parole senza senso e completamente incomprensibili.
Dove, normalmente, doveva esserci un paio di pantaloni da un sacco di soldi immacolati e ordinati vi era una grande, enorme, gonna rigida. E il guaio consisteva nel fatto che era molto larga.
Primo problema : anche da lontano si potevano vedere le mutande: color “Big-Babol-masticata-da-un-bel-pò” con una grossa mucca rosa stampata su.
Secondo problema : nel tentare di fare uno sconclusionato cat-walk da bella perfetta modella colpiva con i bordi della gonna gli spettatori, probabilmente con molta intenzione di farlo.
Le sue scarpe erano le classiche pantofoline rosa peluchose a forma di coniglio che ondeggiavano le orecchie innocuamente a destra e a manca. 
Dopo aver schiacciato un paio di nasi e digrignato rabbiosamente i denti al pubblico, se ne tornò da dove era venuto con sospiri di sollievo e approvazione da parte degli spettatori.
«E questo era lo stile nobiliare del conte!» urlò Finnian che si era improvvisato commentatore seppure dovesse partecipare anche lui, poi si sentì in dovere di specificare, guardando con un pò di timore Alucard «Il conte Phantomhive, intendevo».
La seconda a sfilare fu Lizzie.
Entrò in scena saltellando con un rumore surreale da cartone animato, con il classico “boing,boing, boing” da pallina rimbalzante, non tentando neppure di farlo il famoso cat-walk. Figuriamoci, non riusciva neanche a camminare come una comune mortale!
In testa aveva il classico copricapo da pastorella, rosa, con l’aggiunta a lettere cuneiformi sumeriche che nessuno comprese la sua famosa parola preferita. Il guaio era che le parole erano davvero scavate nel cappellino, quasi fosse argilla e Elizabeth sembrava esserne estremamente felice.
Indossava una modesto … saio. Un saio da prete, lungo, stretto in vita da una corda spessa rosa shocking, e cosa più importante: era lavanda. Avete mai visto un saio lavanda? Io no. E poi, cosa vomitevole, era attraversato dalle lettere, stavolta cubitali, che componevano la parola kawai nella parte anteriore, e dietro era decorato con un angioletto con un pezzo di guance rosee e in salute che erano di mezzo metro.
Le mani delicate erano racchiuse in un paio di guanti ruvidi all’esterno dell’aspetto classico da rudimentale e pecoraresco, ma di seta all’interno, per la gioia dei mandriani.
Era scalza, perché non c’era nessun tipo di scarpa che le andasse bene, e rischiava di scorticarsi i piedi o di inciampare durante la sfilata.
Saltellò allegramente fino all’estremità della struttura e fece un elegante inchino. Poi ritornò indietro degnandosi di fare un catwalk decente. Quasi.
«E questo era lo stile rudimentale-kawai di Lizzie!» commentò il giardiniere. Ovviamente non sapeva cosa significasse rudimentale, ma glielo aveva suggerito Sebastian. Di dirlo, non cosa significava.
La terza a sfilare fu Meirin.
Si presentò con un catwalk che lasciò stupiti la maggior parte dei presenti, tanto era deciso e … bhè, era un catwalk, con elegante avanzata un piede di fronte all’altro. Arrivò all’estremità più lontana della struttura e si esibì.
Al posto dei normali occhiali bianchi e tondi, indossava dei modernissimi occhiali da sole rettangolari, spessi. Li calò appena con fare sexy, lasciando intravedere appena gli occhi di un profondo nocciola e sorridendo, ma la cosa più stupefacente fu che le riuscì.
Aveva il tipico abbigliamento da cantante teen-ager, con quella specie di corpetto aderente e nero scollato e dei pantaloncini corti e attilatissimi. Le scarpe portavano un tacco alto, nere anche loro. Era l’unica i cui vestiti non avevano risentito della terribile catastrofe procurata dal maggiordomo Sebastian.
Come avessero fatto a trovare i vestiti così azzeccati, non ve lo so dire, ma fatto sta che li avevano trovati.
Nel tornare indietro, essendo che era molto cieca e portava gli occhiali da sole, inciampò nei suoi stessi piedi, cominciò a urlare come una pazza, ruzzolò giù dal palco con un tonfo, travolse Bard e entrambi rotolarono per un pò, fino a quando Meirin non si alzò e fuggì a gambe levate in preda a solo-Dio-sa-che.
«Bhè» mormorò Finnian «Per un pò era andata bene … E questo era lo stile trasgressivo di Meirin!».
Silenzio.
Cri, cri, cri.
«Vabbè, ora vado io!» si battè una mano sul petto e salì velocemente sul palco.
Ma mentre camminava si accorse di essere preda di una crisi di vergogna-imbarazzosa. Anche perché era vestito da Sailor Moon in versione monocromatica rosa.
Si immobilizzò e guardò tutti con aria spaurita, tremendamente terrorizzata e spalancando gli occhi.
«Non posso» mormorò.
Tum-tum, tum-tum.
Il cuore accelerò.
«Non posso».
Sentì qualcosa di umido che gli imperlava la fronte e ricopriva la schiena. Sudore.
«Non ce la faccio».
Fece qualche passo indietro appena.
«No, no, no, no».
Si portò le mani fra i capelli e sgranò gli occhi. Le iridi verdi parvero ingrandirsi, inglobando il nero della pupilla.
«Ahh!» urlò, alzando le braccia. Così Finnian fuggì in preda a una fobia da palcoscenico che pensava di non aver mai avuto.
Bard non pensò neanche a salire, era morto per terra, con le palpitazioni cardiache a livelli assurdi.
«Sono tutti sciroccati» commentò Walter, incredulo.
Alucard si stava rotolando dalle risate per terra: non aveva mai visto una cosa così assurda come quella. Rideva così forte che si dimenticava di respirare e dopo un pò non emise più suoni, pur continuando a rotolare e a mimare una risata.
L’ultimo a sfilare, per i Phantomhive, fu Sebastian. Il maggiordomo salì sul palco con un’aria terribilmente sicura. Era felice del fatto che quella prova non richiedesse una particolare applicazione di forza fisica, perché altrimenti avrebbe miseramente fallito, ma se si trattava di moda e portamento, che dire, non c’era nessuno che fosse migliore di lui. Certo, vestirsi di rosa era veramente … veramente … orribile, ma non ne poteva fare a meno. Alucard, che aveva smesso di ridere, si era seduto nella posizione del loto e fissava il punto dalla quale entravano i modelli, aspettando di vedere come Sebastian si sarebbe ridicolizzato.
Il maggiordomo dei Phantomhive non ebbe ripensamenti, sebbene la vergogna lo assalisse internamente, ed uscì da dietro le tende con aria di superiorità, il mento alto, e con una camminata elegante e sinuosa per cui qualunque ragazza (ragazza, non Integra), sarebbe caduta ai suoi piedi urlando “Sebastiaaan!”.
Alucard spalancò la bocca, troppo divertito persino per ridere. Probabilmente la mascella gli si era bloccata in quel modo, perché non accennava a chiudere la bocca.
Sebastian portava una maglietta da ragazzina moderna, ovvero lunga fino a metà busto, completamente rosa. Sopra il petto si potevano notare trenta scritte diverse, ognuna in un carattere diverso, fra cui spiccavano “love”, “romantic”, “girl”, “modern” e soprattutto un mastodontico “Chic”.
I pantaloni erano anch’essi corti, due pinocchietti rosa, con un orlo ricamato rosa scuro, e un paio di margherite disegnate nel mezzo delle cosce. L’aspetto generale era orribile, come solo può essere orribile quello che è rosa, moderno e femminile addosso ad un maggiordomo d’altri tempi.
Sui capelli neri portava, ben calcato, un cappellino da baseball mezzo rosa e mezzo verde stinto con una specie di orribile pulcino ricamato sulla visiera. I guanti bianchi erano stati sostituiti da un paio color rosa fluo, probabilmente di quella sfumatura anche prima che Sebastian combinasse il guaio del rosa, con dei cuoricini rossi stampati sul dorso delle mani.
Il tutto era completato da un paio di infradito giallognole pescate chissà dove e una borsettina floscia, rosa, stinta, con i bottoni fuori posto, che Alucard ricordava di aver cercato di distruggere il giorno prima ma senza risultati, visto che quella cosa era troppo gommosa.
Sebastian sembrava non vergognarsi di tutto questo, al contrario, aveva tirato fuori il meglio di se, ironico, aggressivo, fulminante, e con una camminata che non era esattamente “per l’uomo che non deve chiedere nulla”, ma che alla “donna che non deve chiedere mai” ci stava benissimo.
Finnian comparve timidamente da dietro le tende
«Ed ecco Sebastian con lo stile ragazza moderna!» commentò poco prima di dileguarsi.
Alucard riuscì a sbloccarsi la mascella solo quando Sebastian scomparve. Stava per iniziare a rotolarsi a terra quando Walter lo fermò, mettendogli una mano sulla spalla
«Alucard» gli disse, serio e severo «Lo sai che questa cosa dobbiamo farla anche noi, vero?».
Tutta l’ilarità sparì dal volto del vampiro, che annuì e seguì il maggiordomo nei camerini dietro alla passerella da poco allestita.
Seras e Integra erano già lì, ma Alucard non osò guardare verso il master: non voleva rovinarsi la sorpresa, ma soprattutto non voleva ridere di lei in sua presenza. Velocemente, il vampiro capo si cambiò con quello che il maggiordomo aveva selezionato per lui, mentre quest’ultimo, Walter, era già magicamente pronto.
E Seras venne inviata la prima a sfilare, sempre sulle note di “uomini e donne”. Era vestita in stile casual, ma molto, molto casual: in pratica si era infilata tutto quello che aveva trovato in ordine casuale, somigliando, come al solito, a un gigantesco budino. Aveva un guanto invernale imbottito e uno a mezze dita bianco, una maglietta a maniche corte, un giubbino stinto con la cerniera mezza staccata, un boa di piume bianche e gialle intorno alle spalle, la gonna rosa e sotto la gonna un paio di pantaloncini che a loro volta ricoprivano un paio di pantaloni lunghi da lavoro. Sopra il tutto, non si capiva bene il perché, si era arrotolata un velo di quelli per abiti da sposa, eccezionalmente lungo e, ovviamente, semitrasparente.
Saltellando allegra, la Police Girl percorse tutta la passerella, salutò i suoi sbigottiti spettatori della fazione opposta, poi si voltò e tornò indietro sempre saltellando.
Finnian, che si era di nuovo vestito da giardiniere, si improvvisò ancora commentatore
«Ed ecco Seras dei cattivi nemici Hellsing! Indossa un sacco di roba brutta … si si … è tutta m’brusciuniata, tutta a schifo …».
Quando Seras fu tornata “dietro le quinte”, alzò i pollici trionfante e spalancò la bocca
«Come sono andata, Mastah?».
Alucard non rispose, mordendosi a sangue il labbro inferiore per non ricominciare a ridere come un ossesso: se avesse iniziato a sghignazzare non sarebbe più riuscito a fare nient’altro, impedendo così a se stesso di dare la sua performance. I rivoletti rossi, ormai, gli stavano macchiando il colletto, cosa per cui Walter gli rifilò un sonoro schiaffo poco prima di dirigersi verso la passerella.
Il maggiordomo dell’Hellsing uscì con sicurezza. Che importava se aveva un grembiule con i pulcini rosa? Era tenero e faceva tanto casalingo. E lui, dopotutto, era un maggiordomo.
Sorridendo sicuro di se, avanzò elegante. Aveva un paio di pantaloni color kaki che davano veramente nell’occhio, con strisce verdi alla base. La parte superiore del corpo era ricoperta unicamente da una camicia aperta grigia stinta per la serie “il bravo papà non c’ha soldi per comprarsi vestiti migliori”. Però, perlomeno, si vedevano i pettorali, sodi e scolpiti per essere quelli di un ragazzino.
Finnian ridacchiò
«Ed ecco Walter, che si è vestito da uomo di casa che fa le frittelle».
Walter fece una specie di piroetta sul posto, poi si voltò e tornò indietro. La parte posteriore della sua camicia era decorata con il disegno di una mucca dai contorni neri. Sembrava che l’autore del reality, quando aveva comprato quei vestiti, avesse stabilito di attenersi al tema della fattoria, visto che non era il primo animale del genere a saltare fuori.
Il terzo a uscire fu Alucard, riluttante. Ok, lui era un mostro, ma c’è un limite a tutto! Ricordate i pantaloni che Alucard aveva bruciato con il ferro da stiro? Ecco, ora li stava indossando … per fortuna il buco, grande come due mani, era dietro, perciò, finché il vampiro avanzava, era tutto ok. Essendo un vampiro, non poteva sudare freddo né tantomeno arrossire, perciò ringrazio il cielo di non essere umano e andò avanti. Aveva un incedere particolare, con un’eleganza strana, quella che si potrebbe definire, forse, maestà … si, un passo maestoso, intonato a quello che Walter aveva scelto per lui.
In testa si era messo un grosso cappello rosso con la punta floscia. Alucard credeva che fosse il cappello di Dante Alighieri, nobile e illustre, ma come poteva indovinare che nei pensieri di tutti sarebbe stato etichettato per molto tempo come “il grande puffo?”. Beh, certo, poteva leggere nella mente, ma non era molto sicuro di volerlo fare … per intonarsi con il cappello “nobile”, Walter gli aveva rifilato una casacca pesante con le maniche a sbuffo. Il problema stava nel fatto che era una casacca con le maniche a sbuffo verde acido con strisce rosse che sembravano una segnalazione di pericolo mortale, attenzione avvelenamento. Ma dove diavolo si comprava una casacca del genere?
 I pantaloni erano lunghi, neri, dritti dalla vita ai piedi e molto aderenti, forse perché erano della taglia sbagliata. Si vedevano i muscoli delle cosce che si muovevano. Se si aguzzava la vista si potevano quasi distinguere i fasci muscolari uno per uno.
Il tutto era coronato da un paio di calze color mirtillo a strisce bianche che facevano pendant con i guanti.
Alucard si fermò una volta arrivato alla fine della passerella. Non voleva voltarsi, no! Vedeva gli occhi di Meirin fissi su di lui … cavoli, era cieca, ma non fino a quel punto … e poi c’era Sebastian che non aspettava altro che un momento come quello per prendersi la sua malvagia rivincita!
Finnian si alzò sulle punte dei piedi
«Ed ecco Alucard degli Hellsing con il suo stile nobile con la giacca vomitata!».
Alucard avrebbe voluto balzare giù, prendere la testa di Finnian e mangiarla, ma sapeva che così facendo avrebbero perso punti. Non era giusto … non era proprio giusto …
Sebastian parlò
«Che succede, non vuoi più tornare dalla tua squadra?».
Alucard inghiottì e si girò. Il buco sui pantaloni era veramente enorme, mastodontico, e tutti lo videro. Era peggio di quanto avesse pensato, specie perché sotto aveva indossato un paio di boxer bianchi tutti stampati con piccoli soli arancioni con faccine deliziosamente felici.
Sebastian proruppe in una delle sue risate argentine
«Che cosa hai fatto a quei pantaloni, eh?» chiese «Come hai fatto a farti un buco così grosso?».
Alucard borbottò qualcosa e tornò dietro le quinte. Avrebbe voluto picchiare Walter, vendicarsi su chiunque, su uno qualunque, ma non voleva perdersi l’entrata in scena di Integra.
Lei era … era … vestita con …
«Quello è un pigiama?» chiese Alucard, a voce così alta che sembrava stesse gridando.
Walter gli diede un calcio in uno stinco
«Per carità, stai zitto, credo che l’agitazione ci faccia perdere punti».
Integra uscì in pigiama sulla passerella. La sua eleganza naturale, certo, marziale ma pur sempre eleganza, le consentiva di non impegnarsi più di tanto. Se non altro stava del tutto ignorando di avere addosso un pigiama rosso stinto, tipo salsa di pomodoro scotto, con Alucard in versione mini stampato davanti.
Nemmeno il cappello con il pompon, quello che si abbina classicamente ai pigiami, sembrava darle fastidio. Era splendida, o almeno così pensò il vampiro, che stava per iniziare a saltellare sul posto in una maniera che poco si addiceva a lui quanto invece a una certa police girl oppure a una qualunque fan girl su una qualunque sedia leggendo del proprio personaggio vestito in maniera un pò … diciamo inusuale?
Integra si fece la passerella rapidamente. Ah, aveva le ciabattine bianche e ricoperte di peluche morbido con la faccia di Young Walter stampata sopra. Sembrava che gli autori del reality lo avessero fatto apposta e Integra avesse voluto assecondarli …
Finnian alzò un braccio, lanciato in un esterrefatto commento
«Signore e signori, colpo di scena! Il leader degli Hellsing si presenta in un tenero stile buonanotte con teneri personaggi degli anime!».
Integra fulminò con lo sguardo Finnian prima di rientrare nei camerini. Alucard si buttò in ginocchio di fronte a lei
«Ti prego, ti prego, rimani vestita così!» supplicò «Almeno per stanotte, tanto stiamo per andare a dormire!»
«Solo se tu non ti levi quei ridicoli boxer» replicò lady Hellsing, in tono tagliente e divertito
«Mamma come sei cattiva, Master! Ma per te questo ed altro … a proposito Seras … hihi … ah … aha … devi, perfavore … uhuhuhu … levarti quella cosa di dosso»
«D’accordo Mastah!» gridò la Police girl.
Dieci minuti dopo, ancora tutti vestiti come dei cretini, si presentarono nella grande sala comune per sottoporsi al giudizio della misteriosa voce e ritirare i loro premi.
«Eccoci qua ... bravi ragazzi della casa del grande macello» Disse la misteriosa voce di ragazza che usciva dagli altoparlanti «Stiamo per assegnare il punteggio per i vincitori della gara! Avevamo stabilito che il vincitore assoluto avrebbe guadagnato ben cinque punti, ma ahimè, è stata una gara molto equilibrata in certi punti, perciò si avranno delle somme di punti per i migliori modelli. Uhm, iniziamo con la prima menzione ad honorem: il modello più buffo. E questo punteggio va a …».
Rullo di tamburi. Alucard incrociò le dita, sperando che avere un buco sui pantaloni fosse servito a qualcosa.
«Ciel Phantomhive! Grazie alla sua rigidissima gonna spacca nasi e all’originale modo in cui l’ha usata, il ragazzo si guadagna ben due punti! Geniale poi la trovata di Sebastian di colorare di rosa gli abiti!».
I Phantomhive gioirono e sul loro lato del tabellone il punteggio fu aggiornato, salendo a 4.
«Seconda menzione ad honorem per il modello più sicuro di se …».
Secondo rullo di tamburi. Sia la prima che la seconda squadra avevano iniziato a dire «Oooohhhhhh!».
La voce tuonò dagli altoparlanti
«Walter Cam Dorneaz! Il più sicuro di se nonostante fosse sommariamente ridicolo, guadagna ben due punti. Questa è stata una scelta difficile, anche Sebastian si è comportato bene …».
Walter abbracciò Seras, poi si girò verso Alucard, ma quando lo vide con le braccia aperte e la faccia da sadico indietreggiò.
«Bene, menzione ad honorem per il modello che si è vestito meglio. Oooh!».
Ormai si incrociavano le dita. Sebastian sperò che il modello meglio vestito fosse fra di loro … certo, se avesse sfilato Finnian probabilmente avrebbe avuto ottime possibilità di vincere, ma quel maledetto codardo si era ritirato!
«Elizabeth Esthel Cornelia Middford!»
«Chiamami Lizzie!» sbuffò lei, arrabbiata
«Per il vestito migliore, dallo stile più originale, e per gli accostamenti inusuali, guadagna ben tre punti!».
I Phantomhive saltarono e si abbracciarono fra di loro, quasi piangendo lacrime di gioia. Avevano proprio bisogno di un pò di punteggio, erano veramente in svantaggio! Si, d’accordo, ci sarebbe stato tempo per recuperare, un anno per la precisione, ma i ragazzi non erano ancora riusciti ad entrare bene nella meccanica del gioco e si comportavano come se ciascuna prova fosse di vitale importanza.
«E infine, menzione ad honorem per il miglior modello in generale, con sapiente miscuglio di ottimo portamento, abbinamento dei vestiti, sicurezza e carattere. Che dire, qui non c’è bisogno neppure del classico “ohhhh”, perché lei è …»
«Il Master, il master, il master!» gridò Alucard, mentre Seras gli faceva eco con la sua vocetta acuta
«Il Mastah, il mastah, il mastah!»
«Si, esatto» la voce della conduttrice era divertita «Il vostro master, Integra che-me-scoccio-a-dire tutti-i-nomi-povero-il-notaio-gli-sarà-venuto-un-crampo Hellsing. Ebbene si aggiudica tre punti, anche se gliene andrebbero quattro, perché per spirito di solidarietà con i Phantomhive mi sembra troppo farli piangere».
Il tabellone fu aggiornato con il punteggio definitivo:
Hellsing – 15
Phantomhive – 7 (poveracci).

Alucard, preso dallo spirito della vittoria, si voltò e abbracciò Integra con vigore, appoggiando una guancia sul suo berretto da notte e chiudendo gli occhi. Aveva fatto un grosso errore? Non aveva fatto un grosso errore? Sta a voi, ragazzi che ci seguite da casa, capirlo, ma sappiate che quella notte, il vampiro, gridò.