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martedì 27 ottobre 2015

Capitolo 20 - L'obbligo di tornare

Cap. 20
L’obbligo di tornare

Walter, esattamente come avrebbe dovuto fare fin dall’inizio, bussò alla porta della stanza di Integra e le chiese se avrebbe potuto chiudere i conigli nell’armadio.
«Walter, perché vuoi chiuderli nel mio armadio?» Chiese lady Hellsing, sempre con il famoso sigaro fra due dita
«Perché in questo modo saranno custoditi. Io intendo andare a preparare la cena, quindi avrò bisogno di qualcuno che faccia la guardia ai conigli e Seras e Alucard dormono come due angioletti»
«Angioletti … Alucard si sta rigirando nel sonno da mezz’ora, sogna che lo stanno frustando. A volte è spassoso vedere come soffre» un sorriso sadico affiorò sul volto scuro di Integra «Si, a volte lo è davvero …»
«Lady Hellsing» Walter indietreggiò, spaventato da quell’espressione «Allora, posso lasciare i conigli?»
«Certamente, Walter. Consegnali a me, sarò felice di proteggerli da quegli idioti dei Phantomhive»
«Grazie mille, Lady Hellsing».
Dopo aver consegnato le bestiole tenere al master, Walter si diresse allegramente verso il suo regno, la cucina. Nello stesso identico istante in cui entrò, anche Sebastian Michaelis varcò la soglia del locale.
I due maggiordomi si fissarono per alcuni istanti con aria di sfida. Sebastian era come al solito disteso, ma il suo sguardo era fisso e concentrato, mentre Walter aveva sollevato un angolo della bocca e mostrava i denti bianchissimi.
Sebastian, quasi per fare un dispetto, si mosse per primo dalla posizione di stallo e spalancò il frigorifero, poi si portò una mano davanti alla bocca per soffocare l’urlo di disperazione che stava per nascere. Walter notò lo sconcerto nel volto del nemico e gli andò vicino
«Che succede?» chiese, ironico «Hai visto un gatto fatto a pezzi chiuso dentro il freezer?»
«N-non-n è possibile» balbettò Sebastian
«Cosa?» Walter fissò il frigorifero, poi sbiancò.
Oh, supremo orrore! Walter avrebbe di gran lunga preferito combattere un esercito di ghoul inferociti a mani nude piuttosto che trovarsi di fronte a un simile spettacolo: il frigorifero era totalmente vuoto. Sebastian aprì le ante degli stipi: vuoti. Lo stesso valeva per i cassetti, per il cestino della spazzatura, per il lavandino, per qualunque pertugio, fessura, infossamento, possibile nascondiglio in tutta la cucina.
Questo significava solo una cosa: il cibo era finito. E se il cibo era finito, significava anche che entrambi i maggiordomi, anzi, entrambe le famiglie che concorrevano, sarebbero stati costretti ad utilizzare il cortile interno per coltivare degli ortaggi.
O almeno così pensava Walter, che non aveva pensiero se non per quel locale sinistro … in realtà c’era anche un altro luogo, persino più adatto alla coltivazione, cioè la terrazza, e Sebastian, immediatamente, andò ad impossessarsi del territorio per iniziare la produzione.
Il problema era che, anche così, ci sarebbe voluto parecchio tempo per riuscire a produrre qualcosa e nel frattempo sarebbero tutti morti di fame.
Walter tornò da Integra
«Lady Hellsing» disse «Le provviste sono finite. Dovremo trovare un altro modo per sfamarci»
«Cannibalismo» rispose Integra, compiaciuta «Mangeremo quelli della squadra avversaria»
«Quando parlate così, Lady Hellsing, mi ricordate un pò troppo Alucard … in qualunque caso avevo pensato di coltivare nel cortile interno»
«Oh si, ci sono grandi vetrate a specchio e terra fertile, l’ideale per coltivare, è una specie di maxi serra … ti sfugge un minuscolo dettaglio, Walter: le lattughe non ci mettono venti secondi per venir fuori».
Il maggiordomo non ricordava né grandi vetrate a specchio, né terra fertile, probabilmente perché si era concentrato troppo su fiori bianchi ondeggianti e su zombie-che-non-erano-zombie, ma aveva ben presente il problema delle esigenze temporali degli ortaggi
«Lo so, Master, ma mangiare gli avversari è contro il regolamento» rispose dunque, cercando di sembrare sottomesso
«Si, lo so anch’io, ovviamente. Alucard ha una mucca, non potremmo mangiare quella?»
«Una mucca?» Walter ripensò al grosso bovino che di tanto in tanto vedeva pascolare in giro per i corridoio, lasciando mucchi di escrementi enormi «Ma come diavolo ha fatto a sfamarla fino ad ora?»
«Può darsi che sia questo il motivo per cui sono finite le provviste» Integra spense il sigaro, spingendolo irrispettosamente contro la parete e lasciandovi una macchia nera «Alucard deve aver dato da mangiare tutto alla sua stupida mucca. Ma troveremo un modo … nel frattempo è meglio se andiamo a visitare il cortile interno».
Walter aveva paura. Stavolta davvero paura, non solo un misero presentimento: già per una volta aveva sfidato la sorte, avventurandosi in quel luogo infausto, perché mai avrebbe dovuto fare la stessa cosa per ben due volte? Integra guidò la spedizione, subito dopo aver costretto Walter a prendere in braccio tutti i coniglietti, ed entrambi giunsero al cortile interno.
Grandi vetrate a specchio, violacee, certo, ma erano grandi. E fuori splendeva il sole. Faceva caldo, dannazione … e non c’era la benché minima traccia dei derelitti sopravvissuti dalle precedenti edizioni del reality. Walter sospirò, dando a se stesso dello sciocco: eppure sapeva benissimo che persino la paura aveva paura di Integra, cosa c’era da temere se era lei ad accompagnarlo?
Nel frattempo, Finnian, Bard, Meirin e Sebastian si preparavano ad un alacre lavoro di coltivazione
«Sebastian-san … come facciamo a coltivare? Non abbiamo semi!» disse il giardiniere, spensierato
Il maggiordomo, senza dire nulla, estrasse con un gesto rapido delle buste di semi che fecero venire a Finnian gli occhi grandi grandi e luccicanti di felicità e ammirazione «Se non riuscissi a portare illegalmente un paio di buste della Bakker di altissima qualità per precauzione, che cosa accadrebbe?»
«Moriremmo di fame» bofonchiò Bard, seppure avesse anche lui la strana voglia di farsi venire gli occhi grandi grandi e luccicanti.
Meirin lanciò un’esclamazione di ammirazione, mentre tutti e tre si dirigevano verso il loro “campo”.
«Aahh!» gli occhi di Finnian raggiunsero una grandezza spaventosa e rilucevano di luce propria, mentre guardava ammirato il suo capo. Eh si, Sebastian-san era proprio il migliore! Non avrebbero di certo perso! Mai!
«Ed adesso andiamo» disse il maggiordomo solenne, mentre si dirigevano verso quello che sarebbe stato il loro piccolo orticello, il loro “campo”.
Nel frattempo, dal lato Hellsing già si lavorava. Certo, nonostante la presenza del suo intoccabile Master che comportava la non-apparizione dei reduci del reality, Walter non poteva fare a mano di sentirsi leggermente agitato. Diciamo che era leggermente … guardingo, dall’ultima volta. Lanciò un occhiata ansiosa a Mastahrello e Conigliomane che erano messi a parete in un angolino. Stranamente, sembrava che Conigliomane non volesse fuggire, mentre Mastahrello preferiva di gran lunga rincitrullirsi da solo sbattendosi la testa a parete.
Bhè, era vero che anche se i non-morti (in tutti i sensi) non sarebbero apparsi, sempre a causa della presenza di Integra non poteva assolutamente permettersi di battere la fiacca, o sarebbe stato la prima vittima del cannibalismo di Lady Hellsing. Così continuava a lavorare, proprio come … bhè, non poteva permettersi di lavorare come tutti gli altri: i vampiri erano a “nannare” pacificamente mentre Integra Farburke Wingates Hellsing si occupava della supervisione, e non dava segni di voler svolgere i lavori manuali insieme al maggiordomo. Lei preferiva, come capo, Boss e Master supremo, supervisionare il lavoro altrui. Walter continuò così a zappare per preparare il terreno alla coltivazione.
Certo, si sarebbe divertito in compagnia, ma era solo come un cane …
All’improvviso si immobilizzò. Con la coda dell’occhio intravide un movimento calmo e contenuto, senza alcuna fretta. Possibile che anche con la sacra presenza di Lady Hellsing quei … tizi osassero ancora presentarsi? Poi si accorse che il movimento veniva proprio dal lato di Lady Hellsing
«Ehi, che succede?» chiese lei, accendendo il sigaro appena preso con un gesto che tradiva appena un pò di nervosismo 
«No, nulla» Walter scosse la testa, poi riprese a lavorare.
Doveva finirla. Non correva alcun pericolo, aveva la sfiga di incontrarli esclusivamente quando era solo là dentro. E poi c’era lei, la soprannaturale Master of Monster. Era un Monster e un Master contemporaneamente. Il maggiordomo si rilassò, mentre continuava a zappare.
Dopotutto il Master era il Master.
Nel frattempo nello studio caldo e segreto di Ciel Phantomhive …
«Bene, benissimo! Scommetto che gli Hellsing non hanno avuto la splendida idea di mettersi a coltivare e poi …» la figuretta in nero, con la luce alle spalle, aprì un cassetto e tirò fuori un oggetto di ambigua identità, che le telecamere, pur sforzando i loro sensori, non riuscirono a mettere a fuoco la figura nera abbastanza da comprendere cosa fosse. Un sacchetto probabilmente, osservando la forma «Non hanno il mio splendido cervello al loro servizio! Altrimenti avrebbero ideato una scorta segreta di riserva, no? Ah, sono un genio!» si auto-gratificò il piccolo Lord.
Poi aprì con uno scoppio il sacchetto e ne versò il contenuto direttamente in bocca. Infine si dilettò nel masticarlo rumorosamente e girò il volto per illuminare un pò, con tutta probabilità per far riprendere il suo infantile profilo di Conte Phantomhive. Sorrise, quasi truce. E dico quasi, perché era la faccia di uno che si era appena spiaccicato dal decimo piano di un grattacielo. Sembrava che da un momento all’altro dovesse urlare «Ahio!» e mettersi a piangere come un bambinetto piccolo.
«Ehi, migliora il tuo sorriso! Fai … fai un pò pena …» lo derise una vocetta dall’oscurità, scoppiando poi in una risatina acuta. Ciel guardò in cagnesco, intensamente il punto che si riteneva fosse la fonte del suono, aspettandosi che un personaggio qualunque, misterioso e che come tutti gli altri lo sottovalutava, uscisse dall’ombra. Bhè, diciamo che fu leggermente deluso.
«Ehi, vieni fuori! Vieni qui!»
«Io sono già qui» rispose la vocetta, indignata, quasi parlando all’orecchio del Conte.
Questo si girò pensando di poterlo vedere o come minimo colpire con una testata ma non lo vide e tantomeno lo toccò.
«Vieni qui vicino, codardo!» ringhiò
«Non sono codardo! E sono già qui!» si sdegnò “Lui-o-Lei”. La sua voce era piuttosto vicina, ma Ciel non vedeva quel tizio che osava prendersi giocò dell’unico Phantomhive.
«Si che lo sei! E se non lo sei, fammi vedere il tuo aspetto, allora!» lo provocò, stringendo un pugno
«Ti ho detto che non lo sono! E poi è troppo divertente ingannarti …» attimo di pausa, che fece un certo effetto a dire la verità «Bocchan»
«Sebastian! Stupido cane!»
«Ehi!» strillò la voce acuta «Io non sono affatto un cane! Io sono più … un gatto»
«Sebastian! Vieni subito qui, è un ordine!». Il piccolo umano si tolse la benda e aprì teatralmente un occhio. Il marchio impresso si illuminò di una forte luce viola … «Sebastian» ripetè nuovamente Ciel, per la prima apparentemente calmo «Vieni qui. Adesso». Un fascio di luce violacea si irradiò dal marchio e illuminò l’oscurità. Ciel non vide nessuno nell’ombra e nessuno avanzare. Fu assalito dalla rabbia più atroce e cattiva.
Al terrazzo si lavorava alacremente, ma erano in compagnia ed erano tutti più che allegri.
Sebastian mollò la zappa.
«Sebastian-san?» chiese Finny con tono interrogativo. Non era esattamente una domanda, ma tradotta era praticamente un “che stai facendo, Sebastian?”
«Il Bocchan» disse lui
«Che?» si intromise Bard
«Lui … lui mi chiama». I suoi occhi si illuminarono di porpora, facendo sobbalzare i disastrosi tre, anzi quattro con Tanaka-san che però non faceva niente a parte quel suo continuo e snervante “Oh oh oh”. Sebastian si sentì obbligato a lasciare il lavoro. L’ordine era serio, forse il suo Bocchan era in pericolo, non poteva disobbedire …
A grandi falcate, corse via con la velocità enorme, eppure tipica di un maggiordomo del suo calibro «Sono un maggiordomo demoniaco. Un maggiordomo perfetto» mormorò fra se e se, correndo dal suo Bocchan.
«Oh!» lo lodò Meirin con le mani giunte quasi in atto di preghiera, con la pressione del naso che iniziava ad aumentare in modo pericoloso «È così agile e aggraziato! Sembra … sembra un elegante pattinatore sul ghiaccio!»
«Uh-uh» approvò Finnian, tentando di alzarsi il cappello inesistente (come al solito, colpa del maggiordomo) «Era … era un regalo di Sebastian!» il giardiniere scoppiò a piangere scavando nel terreno solchi con la zappa in cui, già solo nel primo colpo, potevano benissimo farci le trincee.
«Oh, povero Finny! È colpa di quel brutto piccolo maggiordomo cattivo? Non piangere! Te ne compro uno nuovo, giuro!» Finny si calmò un pò, tirando su col naso ogni tre millisecondi, in pratica annusando come un cane da caccia.
Bard sbuffò e riprese a lavorare, seppure provasse anche lui compassione per il povero Finny.
Nel frattempo Sebastian era riuscito a raggiungere velocemente lo studio del Bocchan.
«Ehi tu!» e da qui un sacco di insulti e commenti aspri irripetibili, a causa di brutti giochi di parole, che a pensarci bene non sono difficili da trovare per un maggiordomo, e parolacce irripetibili varie, bestemmie e cose simili, accompagnate senz’altro da sonori schiaffi.
«Boc … cha … n» poté solo sussurrare fra uno schiaffo e l’altro, stupefatto. Sapeva che Ciel aveva improvvisi scatti d’ira senza un motivo apparente, ma così era troppo. Sembrava che ce l’avesse esattamente con lui, e questo non era normale. Lui stava solo eseguendo i suoi ordini, e anche con una perfezione esasperante. Era sicuro al cento per cento che senza di lui quei tre scansafatiche avrebbero creato un campo con una forma strana … a chiocciola!
Mezz’ora dopo, Ciel decise che gli stancava il braccio a picchiarlo ulteriormente, così si fece delicatamente portare sul suo trono fighissimo e guardò Sebastian con occhi … volevo dire, un occhio carico di rancore.
«Sebastian …» ringhiò il piccolo
«Bocchan» il maggiordomo sorrise, compiacente «Vorrei adesso sapere perché mi avete picchiato»
«Niente giochetti con me» rispose lui, guardandosi i pugni stretti fino a far divenire bianche le nocche
«Bocchan» insisté Sebastian, seppure cercasse di mostrarsi in tutti i modi più sottomesso possibile «Vorrei solo sapere cosa ho fatto di tanto riprovevole da meritarmi i vostri colpi. Vorrei solo saperlo e rimediare, magari»
«Hai fatto la vocina, mi hai ingannato, hai fatto lo stupido, e ora racconti anche un mucchio di frottole e fai il finto tonto» elencò, con il tono quasi da ragazzino normale, contando sulla punta delle dita i reati commessi «Ecco cosa hai fatto di riprovevole, Sebastian»
«Mi scusi immensamente Bocchan» si inchinò «Ma …»
«Ma» continuò qualcuno «Lo hai picchiato senza un motivo … wow!» esclamò “Lui-o-Lei”. Purtroppo, se anche mentre Sebastian era accanto a lui e non muoveva di un centimetro la bocca, la vocina era ancora in giro voleva dire che aveva realmente picchiato Sebastian senza un motivo valido.
«E allora tu chi saresti?» ringhiò il Phantomhive, rendendosi conto che, se anche in quel preciso istante avesse urlato al suo maggiordomo “Search and Destroy!” non sarebbe stato stiloso neanche la metà di quanto lo sarebbe stata Integra. Digrignò i denti, frustato.
«Io? Sono un ragazzo» un piede emerse fuori dall’ombra, mentre Sebastian si irrigidiva «Ma sono anche un … catz, o catten come usate dire qui. Io sono il Maresciallo Schrödinger, Schron per gli amici. Sono un cat-boy».
Sebastian non fu più rigido. Fu una statua di sale.
Insomma, sappiamo tutti che per Sebastian un dolce gattino antropomorfo è il paradiso incarnato. E poi … non era quello che gli aveva detto “Cornuto!” l’altra volta? Oh, lo conosceva! Era così … così … così … non avrebbe mai voluto usare quel termine ma secondo Sebastian non c’era altro modo per descrivere il nostro caro Schron: kawai. Bhè, per me è assurdo, ma soprassediamo.
«Schron, non rompere» intervenne la misteriosa voce degli altoparlanti «Farai venire a tutti i capelli bianchi»
«Posso vederli?» chiese il nazista, ingenuamente
«Non citare Matilda, cat-boy» lo ammonì divertita la voce «Ma adesso sciò. Qui si lavora e si nanna, e oggi manca poco per la vigilia di Natale. Comincia a fare il buono o Babbo Nazi non ti porta quello che hai chiesto. Ti porta dei brutti cani cattivi che ti mangiano! Rauuuurgh!»
«Aaah!» Schrödinger fece un balzo per la paura e la sorpresa, poi si raggomitolò, mentre le orecchie feline si piegavano sul capo del biondino «Dici che se non faccio il bravo, Babbo Nazi non mi porta niente?» il cat-boy aveva l’aria di uno che si sta per mettere a piangere. Faceva dispiacere, se si riusciva a dimenticare quanto potesse diventare all’occorrenza un “rompino provetto”.
«No, se fai il cattivo. Comincia a fare il bravo, allora. Comincia a tornare dal Millennium, ti stanno cercando dappertutto!»
«Oookaayy!» annuì il cat-boy, e svanì nel nulla schioccando le dita.
Ciel era rosso e faceva contrasto con i vestiti i capelli, l’occhio, l’anello e la federa blu, mentre Sebastian ci era rimasto piuttosto secco.
Come già detto, non aiutava il suo fisico già delicato e anoressico. Giusto per fare qualcosa, guardò l’orologio e lo aprì. Mormorò con voce ferma «Sono le sedici e cinquantaquattro». Non sapeva proprio a cosa gli fosse servito. Sospirò.
«Bocchan, potrei gentilmente tornare al lavoro? Se qualcosa la turbasse e\o disturbasse non deve fare altro che chiamarmi»
«Umpf»
Sebastian si dileguò per tornare la suo lavoro.
Il pomeriggio passò allegramente per i Kuroshitsujiani e sfiancante per l’Hellsing (anzi, per Walter), ma passò comunque.
I cadaveri si rivoltarono nelle loro bare. Letteralmente.
«Mastah …»       



sabato 10 ottobre 2015

Capitolo 19 - Di cortili e di conigli

Cap. 19
Di cortili e di conigli

Era un pomeriggio come tanti altri, quello, freddo e terso, con pochi uccellini che svolazzavano fuori dalle finestre. Alucard sbadigliò, aprendo la bocca come un forno, davanti a Seras
«Agente» farfugliò, richiudendola «Ora per i vampiri è venuto il momento della nanna»
«Certo, Mastah!» la Police Girl aveva in braccio sia Mastahrello che Conigliomane e li teneva come due bimbetti teneri «Ma i conigli?»
«Lascia che sia Walter-san a occuparsi di loro. Dopotutto, non è un maggiordomo?»
«Si, certo, buttate tutto sul maggiordomo!» si lamentò Walter, pentendosene immediatamente.
Gli occhi di Seras erano fissi su di lui. Batterono le palpebre. Poi Seras si trasformò in un fulmine e iniziò a buttare tutti i pezzi degli oggetti rotti in giro per il corridoio addosso al povero maggiordomo, seppellendolo di detriti. Walter gridò
«Basta, basta! Per favore! Era ironia la mia, non dicevo sul serio!».
Seras si fermò e guardò ancora Walter, ma senza sbattere le palpebre. Un vampiro non ne ha un grande bisogno, è fatto di una materia diversa rispetto ai veri esseri umani, ma a volte viene loro naturale comportarsi come quelle che dovrebbero essere le loro prede naturali.
Walter uscì da sotto i detriti e si spolverò.
Alucard gli lanciò un’occhiata
«Sei osceno, conciato così» gli disse, indicando l’ampia striscia mancante della divisa «O ti vai a mettere qualcos’altro oppure levi proprio quella stupida camicia»
«La mia camicia non è stupida, vecchio vampiro» ribatté Walter, piccato, battendosi le mani sul piccolo petto sodo «E per qualche strano motivo tutte le uniformi di ricambio che mi avevano portato sono sparite»
«Non le avranno prese i Phantomhive?»
«Si, probabilmente per vendicarsi di te che hai distrutto tutti i loro effetti personali!»
«Ehi, vuoi dire che adesso la colpa è mia se devi girare mezzo nudo?»
«Spero che qualcuno ti distrugga quel tuo stupido impermeabile!»
«Il mio stupido impermeabile è un pezzo di me» Alucard si spolverò con un gesto gentile il cappotto «Non hai mai notato che si rigenera come mi rigenero io?»
«Ah, dannazione … vuoi dire che … uh» Walter ridacchiò «Vuol dire che, anche se sembri vestito, tu sei completamente nudo?»
«No!» Alucard fece un passo indietro «Maggiordomo, stai attento a come parli! Io porto gli occhiali, il cappello, i guanti e il fiocco!»
«Ehm … solo quelli?»
«Esatto»
«Oh. E Integra lo sa?»
«Non è stupida come te, Walter. Certo che lo sa!»
«Oh di nuovo. Va bene» prese i conigli dalle braccia di Seras «Adesso è ora che i vampiri se ne vadano a nanna, ci penso io ai vostri dolci animaletti, che ve ne pare?»
«Un’ottima idea, Walter».
Alucard e Seras si allontanarono piano. Walter sospirò e guardò i due coniglietti, piccoli animali teneri da coccolare. Lui non era mai stato un tipo da “coniglietto” ovviamente, era sempre stato troppo preso dal suo lavoro, dalla battaglia, dai nemici, dalle cospirazioni … ma forse, forse … non gli sarebbe dispiaciuto, per un pò, essere il ragazzino svagato, recuperare la gioventù che aveva perso.
D’improvviso Conigliomane, che aveva sviluppato una certa attitudine per la fuga e per le eroiche imprese, balzò giù dalle braccia di Walter e iniziò a correre. Il maggiordomo, sorridendo, lo seguì per il gusto di vedere dove un coniglio andava se lasciato libero di fare di testa sua. Ma se avesse saputo il luogo dove Conigliomane era diretto, mai e poi mai avrebbe osato seguirlo, ma si sarebbe limitato a recuperarlo e chiuderlo dentro un armadio con una doppia mandata di chiave.
Perché, pochi minuti dopo, con uno slancio che avrebbe fatto invidia ad un maratoneta esperto, Conigliomane si fiondò nel cortile interno. Walter sbarrò gli occhi quando li sollevò da terra: seguendo con lo sguardo il codino dell’animale, non si era accorto del percorso che avevano seguito.
«Conigliomane!» Chiamò, facendo un passo che lo portò ad entrare nel misterioso ambiente «Vieni qui, torna indietro, non è un bel posto questo!».
Ma il suo coniglio, incredibilmente, era sparito. Poteva essersi nascosto ovunque e Walter non poteva assolutamente permettersi di perderlo! Così estrasse i suoi preziosi fili e con quelli legò Mastahrello, in maniera tale che non avrebbe potuto muoversi: se l’avesse fatto, avrebbe sentito il dolore dei fili che penetravano nella soffice pelliccia e nella carne e si sarebbe di nuovo immobilizzato. Certo, sapeva che era un modo crudele, ma non aveva altra scelta.
Dopo aver poggiato in un angolo il coniglio di Seras, si addentrò nel cortile alla ricerca del proprio, attento e guardingo. Per fortuna non c’era nessuna traccia di mani o di mostri in giro.
Si guardò in giro, alla ricerca di un qualche guizzo improvviso che tradisse la presenza del suo coniglio. Un metro dopo l’altro, si ritrovò a pochi passi dal muro che dominava il centro del locale.
Una brezza di vento gelido gli sferzò il viso, spuntata dal nulla. I ciuffi davanti alle orecchie erano intenzionati a finirgli negli occhi, così dovette ripararsi la faccia con le mani. I fiori ondeggiarono in modo sinistro, non perché a Walter non piacesse che i fiori ondeggiassero, bensì il fatto che non sembravano minimamente sfiorati dalla brezza sferzante. Così fredda … un pò come a Varsavia. Non gli piaceva pensare più di tanto al fatto che ci fosse un freddo da Varsavia, di quello da poter perdere le dita per colpa del congelamento. Non era un bel pensiero per un maggiordomo che usa soprattutto le dita per fare qualunque cosa.
«Conigliomane» sussurrò ancora «Psst, qui!». Sapeva che probabilmente il coniglio non lo avrebbe ascoltato, tantomeno accontentato, ma magari avrebbe tentato di fuggire e lui lo avrebbe visto.
Non gli piaceva stare lì. Guardò un pò più in là, aldilà dell’erba, dove c’era ancora un normale pavimento. C’era un vaso di fiori, ma i fiori chiaramente non si muovevano. Aspetta … del vento in casa? Non è piuttosto … sospetto?
«Scherzetti da Halloween» sbuffò il maggiordomo, mentre avanzava ancora.
Un passo davanti all’altro, all’infinito, e quel benedetto coniglio ancora non si vedeva. Un passo, due passi, tre passi, quattro passi … nel quinto passo c’era qualcosa che non andava. Perché sentiva il piede sprofondare? Perché non riusciva a tirarlo su? Sperava che non ci fossero sabbie mobili nascoste ...
Guardò allarmato la scarpa. Niente. Niente di niente. Poggiava normalmente  sul terreno.
Non era normale. Doveva trovare Conigliomane subito e andarsene da lì. Dubitava che fosse stata la suggestione a fargli sprofondare i piedi.  
Malgrado tutto, continuò a camminare. Controllando bene che il terreno non fosse molliccio, avanzò coraggiosamente.
Sentì qualcosa che lo afferrava per il retro della camicia. Si voltò di scatto e notò di essersi solamente impigliato in un ramo. Nulla di preoccupante … a parte che non era normale che ci fosse un albero.
Prima non c’era nessun albero. Ed era difficile che sfuggisse qualcosa di così grosso a Walter C. Dorneaz.
Si staccò con cura dal ramo, per evitare di perdere un altro pezzo della sua divisa, e stavolta procedette a passo di lumaca. Si scrutava intorno, sospettoso.
Il vento, a poco a poco, cessò. E nonostante tutto quei maledetti fiori bianchi non la smettevano di ondeggiare, peggio di Seras l’Agente-Budino. Walter aveva voglia di prenderli a calci e buttarli all’aria. Gli facevano saltare i nervi.
Mentre si chinava per osservarne uno più da vicino qualcosa gli saettò accanto.
Non seppe che colore era, cos’era o quanto fosse grande, semplicemente vide l’aria muoversi a causa di una specie di fulmine. Si alzò, lentamente.
Da dietro il muro spuntò qualcosa. Si, era proprio lui.
Non fatevi strane idee: era solo il dolce musetto di Conigliomane. Con un sospiro sollevato si avvicinò al coniglio. Qualcosa lo bloccò sul posto. Non era un qualcosa che Walter riuscì immediatamente a classificare.
La cosa strattonò con insistenza.
“Fa che sia un ramo …” pregò Walter, e si azzardò a girarsi. Per sua enorme, grandissima sfortuna, non era quello che si definisce un ramo. Si sentì un enorme scemo a non essersi portato un guinzaglio per Mastahrello. Cos’ avrebbe avuto i suoi fili come arma.
E gli servivano. Non era solo una sensazione.
Più una conoscenza.
Occhi neri e ottusi lo fissavano, socchiusi e in ombra. Erano infossati, terribilmente, così infossati da risultare a un primo sguardo cavità oculari completamente vuote. Erano racchiusi in un viso, che solo così poteva essere definito seppure un viso ripugnante, scavato, con barba rada come granelli di pepe nero sparsi qua e là, tagliata malissimo. La sua faccia era incrostata di sporco e appariva violacea. La parte inferiore del viso era piena di sangue. Ciuffi sudici, lerci, ricadevano disordinatamente sulla fronte alta. Il naso era poco importante, più che altro nascosto dall’enorme bocca spalancata. Il suo alito puzzava come una fogna a cielo aperto, sembrava fatto per il venti per cento di aria stantia, per un altro venti per cento di anidride carbonica e per il sessanta per cento di “Eau de Decomposision”. Però toglietegli le note dolci. Schifo, vero? Bhè, al maggiordomo degli Hellsing venne da vomitare quando quel coso gli alitò in faccia una nuvola grigio-verdastra, morbida come fumo, con un gemito stupido e stupito.
Eh, si.
Sembrava proprio che Walter fosse appena finito nella mani di uno stupido ghoul. Ed era anche disarmato.
Non gli importava più di strapparsi la camicia. L’importante era uscirne vivi. Anche perché, di solito, dove si trova un ghoul, ci sono tanti ghoul, e dove ci sono tanti ghoul c’è il vampiro che li ha creati.
Molto rassicurante, vero?
Neanche tempo di formulare il pensiero, Walter vide spuntare dall’ombra una decina di quei cosi. Tutti magri, tutti violacei, ma … c’era qualcosa di diverso.
Il maggiordomo riuscì a sfuggire alla presa del primo ghoul e a allontanarsi a grandi balzi, con abilità.
Quei ghoul non sembravano poi così stupidi. Poi si ricordò che anche lui sembrava violaceo. La luce era violacea … ma c’era qualcosa che non quadrava.
La decina che si avvicinava aveva un’aria stanca, ma non stupida. Cosa stava succedendo lì?
Walter chiuse i pugni e divaricò le gambe, piantandosi per bene a terra, pronto a combattere.
Un ghoul che un tempo era stata una donna dai lunghi capelli castani si fece avanti. Il suo volto violaceo era stranamente bello per essere quello di un cadavere animato, anche se estremamente magro, con gli zigomi appuntiti che sembravano lì lì per forare la pelle sottile come carta.
La donna allungò una mano verso Walter e le sue labbra scure formarono parole … parole comprensibili
«Giovane, giovane …»
«Maledetti!» gridò il maggiordomo, letteralmente con le spalle al muro, mentre Conigliomane ai suoi piedi si sollevò sulle zampette posteriori e annusò con curiosità l’aria.
Tutti i ghoul si strinsero intorno a Walter e lo guardarono, ma i loro occhi non erano globi vitrei e ottusi. Curiosi, si, erano curiosi … e nelle loro facce magre vi era un accenno di smarrita intelligenza.
Walter continuava a non capire e si ritrasse, disgustato, quando la donna gli toccò con un indice il petto nudo
«Giovane, giovane …»
«Lo so cosa sono, brutto cadavere!» gridò lui, poi colpì con un formidabile pugno lo zigomo della signora.
Questa cadde all’indietro, gambe all’aria, poi si raggomitolò spaventata. Cavolo, i ghoul non si spaventavano, normalmente! Gli altri non-morti le si strinsero intorno
«Tutto bene? Ehi?» fece un biondino, chinandosi premuroso
«Chi diavolo sei tu?» gridò un altro zombie, rivolto a Walter.
E le loro voci, dannazione, non sembravano affatto i gorgogli senza senso che i ghoul emettevano quando inseguivano la loro preda, sbavando e mordendo tutto quello che gli capitava a tiro.
La tensione nervosa nel piccolo corpo del maggiordomo si scaricò e lui cadde in ginocchio, poi afferrò rapidamente Conigliomane e lo strinse fra le braccia
«Voi … voi cosa siete?» domandò
«Uomini, piccolo idiota!» strillò la donna, che si era rimessa in piedi «Cosa pensavi che fossimo?»
«Beh, tu sei una donna, non un uomo»
«Non fare il saputello con noi! Da dove vieni? Come hai fatto ad arrivare qui?»
«Come ho fatto … io?» Walter fece un passo in avanti, spaesato «Cosa vuol dire tutto questo? E voi chi siete?»
«Noi siamo i partecipanti alle precedenti edizioni dei reality» disse il biondino, indicando con fierezza se stesso, magro e sporco.
Walter spalancò gli occhi. Avevano davvero detto … partecipanti alle precedenti edizioni dei reality? Questo significava che anche loro, una volta che quel mostruoso gioco fosse finito, si sarebbero ridotti come quegli strani tizi che abitavano il cortile interno? Cosa significava tutto questo?
«Come mai siete qui? Perché ve ne siete andati?»
«Oh, perché non si può andare via» spiegò la donna «Tu devi solo provarci ad uscire dal cortile … noi ci abbiamo provato tante volte, ma questo posto è come una gigantesca trappola: una volta entrato, non puoi uscire più»
«E come avete fatto a sopravvivere per tutto questo tempo?»
«Abbiamo coltivato» disse il biondino, estraendo dalla propria tasca una carota lercia «E mangiato il frutto del nostro lavoro. Certo, è stata veramente dura all’inizio, c’erano pochi semi, poca acqua … ma dopo la terza edizione del reality è stata messa l’acqua nel cortile, perciò …»
«Quindi adesso …» Walter strinse più forte a se Conigliomane, che si divincolò senza riuscire però a fuggire « … Volete dire che anche io sarò prigioniero per sempre del cortile?»
«Si» dissero tutti insieme.
Walter guardò i propri piedi calzati in elegantissime scarpe nere e lucide. Non era possibile, no, era solo un brutto sogno: quando avrebbe schioccato le dita si sarebbe svegliato, doveva essere per forza così! Ma certo! Risollevò lo sguardo
«Voi non siete ghoul … ma quello cos’è?» con lo sguardo scorse la folla fino a trovare la prima creatura che aveva visto, quella mostruosa, con l’alito orrendo e gli occhi vacui.
La donna dai capelli bruni rise
«Ma quello è solo Peppe!» disse
«Un mostro?»
«Un mostro? No, credimi, è solo incredibilmente stupido».
Come a sottolineare la frase, Peppe si fece avanti iniziò a ridere istericamente e una grossa striscia di moccio verdastro gli scese dalla narice sinistra. Walter fece una smorfia disgustata: quell’idiota era davvero orrendo, non voleva vivere in sua compagnia. Doveva andarsene da quell’inferno maledetto pieno di fiori scintillanti e di derelitti! Ma come uscirne se nessun’altro ce l’aveva mai fatta? Ecco, stava trascurando un particolare importantissimo: non ci aveva neanche provato ad andarsene.
Così, con Conigliomane sottobraccio, si diresse verso l’uscita. Recuperò anche l’altro animale e se ne andò tranquillamente, pensando che quelli del cortile dovevano essere solo dei poveri pazzi, prigionieri della loro stessa illusione mentale.
Dietro di lui, udì i pianti di tutta quella gente e si voltò. Loro premevano tutti contro l’uscita, ma nessuno di loro riuscì a seguirlo: qualcosa li bloccava. No, non erano pazzi, c’era davvero qualcosa che non andava nel cortile. E Walter era ben deciso a non tornare mai, mai più lì dentro.


lunedì 5 ottobre 2015

Capitolo 18 - La quinta prova - Search and Destroy

Cap. 18
La quinta prova: Search and Destroy

D’improvviso gli altoparlanti iniziarono a diffondere una musichetta disgustosa, quella che tutti sapevano essere la sigla di Beautiful. Si, proprio Beautiful, lo straziante, impossibile, lunghissimo, insostenibile programma che fanno il pomeriggio, contemporaneamente a Dragonball, attirando così l’attenzione delle madri ed impedendo ai figlioli di guardare gli anime.
Alucard fu il primo a piombare, come una furia, nella grande stanza
«Chi è che ha messo questo strazio?» ringhiò, pestando a terra gli enormi piedoni «Cavolo, se lo becco lo ammazzooo!»
«Siamo noi» rispose una voce, proveniente dagli altoparlanti, mentre la musichetta di Beautiful cessava magicamente, dando ad Alucard la possibilità di riprendere fiato «Vi abbiamo chiamato per quella che sarà la vostra quinta prova»
«Bene» disse Ciel, che nel frattempo era entrato insieme a tutti gli altri inquilini della casa «E in cosa consisterebbe questa fantomatica quinta prova?»
«Fantomatica! Detto da te che sei Ciel Phantomhive suona strano, non trovi?»
«Vuoi piantarla, conduttrice da strapazzo!» il ragazzino si scaldò per un nonnulla, esaurito fino all’ultima fibra del suo essere da quei pochi giorni, cinque, di convivenza con i mostri «Adesso dicci cosa dobbiamo fare per tornare in testa alla classificaa!»
«D’accordo, d’accordo piccoletto, non ti agitare … la prova sarà molto semplice. I capitani delle rispettive fazioni, ovvero Sebastian e Alucard, leggeranno sugli schermi LCD in versione mini, che sono stati impiantati nelle loro camere, il nome di qualcosa o di qualcuno. Poi dovranno scegliere uno dei componenti della loro squadra e dovranno ordinare loro di cercare e distruggere, nel senso di deformare almeno in una sua parte, questo qualcosa o qualcuno»
«Ah» Ciel rise «Così sarà facilissimo! I miei servi sono bravissimi a distruggere, non fanno nient’altro tutto il giorno!»
«Non è così semplice …» la voce che usciva dagli altoparlanti sembrava divertita «Oh, mio caro conte, i capi squadra non potranno pronunciare direttamente la parola che vedranno scritta, né tantomeno potranno raggiungere l’oggetto e in questione e indicarlo. Dovrà essere come se non ricordassero il termine giusto e come se non potessero raggiungere di prima persona la cosa o la persona, dovranno fare capire cosa stanno cercando spiegandosi il più chiaramente possibile. Ovviamente la prima squadra che avrà distrutto tre oggetti vincerà la prova: in palio ben tre punti. Bene, allora recatevi presso le vostre stanze. Search and Destroy, babies!».
Alucard e Sebastian si recarono nelle loro stanzette ben ammobiliate. Beh, in realtà la stanza di Sebastian era stata straziata da quel mostro di Alucard e nella stanza di Alucard rimaneva intera solo la bara di Seras, ma facciamo finta di niente …
Alucard vide un piccolo monitor LCD, bordato di un vomitevole e mal intonato all’ambiente circostante rosa shocking, attaccato a parete e lesse su di esso alcune lettere in blu, che dopo pochi secondi scomparvero. Quando si voltò vide l’intera squadra riunita che lo guardava, prese un profondo respiro e disse
«Allora, scelgo per primo te, Walter»
«Ah ah» rispose semplicemente il maggiordomo
«Ok, devi trovare e distruggere una cosa che non è facile da distruggere»
«Eh?»
«Uhm, è una cosa molto dura. Una cosa … una cosa grigia … una cosa … una cosa sabbiosa … no, sabbiosa no … silicea, a volte»
«Fammi indovinare: si estrae dalle cave?»
«Non lo so, io le ho sempre trovate per terra».
Walter schioccò le dita, con la soluzione in pugno
«Una pietra vuoi dire?»
«Meno male che sei un ragazzo sveglio … la parte difficile viene adesso. Come fai a trovare e distruggere una pietra?».
Nel frattempo, nella stanza dei Phantomhive, Sebastian si volse verso la propria numerosa squadra, dopo aver letto le parole, e impartì gli ordini
«Bard, distruggi una di quelle cose che stanno di solito nella cucina e che servono per friggere»
«U … una padella?» Bard sembrava incredulo «Così facile? Wow … corro!».
Si, spietatamente difficile per l’Hellsing, deliziosamente facile per i Phantomhive. Voi credete? In effetti fu così: Bard raggiunse immediatamente la cucina, staccò la padella dal gancetto a cui era appesa, la poggiò per terra e iniziò a saltarci sopra con foga, accartocciandola letteralmente e rendendola inutilizzabile. Walter vagò per i corridoi a lungo prima di decidersi a visitare il misterioso e inquietante cortile interno, il luogo su cui gravava un’oscura maledizione … ma lasciamo Walter a vagare e torniamo ai Phantomhive, che avevano distrutto il primo oggetto.
Sebastian aveva di nuovo di fronte a se tutta la servitù e si rivolse a loro con voce chiara
«Bene, Finnian, questo è un lavoro per te. Devi cercare e distruggere un giovane uomo»
«Oh … Bard?»
«Un giovane uomo basso» precisò Sebastian, sollevando un indice magro
«Uh … Ciel?»
«Un giovane uomo basso della fazione avversaria»
«Uh … il loro maggiordomo?»
«Esatto Finnian. Ricorda, le parole della voce sono state “distruggere nel senso di deformare almeno in una sua parte qualcosa o qualcuno”. Ti basterà strappargli la giacca e dargli un pugno, già che ci sei»
«Agli ordini, Sebastian-san!» Finnian fece il saluto militare, poi partì di corsa per la sua missione. Il povero Walter ci sarebbe uscito almeno con un occhio pesto.
Nel frattempo, il suddetto si avventurò nel cortile interno, luogo avvolto da misteri antichi e leggi proibite, di oscurità, avvolto dalla calma più assoluta, che si trovava nell’angolo più oscuro della casa, maledetto …
Sembrava semplicemente che, più che un oscuro cortiletto dentro la casa, avessero traslato un pezzo dell’esterno e lo avessero piazzato proprio lì, perché poco dopo lo dimenticassero, ma mai per sempre … il terreno era in gran parte ricoperta da dell’erba verde e forte, che cresceva solo in alcuni punti per lasciare spazio a spazi di zone di nuda terra umida e, quasi fosse una specie di portale che mostrava ciò che accadeva in un’altra dimensione, l’erba infestante si muoveva e ondeggiava pigramente al vento inesistente.
In mezzo al cortile, apparentemente senza un motivo, sorgeva un muro antico che sembrava corroso dalle intemperie e in parte sgretolato. Walter se ne stupì: una cosa simile era più o meno impossibile visto e considerato che erano dentro una casa, e come in ogni casa c’era un tetto. Bhè, ma poteva anche darsi che avevano portato lì il muro già decadente per dare una bella atmosfera. Qui si inerpicavano diversi tipi di edera, dai colori vividi e intensi, come quella di un verde così genuino da far girare la testa o quella di un bel rossiccio. Crescevano le une sulle altre, creando strani contrasti e giochi di colore e sembravano quasi rincorrersi.
A coronare il tutto, fra l’erba e persino sul muro crescevano dei fiori inclassificabili, dotati di cinque petali sottili e diafani, di forma stretta e allungata, di un colore così puro e sincero da sembrare risplendere di una luce esistente seppur flebile, candida e avvolgente. Ed erano davvero tantissimi.
La luce sembrava provenire da una luna invisibile che, anziché trasmettere una candida luce, donava all’insieme un aspetto leggermente violaceo.
In un posto come quello, non fu affatto difficile trovare un sasso. Walter, ancora incredulo, si chinò per prendere l’oggetto e sorridendo lo fece a pezzi con i suoi fili trancia-tutto.
“Non c’era niente di più facile” pensò, compiaciuto.
Da una zona in ombra spuntò qualcosa. Aveva una forma estremamente familiare … una mano? Una mano lì? Sperò vivamente che non ci fosse un motivo fondato per le leggende che giravano intorno a quel posto mistico.
“Forse qualcosa di più facile c’era …” considerò, facendo un mezzo passo indietro.
Nel frattempo Finnian, per la gioia di Sebastian, stava correndo da tutte le parti rompendo ogni singolo oggetto del loro lato. Poi si rese conto che, magari, il maggiordomo degli Hellsing stava dal lato degli Hellsing.
Fece dietro-front mentre Sebastian si nascondeva disperato il viso fra le mani ricoperte dai sottili guanti bianchi e cominciò a correre verso il lato dei nemici, sorridendo raggiante e gioioso.
Walter, allarmato dalla comparsa della mano, tornò rapidamente verso il proprio gruppo, ma per sua sfortuna incrociò Finnian sulla via
«Spostati, per favore, ho da fare» borbottò, ma il giardiniere di casa Phantomhive lo guardò testardo
«Niente da fare» rispose, con quella sua vocetta svagata «Sebastian-san ha detto che devo romperti».
Walter fece un passo indietro. Ro … romperlo? Cosa significava? Lui, il maggiordomo di casa Hellsing, era stato designato come oggetto da distruggere? Era impossibile!
Finnian lo guardava con quei suoi grandi occhioni verdi, ma Walter sapeva bene che dietro le apparenze di ragazzino anoressico si nascondeva una bestia in grado di fare a pezzi qualunque cosa si trovasse davanti.
«Sebastian ha detto che devo farti male» ripetè il ragazzino, sorridendo «E io ti farò male»
«Non correre, amico» lo ammonì il maggiordomo tirando fuori i fili «Sono pur sempre l’angelo della mor …» visto che Finnian era un pò troppo impaziente di farsi lodare da Sebastian, interruppe la frase teatrale con un pugno ben assestato. E un pugno ben assestato di Finnian … bhè, minimizziamo dicendo che fa un male cane.
Walter si ritrovò con il sedere a terra e una guancia dolorante. Digrignando i denti si rialzò e usò la sua arma migliore. Ogni Shinigami ha una Death Schyte, giusto?
E Walter aveva quelli, le sue “corde di pianoforte”, con cui poteva tagliare la carne come se fosse burro. Con una mossa abile delle dita, avvolse i fili intorno al cappello di Finnian e lo tagliuzzò in tanti piccoli pezzettini.
Il giardiniere emise un grido di sorpresa
«Hey, era un regalo di Sebastian-san!»
«Non pensare al regalo» borbottò minaccioso Walter, sorridendo anche con quella guancia contusa «Pensa che potrei fare la stessa identica cosa a te»
«Cattivo!» Finnian deglutì e due grossi lucciconi gli spuntarono dagli occhi «Perché devi essere così cattivo, io volevo solo fare felice Sebastian!».
Walter si bloccò. Ma quello che aveva davanti era veramente un cretino oppure si impegnava tanto per sembrarlo? Finnian scattò in avanti, approfittando di quell’istante di esitazione, e afferrò la camicetta di Walter, tirando forte. Una grossa striscia di stoffa venne via, scoprendo il petto e la pancia del maggiordomo, poi, mentre questi batteva ancora le palpebre di sorpresa, Finnian scappò via gioioso, dando grandi testate al tetto.
Walter si incamminò depresso verso la propria squadra, riponendo i fili. Quando Alucard lo vide rientrare conciato in quel modo, scoppiò a ridere
«Oh, Walter, che cosa hai fatto?»
«Ho incontrato Finnian, va bene?» borbottò il maggiordomo, incrociando le braccia di fronte al petto nudo e sbuffando «Quello stupido ha una forza eccezionale, non è da sottovalutarsi …»
«Lo so, Walter, lo so … ma adesso passiamo al secondo oggetto. Sei troppo giù di morale per riuscire ad essere efficiente in questa missione, perciò scelgo chi credevo di non dover mai scegliere: Seras»
«Che devo fare, che devo fare Mastah?» chiese la Police Girl, saltellando allegramente sul posto e tremolando come un enorme budino gigante
«Dovrai distruggere qualcosa di nero che serve per coprire un occhio …»
«Un occhiale, Mastah?»
«No, è una cosa di stoffa. A volte sono fatte anche di cuoio …»
«Un occhiale fatto di stoffa che a volte è fatto di cuoio, Mastah?»
«Ma no … è come un monocolo, ma è fatto di stoffa»
«Un monocolo di stoffa, Mastah?»
«Una benda» disse Integra, seccata dalla stupidità della sua dipendente
«Una benda, Mastah?»
«Si, Seras, una benda» mormorò Alucard «Molto brava … adesso vai»
«Ma dove trovo una benda?»
«Dove pensi di poterla trovare?»
«Ne ho visto solo una, in questa casa» Seras ebbe la visione improvvisa della faccia di Ciel Phantomhive e del suo unico occhio blu brillante «Sta sull’occhio del ragazzo con i capelli di un colore strano, non è vero? Vado a prenderla, Mastah!».
Dopo aver detto queste parole, con tono inequivocabilmente solenne, saltellò via. Alucard sospirò.
La Police Girl aveva un modo tutto suo di distruggere le cose, estremamente diverso da quello di Finnian. Il giardiniere saltellava sempre dando sonore testate, che avevano lasciato nel tetto grandi buchi, e poi cadendo su cose, animali e persone, travolgendole. Seras, di solito saltellava ma con le braccia spalancate e alzandosi di qualche centimetro, in modo da riuscire a spaccare tutto. Quando poi ci si metteva d’impegno, correva a testa bassa, con le braccia allargate e una velocità sorprendente. Il che non era, ovviamente, un bene per l’ambiente circostante: ciò che non veniva travolto dall’inconsapevole catastrofe veniva rovesciato dal forte spostamento d’aria e rotto efficientemente sotto i piedi.
Diciamo, in parole semplici, che Seras stava utilizzando per l’appunto quella tecnica.
“Non ci vuole niente” pensò, sorridendo e facendo intravvedere appena un canino, in modo buffo “Non ci vuole proprio niente a prendere il monocolo di stoffa del bambino della casa dei Phantomhive dell’alto rango di Inghilterra della regina del Paese … wow! È il mio più bel pensiero!” continuò mentalmente, compiaciuta.
Imperterrita, distrusse gli oggetti della Parte-Hellsing. E si avventurò nella proibita parte luccicosa.
Gli oggetti della sua destra si salvarono per un pò, visto che utilizzò il suo braccio per ripararsi gli occhi. La luce fa male a un vampiro.
Finnian arrivò dal suo capo, appagato «Sebastian-san! Gli ho dato un pugno, come mi avevi detto tu!»
«E nient’altro?» chiese il maggiordomo impassibile, seppure un suo chibi mentale saltellasse gioiosamente
«Oh, giusto … gli ho anche preso questo!» mostrò trionfante il pezzo della divisa da maggiordomo «Sono stato bravo, vero Sebastian-san? Eh? Eh? Eh?»
«Si, sei stato molto bravo Finnian» ammise Sebastian, mentre prendeva il pezzo di stoffa e sorrideva sdentatamente. Gioiva enormemente che un altro maggiordomo avesse perso un pezzo della sua divisa e si fosse fatto male. Molto male «Bene Finny» continuò, sorridendo amichevole «Sei stato bravissimo. Ma adesso voglio che tu svolga un altro incarico»
«Non ti deluderò, Sebastian-san!» promise il biondino, facendo il saluto militare con il classico “petto-in-fuori-pancia-in-dentro” 
«Lo so. Altrimenti saresti stato punito. Bene, voglio che tu distrugga una cosa che viene usata per migliorare la vista e che porta Meirin sul naso»
«Un paio di occhiali?» chiese il ragazzino, scoppiando di gioia. Un altro compito facile! «Uno qualsiasi?»
«Si. Uno qualsiasi» annuì Sebastian.
All’improvviso la porta si spalancò con un rumore sonoro e appariscente, mentre dietro la soglia appariva la vampira dell’Hellsing
«Iiiihhh-aaahhh!» strillò, in un urlo da cavallerizzo che avrebbe fatto vergognare un cowboy, con la gamba ancora alzata visto che aveva appena sfondato la porta con un calcio.
Grazie al fatto che quella fosse una mini-gonna, tutti videro le sue mutande. Fosse stato per gli Hellsing, non sarebbe stato poi tanto scandaloso, dato che ci erano ormai abituati, ma per i Kuroshitsujiani fu tutta un’altra storia.
Ciel alzò un indice accusatore e cominciò a gridare «Ammutinamento! Riprovevole! Scandaloso! Sebastiaan!», mentre il maggiordomo demoniaco non faceva una piega. A Finnian e Bard si poteva intravvedere un piccolo rivoletto di bava mentre Meirin si portava le mani alla faccia strillando senza un motivo, in una perfetta interpretazione de “L’urlo” di Munch.
Seras abbassò la gamba e, con un faccia perplessa, scattò in avanti come una saetta. Proprio verso il Bocchan.
Sebastian si frappose fra lei e il piccolo Phantomhive, rapido e felino, spalancando le braccia con impassibile freddezza. Seras non si fece intimidire perché, per quanto stupida, era pur sempre stata un’agente. Velocemente spalancò le ali e si librò sopra Sebastian, tramutandosi davanti alla sbigottita servitù in un fulmine nero e sorvolando il maggiordomo di casa Phantomhive.
Quello si girò frustrato, e usò la forza delle sue gambe per fare un salto che, seppure aggraziato, era intinto di una forza che lo portò molto vicino a Seras. La Police Girl fece una brusca virata e il maggiordomo ricadde a terra perfettamente ordinato e in piedi. Dopo essersi elegantemente ravviato i capelli, cosa che Meirin trovò a dir poco sexyssima e che le fece fare la figura della fontanella (di sangue perso dal naso), balzò nuovamente, ma stavolta verso il suo Bocchan per un’eventuale tentata rapina del suo piccolo Lord.
Seras rimase per un attimo sospesa a mezz’aria, senza sapere che fare, poi notò il fucile nascosto di Meirin, seppure fosse nascosto. Si lanciò in picchiata contro la cameriera, che ricominciò a urlare come una pazza ma senza tentare di fuggire via, stando ferma come una stupida. Sebastian intuì subito ciò che stava per accadere e prese in braccio il piccolo Phantomhive. Con un ennesimo balzo, stavolta con uno scopo più definito, si trovò sul lampadario, poi si trasferì sull’armadio dove adagiò delicatamente il piccolo Ciel. Poi, sempre più velocemente, tornò verso Seras che ora stava rincorrendo Meirin. Seppure per poco, visto che ormai la sua mano era vicinissima al fucile
“Vai … ci sono quasi …” esultò, seppure fosse concentratissima. Le sue dita si contorsero a pochi millimetri dall’oggetto “Dai che ci sono … Si!” ecco! Ce lo aveva ormai in pugno!
Armata finalmente di un’arma illegalmente rubata, Seras volò coraggiosamente verso Sebastian, per fermarsi poi a mezz’aria.
Attimo di tensione, interrotto solo da alcuni impercettibili, brevi respiri. Quelli di Seras no. Il suo cuore, ormai, non batte più. Perché respirare, allora?
Neppure quello di Sebastian. Lui non aveva mai un respiro affannoso. Lui era l’instancabile, il silenzioso predatore, ombra fra le ombre, ma la più forte.
Poi la Police Girl alzò lentamente il fucile e lo puntò dritto contro il maggiordomo «Me la pagherai. Non rimarrai impunito … me la pagherai!».
Quello che poco prima era il silenzio, divenne l’inferno più assoluto. Seras cominciò a strillare, un urlo animalesco e senza parole, mentre le pareti si illuminavano ripetutamente dei colpi che il fucile sparava a raffica. Ormai era un vampiro … perché fermarsi per il contraccolpo? Neanche lo sentiva. Era un vampiro e quel mostro gli aveva fatto del male. Era ora della sua revenge.
Sebastian non si aspettava una furia simile. Non poteva prevedere che una tale stupida fosse capace di fare qualcosa di simile. Già … lui non avrebbe dovuto … non avrebbe mai dovuto sottovalutare un avversario del genere … un non-morto rimaneva un non-morto.
“Non … non dovevo …” tese una mano verso il piccolo dai capelli turchini mentre il mondo intorno a lui cominciava a scorrere e girare. Perché il mondo si alzava? Oh … era lui che cadeva. “Bocchan …” 
Con un tonfo il corpo di Sebastian cadde al suolo. Il sangue colava copioso impiastricciando la sua divisa da maggiordomo, fuoriuscendo dalle numerose ferite.
Seras si avvicinò a Ciel, sorridendo senza mollare il fucile e tese una mano verso di lui, senza espressione, quasi ansimando.
Ciel si ritrasse e digrignò i denti. Poi cominciò a gridare «C’è un motivo per cui vi ho assunti, stupidi! Aiutatemi, è un ordine!»
La servitù si mobilitò immediatamente. Bard tirò fuori un lanciafiamme illegale e lo puntò contro la vampira. Per quanto ne sapeva, i vampiri erano a prova di molte cose, ma non erano a prova di fuoco. Meirin non poté fare altro che armarsi con una scopa e il bastone a chiocciola del signorino. Finny invece poté solamente  stringere i pugni e avanzare minacciosamente.
Seras sollevò il fucile, senza dire nulla.
Calò di nuovo il gelo nella stanza.
Bard non voleva e non poteva fare nulla con il suo lanciafiamme: non aveva alcuna intenzione di trovarsi un proiettile in mezzo alla fronte, e sarebbe stato sconsiderato lanciarsi in un corpo-a-corpo con un vampiro addestrato e la stessa cosa valeva per Meirin. Ma non per Finnian. Lui poteva lanciarsi in uno sconsiderato corpo-a-corpo con un vampiro, anche se faceva male. E non solo fisico. A lui non interessava il dolore fisico che poteva procurarsi nello scontro. Almeno non adesso. A lui faceva male il fatto di dovere combattere contro la sua “amica”. Per così dire. Non poteva essere … eppure si era affezionato al vampiro in questione. Avanzò stringendo spasmodicamente i pugni. Sentì le unghie conficcarsi nella carne e rilassò immediatamente le dita.
«Perché?» chiese, fissando il pavimento
«Perché? Perché cosa?» replicò Seras, continuando a guardare il Bocchan. No, non a guardare il Bocchan. Guardava solo nella direzione del Bocchan. Era come se lo avesse appena attraversato con lo sguardo.
«Saresti davvero pronta a sparare?»
«È la mia missione» rispose lei, scuotendo la testa «Non posso deludere il Mastah»
«Perché?!» ripetè urlando Finnian, alzando lo sguardo «Perché devi farlo?
«È la mia missione» ripetè Seras
«È poi così importante?»
«Devi capirmi» sussurrò Seras rammaricata «Anche tu sei venuto a picchiare Waltah-san»
«Perché?» ripetè di nuovo, sommessamente il giardiniere «Perché devi fare del male?»
«Del male?» Seras lo fissò, sbattendo le palpebre perplessa «Io non devo fargli male»
«Cosa?» Finnian era stupito molto più di Seras «Non ti hanno detto di distruggere lui?»
«No!» scosse la testa la vampira, sorridendo «Devo solo fare questo …» afferrò rapidamente la benda del Bocchan spaventato e la fece in mille pezzi, buttandola in aria come coriandoli. Poi lo guardò raggiante «Era questa la mia missione»
«Tutto qui?» chiese gioioso Finnian. Santi numi, sembrava che la loro simpatia reciproca si potesse spezzare da un momento all’altro … meglio così … «Va bene allora! Ciao!»
«Ciao!» Seras riaprì le ali e uscì come un fulmine dalla stanza.
«Si, però gli hai fatto guadagnare punti» bofonchiò Bard, mentre Meirin piangeva perché la Police Girl aveva appena fregato il suo fucile.
Apparve un ombra dietro Finnian. Con voce soave disse «Faremo i conti più tardi»
Raggelato, il giardiniere si girò a fatica «S-s-sebastian-san …» pigolò, mentre batteva i denti per la fifa. Si fece piccolo piccolo, mentre Sebastian aiutava a scendere dall’armadio il piccolo Phantomhive che lo rimbrottò aspramente per mezz’ora buona, mentre Finnian andò a compiere la sua nuova missione.
Fece due passi e buttò a terra gli occhiali di Meirin che si ruppero irrimediabilmente
«Fatto!» urlò, facendo una V con indice e medio «Vittoria!»
Meirin si trasformò in una fontanella vivente per la seconda volta. Di lacrime stavolta.
«Bastardoo!» ululò, portandosi le mani davanti alla faccia «Mi hai rotto il regalo del Bocchan!»
Nel frattempo, Seras tornò trionfante con un fucile e un coriandolino di benda dal suo Master. Spiò dal buco della serratura le azioni di Integra, Alucard e Walter.
I tre rimanenti nella stanza dalla “Dark Side” stavano chiacchierando animatamente, apparentemente ansiosi i ragazzi e impassibile la ragazza.
Seras spalancò il portone calciandolo via e mettendo il mostra le mutande bianche, urlando raggiante
«Mastaahh!»
I tre sussultarono.
«Mastah, ce l’ho fatta, ho distrutto il monocolo di stoffa!»
«La benda, vorrai dire?» La corresse Integra, tenendo fra due dita il sigaro acceso
«Quello!»
«Bene, Alucard, dicci cosa dobbiamo fare adesso!»
«Perdiamo» rispose il vampiro in rosso, demoralizzato «Abbiamo perso».
Integra non poteva crederci. Search and Destroy, Search and Destroy! Come era possibile che proprio in quella prova avevano perso? No, no, quella era la specialità dell’Hellsing!
Integra chiuse il pugno fino a farsi sbiancare le nocche. Alucard, con un sussulto, intercettò il gesto e cercò di defilarsi, di scappare. Il pugno chiuso del Master non prometteva nulla di buono.
Integra sollevò il braccio. Il gesto, ad Alucard, parve compiuto al rallentatore, ma in realtà fu veloce come lo scoccare di una freccia. Il pugno chiuso, le dita serrate, le vene del polso gonfie di sangue … Alucard non poté far a meno di scoprire i denti pensando al fluido vitale che scorreva dentro quei meravigliosi vasi sanguigni, profumati. E mentre il vampiro sbavava, Integra colpì: fu un colpo forte, vigoroso, in cima alla testa di Alucard, che ricadde all’indietro con un gemito
«Tu!» ringhiò lady Hellsing «Se avessi ordinato a me di cercare e distruggere, se avessi fatto la scelta giusta, non ci avresti portato a tutto questo!»
«Ma Master!» Alucard si portò entrambi le mani sopra la testa, come un bambinetto «Io non potevo sapere che …»
«Niente ma! Sei stato un pessimo capo!»
«Ma Master, cerca di capirmi … e poi non stiamo perdendo così tanto!»
«Non mi interessa, bakemono. Adesso siamo sotto, sono saliti in vantaggio!»
«Ma Master … che gusto ci sarebbe, se li stracciassimo fin da subito?»
«Il gusto della vittoria …».
Alucard sbirciò in su verso il volto della sua padrona. Ecco, ecco cos’era che li divideva: mentre lui voleva fare il guerriero, si divertiva a combattere, per Integra non c’era altro piacere se non quello di vincere. L’importante è partecipare? Non per un’Hellsing.
Oh. 
Si recarono tutti nella sala grande e i tabelloni furono aggiornati. Walter aggrottò la fronte, Ciel, con entrambi gli occhi scoperti, sollevò le braccia trionfante, la massima espressione di contentezza di cui, evidentemente, era capace.
Hellsing – 5
Phantomhive – 7




domenica 4 ottobre 2015

Capitolo 17 - Conigli



Cap. 17
Conigli

Circa verso le sei meno un quarto, i nostri ragazzi della casa del grande macello, si alzarono dai loro comodi lettini, che consistevano per Alucard in un pavimento duro, per Ciel in un materasso cucito male e assortimenti vari di cose simili per il resto dei presenti.
Erano finalmente tanto, tanto riposati, pimpanti e pronti a svolgere la loro prova giornaliera.
Si riunirono tutti, com’era normale, al tavolo per la cena, ma all’improvviso una voce tuonò dagli altoparlanti «No! Prima dovete fare la vostra prova, oggi!»
Riluttanti, tutti i concorrenti si alzarono dal tavolo e si diressero verso il salone per capire in cosa consistesse mai la nuova prova, visto che se la dovevano sorbire di prima mattina, mentre Meirin continuava a mangiarsi instancabilmente le dita.
«Bene. Diciamo che l’esito di questa prova non vi sarà dato immediatamente, bensì alla fine della prova in caso di uccisione degli altri o alla fine del reality …»
Finnian alzò spasmodicamente una mano «Uccisione di chi?»
«Dei morbidi coniglietti rosa».
Alucard si pulì un orecchio con il mignolo, poi si guardò la punta del dito immacolata. Se non aveva le orecchie tappate, allora come mai aveva appena sentito morbidi coniglietti rosa?.
La voce degli altoparlanti rise piano
«Venite avanti» disse, ma quando tutti fecero un passo verso la fonte del suono, la voce li rimbeccò seccamente «Non voi … non voi! Adesso limitatevi a guardare».
Il pesante portone a due ante che sigillava l’uscita della casa si aprì lentamente e vennero avanti degli uomini in divisa verde. Sembravano un pò dei netturbini, ma avevano tutti una fascia nera, come di lutto, al braccio.
Seras si sorprese
«Mastah!» gridò «Guarda cosa stanno portando!».
Gli uomini reggevano una gabbia ciascuno. E in ogni gabbia vi era un piccolo animale rotondetto, con occhi neri e grandi, teneri, e lunghe orecchie reclinate all’indietro che ogni tanto si muovevano. Erano tutti ricoperti da una folta, morbidissima, pelliccia panna con sfumature rosa e intorno al collo recavano, per l’appunto, un laccetto rosa con un cartellino.
Lizzie saltò in avanti, scoppiante di gioia
«Ah, come sono kawaii! Sono bellissimi! Uh, come sono teneri! Li voglio tutti, li voglio tutti!»
«Calma Lizzie» suggerì la voce dagli altoparlanti «C’è un coniglietto per ciascuno di voi, porta il nome giusto impresso nel cartellino. Ora i coniglietti verranno liberati dalle gabbie e gli addetti se ne andranno, sigillandovi di nuovo dentro casa. Voi dovrete acchiappare il coniglietto giusto oppure, eventualmente, scambiare il coniglietto che avete preso con quello che ha preso il vostro. Insomma, dovete mettervi d’accordo e ognuno dovrà badare al proprio coniglio. Uccidere i conigli altrui proprio oggi, che saranno liberi ed indifesi, è vietato e vale la bellezza di venti punti in meno per la squadra del trasgressore. Bene, siete pronti? Eee, go!».
Gli addetti, con sincronismo perfetto, posarono a terra le gabbie e aprirono le porticine. I coniglietti misero fuori i loro corti musetti spaesati e annusarono l’aria, poi, uno dopo l’altro, si fecero avanti a brevi balzi.
Quando tutti gli animali furono fuori dalle gabbie, gli addetti chiusero le gabbie, girarono sui tacchi con un sincronismo da ballerini e se ne andarono, sbattendo la porta e chiudendola a chiave a doppia mandata.
Adesso i conigli se ne andavano in giro tranquilli, dimenando il batuffolo che era il loro codino e annusando, innocui e ingenui, l’aria.
Sebastian ne afferrò uno, lesse il cartellino dorato attaccato al fiocchetto rosa e lo consegnò al suo padroncino
«Toh» disse «Questo è il tuo»
«Bene, Sebastian, adesso recupera tutti nostri coniglietti» ordinò il ragazzino, prendendo in braccio la morbida creaturina e nascondendola perché Lizzie non lo uccidesse di abbracci.
Mentre il maggiordomo dei Phantomhive raccoglieva uno ad uno tutti i coniglietti e ne leggeva i cartellini, liberando di nuovo quelli dell’Hellsing e portando indietro gli animali appartenenti alla loro squadra, Alucard aveva deciso di fare meno fatica e allungava semplicemente una delle sue mastodontiche braccia per afferrare un animale ogni qual volta Sebastian lo scartava.
Il coniglio che apparteneva ad Integra era, per qualche strano motivo, il più “brutto” di tutti: grosso il doppio degli altri, con gli occhi uno di colore diverso dall’altro, privo della sfumatura rosa, zampettava goffamente sul pavimento. Quando Alucard lo raccolse, la bestiaccia lo guardò dritto negli occhi con la determinazione di un leone e, dopo un paio di sgambetti apparentemente volti a cercare di fuggire, gli fece pipì addosso. Alucard resistette dall’impulso di lanciare in aria quel mostro o schiacciarlo sotto i piedi e lo consegnò al suo master Integra
«Ecco il tuo» disse, con una certa riluttanza «La simpatica bestiola mi ha sporcato di giallo la camicia»
«Oh oh, ha un bel caratterino» lady Hellsing sembrava tanto compiaciuta quanto il vampiro era irritato «Si chiamerà Spruzzo»
«Io lo avrei chiamato “El Bastardo”» commentò amaramente Alucard
«Oppure che ne pensi di Piscetto?» si intromise Walter
«Va senza altro meglio» il vampiro stava per mettersi a ridere «Ehi, Piscetto, lo sai che sei proprio un birbone? Master, perché non gli lasci questo nome?»
«Perché è troppo grosso per chiamarsi Piscetto»
«Levagli l’etto, no?».
E così, da quel momento, il coniglio di Integra si chiamò Piscio. Seras diede al proprio il nome di Mastahrello, Walter scelse Conigliomane, Alucard ebbe la brillante idea di nominare il suo coniglio con l’altisonante sfilza di parole Conigliad Tsepeniglio Terzo Principe di Conigliacchia, semplicemente Conigliad per gli amici.
Dall’altro lato, Ciel, vendendo che i nemici avevano scelto dei nomi per i propri beniamini e non volendo essere da meno, impose alla servitù di scegliere immediatamente come chiamare gli animaletti
«Date un nome a questi cosi» ruggì «Quelli lo hanno fatto e sembrano felici! Non devono essere più felici di noi! Gli hanno dato pure dei nomi scemi. Quello del capo si chiama Piscio, quello del mostro si chiama Conigliacchio»
«Conigliad» corresse il maggiordomo, sottovoce
«Conigliad. Come Simbad il pirata dei sette mari, speriamo che come i pirati perde un occhio, così gli levano i punti. Perciò, immediatamente, è un ordine, scegliete i loro nomi!».
Sebastian, tenendo delicatamente in braccio la sua coniglietta, un batuffolo arruffato e morbido dalla pelliccia color pesca, dichiarò con voce soave
«Il suo nome è Anne … »
«Il mio si chiama Orecchio» disse felice Finnian, senza sincerarsi del fatto che Sebastian avesse o meno finito di parlare «Oh, Orecchio, come ti voglio bene!».
Detto questo, il giardiniere dei Phantomhive iniziò ad abbracciare il proprio coniglio con forza. Gli compresse gli organi interni, lo appiattì, probabilmente gli ruppe la spina dorsale, finché Orecchio, con un rantolo, non rovesciò gli occhi all’indietro, sputò una larga chiazza di sangue scuro contro la manica del ragazzino e morì. Finnian scoppiò a piangere sul cadavere dell’animaletto
«Perché, perché mi hai lasciato Orecchio? Io ti amavo, ti amavo sopra ogni altra cosa al mondo!».
Il tabellone ebbe il primo cambio di punteggio della giornata, dal lato dei Phantomhive si scese a quattro miseri punti.
Sebastian avrebbe voluto volentieri gridare di rabbia, lo si vedeva da come serrava le labbra, ma si limitò ad afferrare per la collottola Finnian e sollevarlo fino a trovarsi con il volto all’altezza del suo
«Finnian» disse, con calma «Non è il primo animale che in mano tua fa questa fine, perciò avresti dovuto saperlo perfettamente. Quello che ti chiedo, adesso, è di non toccare gli animali restanti, d’accordo? Siamo una squadra e come squadra ce ne prenderemo cura insieme. Pertanto se qualcuno di voi non se la sente di prendersi cura del proprio coniglio, me lo consegni adesso».
Bard si fece avanti riluttante e porse il suo grosso maschio rosato e chiazzato di marrone al maggiordomo
«Eccolo … io lo volevo chiamare Sigaro, ma fa lo stesso»
«Bard, questo coniglio rimarrà tuo anche se sono io a prendermene cura, perciò il suo nome rimarrà comunque Sigaro».
Bard annuì, un pò sollevato, e tornò a posto. Poi si fece avanti Tanaka-san, che trasportava un coniglio di quattro chili di peso, in pratica più grande di lui.
Sebastian prelevò l’animale per la collottola, tenendolo fra due dita, e sorrise dolcemente
«Come si chiama?»
«Oh oh oh» rispose Tanaka, che per la cronaca non sapeva dire nient’altro che questo nella sua forma più piccola, il “chibi” di cui comunemente assumeva le fattezze.
«Il mio» esclamò Lizzie, strizzando di abbracci il suo povero coniglio e spupazzandolo barbaramente «Si chiama … Kawaiolo!» e detto questo gli appiccicò un fiocco in testa più grosso di Tanaka-san. Ovviamente, nei due secondi e tre millesimi di secondo prima era riuscita a ficcargli un tutù e un paio di vistosissimi occhiali rosa shocking con la quale il povero coniglio non riusciva a vedere a un centimetro dal suo nasino e continuava a sbattere contro Lizzie. E, visto che era proprio convinta che i sai lavanda fossero davvero alla moda, ne mise uno anche a Kawaiolo. Il poverino non poteva fare altro che gemiti e sbattimenti, storcendo di tanto in tanto gli occhi.
Meirin accarezzò con dolcezza il pelo del suo, che più che rosa era leggermente bordeaux, con il pelo intorno agli occhi neri stranamente immacolato e perlaceo
«È una coniglia … come chiamarla? Uhm … Pelosina! No, troppo antiquato … ehi, potrebbe chiamarsi Cameriera! O meglio, Occhialuta!»
«Quattr’occhi» consigliò Bard «Sembra che ha gli occhiali, hai visto?»
«Si! È un bellissimo nome! Grazie Bard!»
Quattr’occhi si divincolò quando si avvicinarono Ciel e il suo coniglio. Quello, anziché avere il pelo tendente come gli altri verso il rosa, lo aveva simile al blu stinto. Una cicatrice attraversava l’occhio sinistro, e con l’altro scrutava tutti con aria di superiorità.
«Lui è Orbo» fece Ciel, mentre scrutava tutti con la stessa faccia del suo coniglio quasi-gemello.
«Guarda che si vede già che è orbo» commentò Finnian, irritato dal fatto che tutti avevano un coniglio e solo lui non ne aveva uno «Non c’è bisogno che lo rinfacci, poveretto!»
«Ma no, baka! Lui si chiama Orbo, non è orbo»
«Come non è orbo? Si che è orbo!» intervenne Bard
«Concordo, Bocchan» annuì Sebastian, con aria flemmatica
«Già! È cieco da un occhio, poveretto!» si intromise Meirin
«Baka!» urlò Ciel, divincolandosi e scuotendo la testa rivolta al tetto «L’ho chiamato Orbo ed è orbo! Stop!»
«Oh» fecero tutti i Kuroshitsujiani in coro, con un’esclamazione di comprensione.
E così iniziò la terribile era dei conigli.
Si sedettero tutti a tavola con i rispettivi animaletti. Tutti a parte Finnian, ovvio.
Lui si disperò per tutta la sera piangendo, quasi le sue lacrime fossero infinite. Alla fine i liquidi dietetici servivano a qualcosa.
Come al solito, i due maggiordomi si prodigarono a fare una buona cena, o almeno stavolta Sebastian servì alla servitù uno yogurt. Non uno yogurt ciascuno, per la cronaca.
Mentre al suo Bocchan fu servita una torta enorme alla panna e al cioccolato con sopra scritto “Viva il Bocchan”. Il “Bocchan” in questione la divorò in pochi bocconi, mentre Lizzie al suo fianco, perché il suo posto fisso era divenuto quello per evitare che la servitù la uccidesse a bastonate o fucilate o altro, mangiava voracemente un piatto di carne, mentre il suo coniglio si sgranocchiava alacremente una carota con un fiocco rosa. Ovviamente, mangiò anche il fiocco rosa.
Il coniglio di Integra rimase sotto il tavolo per tutta la cena, divorando ferocemente e a grandi morsi le scarpe costose della gente, a parte, chissà perché, quelle di Integra.
Insieme a lui, là sotto, c’era anche Conigliad, che nei minuti seguenti, si rivelò avere una spiccata propensione per il rosicchiare cose, animali e persone. Anche non-morti a quanto pare.
Alucard cominciò a provare una forte antipatia per i conigli, per intenderci.
Nel frattempo, Mastahrello saltellava per il pavimento con Seras che, ignorando la cena, aveva messo un guinzaglio rosso intorno al collo del suo coniglietto e lo seguiva, portandolo a passeggio come si fa con i cani.
Unica differenza: Mastahrello non era esattamente un cane. E si scoprì che, Police Girl e Mastahrello, erano di una stupidità unica. Entrambi, giusto per spiegarvi con precisione, erano sotto la media d’intelligenza di un roditore o un lagomorfo qualsiasi.
Conigliomane non faceva molto scalpore, fra gli altri pazzi e\o scemi, ma faceva comunque la sua parte. Girava intorno al tavolo con aria fiera, guardando tutti gli altri in modo particolarmente intenso, strano per un coniglio.
A Sigaro, il coniglio di Bard, piaceva il fuoco. Si avvicinava ogni volta al fuoco in modo pericoloso, per poi scottarsi le zampe e farsi male, capire che il fuoco è cattivo e pericoloso e subito dopo dimenticarlo per rifarsi male. 
Meirin aveva un coniglio disastroso che tendeva a cozzare contro tutto e tutti, combinando guai in giro per casa e facendo fremere di furore Sebastian. Quattr’occhi non era un coniglio normale. Anche se aveva un suo simile davanti al naso non riusciva ad evitare di sbattergli contro.
Per questo rotolò molte volte sul pavimento a causa del cadavere di Orecchio che giaceva a terra, immobile e supino, guardando il vuoto con il naso arricciato e gli occhi spalancati.
Kawaiolo aveva più o meno lo stesso effetto devastante sull’ambiente circostante, ma ciò perché Lizzie non capiva che un coniglio non poteva vedere con degli occhiali con le lenti completamente rosa shocking e che gli coprivano l’intero muso. Poverino.
Annette, perché era questo il nome del coniglio di Sebastian che era stato interrotto, era altera e composta, seduta in un angolo della stanza, e fissava quasi con disgusto gli altri conigli. E dico quasi, perché non è molto facile decifrare l’espressione di un lagomorfo, vi pare?
Guardava con maggiore disappunto Quattr’occhi e Kawaiolo, perché percepiva la rabbia del suo nuovo padrone, con cui provava una certa affinità.   
Come potete benissimo immaginare, Orbo tentava di imporsi sugli altri, ma non essendo un nobile nella gerarchia conigliaria veniva puntualmente morso da Piscio e Conigliad e si ritirava poco dignitosamente squittendo e piagnucolando.
Conclusione: i conigli sarebbero stati un nuovo grande impegno per i nostri eroi, ed erano disastrosi. Seconda conclusione: Sigaro è deficiente.
Finita la cena, che le telecamere non inquadrarono per vedere, piuttosto, il comportamento dei nuovi arrivati, ognuno prese il proprio coniglio. Tutti, prima, lo dovettero rincorrere in giro per casa visto che non ne volevano sapere, soprattutto Kawaiolo e esclusa Annette, di tornare dai loro proprietari. Per Seras non fu un problema, visto che aveva già al guinzaglio Mastahrello.
«Mastah» annunciò, giocherellando nervosamente e torcendo l’estremità del guinzaglio fra le mani «Io devo andare ancora via»
«No, ora mi spieghi che diavolo vai a fare»
«Una cosa»
«Che cosa?»
«Una cosina»
«Ma» insistette Alucard «Una cosina cos’è?»
«Una cosina è una cosa»
«E questa cosa che cos’è? E non mi rispondere una cosina o ti sparo»
«Una cosa, una cosa è una cosa, perché una cosa, una cosa è una cosa, no?» e dette queste chiarissime parole, fuggì a gambe levate per il corridoio, con Mastahrello che al guinzaglio volava per l’alta velocità.
Alla curva del corridoio sbattè contro una parete e perse i sensi, poi non si vide più niente dei due.
Ma di certo, il brutto colpo subito dal coniglio, non contribuì molto a migliorare l’intelligenza di Mastahrello.
«E ora che si fa?» chiese Meirin, stringendo a se Quattr’occhi
«Discutiamo, no?» rispose Walter con una scrollata di spalle
«In effetti» intervenne Bard «Non doveva comparire là l’argomento serale?»
«Giusto!» Meirin schioccò le dita e indicò il tavolo «Sediamoci!»
L’argomento di quella sera era “Vi piace il vostro coniglio?”
«Oh, io, io, io!» alzò la mano Meirin, sbracciandosi «Voglio iniziare io!»
«Inizio io» declamò Finnian, raggiante. Guardò tutti gli altri concorrenti uno a uno, poi cominciò a piangere di punto in bianco, urlando «Il mio è una piadina! Ahhh! L’ho fatto sottile sottile sottile! Adesso è morto! Ahh!» poi si schiacciò il naso contro il tavolo e non parlò più.
Silenzio attonito.
«Io» strillò Elizabeth, strozzando il povero animale «Sono contentissima di Kawaiolo! È bello, kawai, rosato, soffice, carino, morbidoso, strizzoso, spupazzosissimabile e … ho già detto kawai?».
Alucard sollevò Conigliad con fare fiero
«Conigliad è il principe dei conigli» disse «A me piace abbastanza, quando non mi morde. Però morde anche Sebastian, sapete? Perciò penso di poter dire che mi piace abbastanza»
«Piscio è splendido» declamò Integra, con risoluzione «Penso che sia in cima alla gerarchia, inoltre sa bene come dovrebbe comportarsi un vero coniglio».
Alucard guardò verso lady Hellsing con disappunto, stringendo i denti. Piscio sapeva comportarsi come coniglio? Siamo proprio sicuri? No, perché un coniglio non dovrebbe mangiarsi gli altri oppure fare pipì addosso alla gente, o mordere, e roba del genere. Un coniglio dovrebbe essere tenero e carino, un cane da guardia, invece, avrebbe dovuto mantenere più o meno il comportamento di Piscio. Era piuttosto evidente che Integra desiderava un cane da guardia e non un grosso lagomorfo color panna.
Ciel sollevò sdegnosamente Orbo e lo mise davanti a se
«Lui è un principe, non il tuo stupido Conigliacchio!» gridò, battendo un pugno sul tavolo «Orbo è il coniglio più nobile di tutto il mondo intero, niente più niente meno!»
«Ah, che cosa?» Alucard balzò in piedi, spaventando tutti eccetto Integra e il suo mostruoso coniglio «Quel cosetto senza cervello sarebbe più nobile di Conigliad? Idiota!»
«Io o il coniglio?»
«Tutti e due! Siete due minuscoli idioti ipovedenti, ecco che cosa! E tienitelo stretto quel vecchio peluche con un solo, putrido, occhio sporgente, perché giuro che domani te lo ammazzo!»
«Ma …»
«Niente ma!» Alucard salì in piedi sulla tavola, dimostrando come al solito la sua perfetta applicazione delle regole di galateo «Avrò la testa di quel coniglio, lo giuro sul mio onore! Lo avrò!».
Sebastian, pur sapendo che quella cosa sarebbe andata a finire male, strinse forte Annette e balzò anche lui in piedi sulla tavola, fronteggiando a muso duro, se così si può dire, il suo nemico
«Lascia stare il mio Bocchan» ordinò
«Non ci penso neppure!» Alucard mostrò i denti, tremando di rabbia animalesca «io lo divorerò insieme al suo stupido coniglio, se parla ancora, e non mi importa se mi tolgono dieci punti, immagino che saremmo comunque in vantaggio»
«Ti toglierebbero venti punti»
«Beh, visto che la prossima prova mi permetterà di guadagnarne almeno una trentina posso stare fresco. Io vi macello tutti!»
«Non osare avvicinarti ancora al mio piccolo lord!» Sebastian ormai sembrava furibondo, il petto in fuori e la coniglietta che guardava Alucard con l’identico sguardo sdegnoso del padrone
«Oh, che paura, mi tremano le ginocchia! Hai forse dimenticato, Sebastian, cosa ti è successo l’ultima volta che ti sei messo contro di me? Hai dimenticato il rumore che fanno le tue ossa quando si rompono, eh?» Alucard sollevò una mano e fece per metterla in faccia al maggiordomo dei Phantomhive «Tu e il tuo stupido coniglio, con il coniglio del padrone, e con i conigli della servitù, verrete annientati».
Quando ebbe finito quest’inquietante discorso di minaccia, Alucard balzò giù dal tavolo, prese in braccio Conigliad e si allontanò lentamente, lasciando che i propri passi risuonassero nel silenzio generale.
A quanto pareva questi conigli erano diventati una faccenda veramente seria per i ragazzi della casa del grande macello.







venerdì 2 ottobre 2015

Capitolo 16 - Sebastian il solitario

Cap. 16
Sebastian il solitario

Meirin, Bard e Finnian, accompagnati da un quasi invisibile Tanaka-san, si ritirarono a dormire nei loro alloggi. Ciel fu trasportato di peso fino al letto, che Sebastian aveva magicamente riaggiustato usando i chiodi dei quadri alle pareti per rimettere a posto il telaio e ago e filo per il materasso. Elizabeth Esthel Cornelia Middford si addormentò abbracciata ad una dozzina di orsetti sventrati.
Alucard e Seras dormivano, il vampiro grande in un angolino, tormentato da atroci sogni, e la vampira piccola nella sua bara.
Walter andò a stendersi sul letto con una rivista di punto e croce in mano, di quelle che per fortuna sua e sfortuna di tutti si potevano trovare in qualunque angolo della casa, e si riposò leggendo.
Integra, ovviamente, aveva da fare il suo pisolino pomeridiano, perciò si tirò le coperte fin sopra la testa e iniziò a dormire, russando leggermente, scordandosi di punire Seras.
L’unico a rimanere in piedi, di tutti i concorrenti, fu Sebastian Michaelis.
Il demone si aggirava per casa con passo felpato, quando una vocina esclamò «Eccomi!Son tornato!».
Sebastian si girò. Schrödinger era appena apparso al centro della stanza, con le mani sui fianchi.
Le sue orecchi ebbero un fremito e il cat-boy, lo guardò curioso
«E tu …» gli chiese, con gli occhi socchiusi «Tu chi diavolo saresti? Miauen!»
«Io sono Sebastian Michaelis, maggiordomo della nobile casata dei Phantomhive e servo del suo unico signore Ciel Phantomhive, fidanzato della gentile e graziosa lady Elizabeth Cornelia Esthel Middford»
«Eh?»
«Devo ripeterlo?» disse, con aria docile. Un cat-boy! Quale meraviglia per il nostro maggiordomo demoniaco!
«No, per carità! Io sono … Schrödinger, cat-boy nato in provetta, amicio del Capitano e agli ordini del Maggiore»
«Amico, semmai»
«No no, proprio amicio. Io sono un amico micio, giusto?Abbreviamo» esclamò allargando le braccia
«Non urlare, per favore. C’è gente che riposa» disse, leggermente infastidito dal fatto che il suo Bocchan avrebbe potuto svegliarsi.
«Uh?» abbassò le braccia e si guardò con aria curiosa «Dove sono tutti?»
«A dormire»
«Perché tu non dormi?»
«Perché io sono …» voleva frenarsi, ma non poteva fare a meno di rispondere alle domande di un cat-boy «Un maggiordomo demoniaco. Un diavolo di maggiordomo. Un maggiordomo perfetto»

 Schrödinger lo guardò e fece un sorrisetto largo, socchiudendo gli occhi e abbassando le orecchiette feline.
«Cornuto» mormorò.
Sebastian ci rimase malissimo.
«Vai via, Schron» sussurrò una voce dagli altoparlanti «non infastidire la gente. E poi svegli tutti. Sciò, non c’è trippen per catten»
«Oookaayy!Tanto non mi sarei divertito con tutti questi che dormono. Miauen e arrivedercien!» sorrise
un’ultima volta, poi svanì.
Sebastian resistette stoicamente all’impulso di grattarsi una tempia, gesto ben poco nobile, poi si avviò solitario per i corridoi della casa. Essendo solo avrebbe potuto provare a sabotare gli alloggi degli Hellsing, ma dopo quello che era accaduto l’ultima volta aveva deciso di stare alla larga da quel posto.
Girovagò per i corridoi elegantemente, guardandosi intorno e controllando di tanto in tanto il suo splendido orologio.
«Sono le quindici e venticinque»
«Sono le sedici e trentasette»
«Sono le diciassette e quarantanove»
«Sono le … diciassette e quarantanove»
«Sono le … diciassette e quarantanove» ripetè per l’ennesima volta, continuando a fissare l’orologio con interesse e ripetendo come un automa la stessa identica frase.
Posò finalmente l’orologio e decise di pulire la già splendente casa. Poi preparò un migliaio o più di dolci. Creò un’aiuola nel mezzo del salone. Prese a botte un camino e lo ricostruì. E tutto, per sua sfortuna, in brevissimo tempo essendo lui un maggiordomo demoniaco.
E così ritornò a girovagare per casa. Iniziò a comporre poesie.
La più lunga recitava:
“Oh, mio Bocchan adorato,
sei da me sempre coccolato,
ti piace fin troppo il cioccolato,
lo divori di filato,
sembri sempre annoiato,
stanco oppure arrabbiato,
con Lady Elizabeth Esthel Cornelia Middford fidanzato.
Yana Toboso ti ha disegnato,
poi ti ha colorato,
tu continuamente mi hai sgridato,
anche se è tutto sempre ordinato.
Poi «Sebastian!» hai urlato,
sono accorso preoccupato,
tu di traverso mi hai guardato
e mi hai detto «Questo thè è troppo salato!»”

Ripiegò con cura la poesia leggermente ridicola e la chiuse in un cassetto, poi riprese a girare come un fantasma per casa in cerca di qualcosa da fare.

«Ehi» sussurrò una voce «Che fai tutto solo?».
Dapprima Sebastian non capì da dove provenisse, poi si accorse che un leggerissimo ronzio proveniva dagli altoparlanti
«Niente, signora»
«Stavo per dirti “chiamami signorina” ma poi mi sono ricordata che è un appellativo che odio. Bene. Non chiamarmi, piuttosto discutiamo di qualcosa?» mormorò di rimando il misterioso personaggio, mentre Sebastian stava dritto e fiero.
«Desidera aggiornarmi sulla prova?»
«No, sono tutti sfiniti, ma io e … l’altra abbiamo in mente qualcosa. Non chiedermi cosa. Per me puoi anche spaccare le altoparlanti, ma non lo svelerò. Perché non ti riposi anche tu?»
«Io non posso dormire, lady»
«Non mi riferivo a quello. Non puoi leggere?Stare seduto?È un’attività leggermente più carina di stare dritto come uno scemo a ripetere l’orario, né?»
«Non vi sono libri in questa casa»
«Ma ci sono delle riviste. Scrivi, leggi, disegna, mangakizzati, pulisci, sveglia Ciel per poi farti pestare, fatti strapazzare da Lizzie, gioca all’impiccato da solo, si, anche fare poesie va bene. Ci sono tante cose che puoi fare» disse la voce, sempre a volume basso
«Perché sussurrate, milady?»
«Perché qui c’è gente che dorme. Giusto, Schron?Cosa ti avevo detto io?Vai via!»
«Giusto. Ma è così bello qui!» piagnucolò il cat-boy
«Niente ma! Il Capitano ti sta cercando. Lo sai che a quest’ora voi nazi fate il domino. E, stavolta, gli ebrei sistemateli allineati! Non vorrete fare una cosa disastrosa come l’altra volta, spero! Un consiglio: se vi va di giocare a bowling il Maggiore è la palla e Doc fa il birillo. Così risparmiate soldi. E ora sciò!» fece la voce, divertita ma con una nota severa.
Sebastian notò che la sfumatura della voce attuale era diversa da quella che alcune volte, spesso quando si trattava di comunicare le prove ai coinquilini, parlava dalle altoparlanti. Ma non commentò, perché pensava di fare come al solito delle ricerche da solo, in privato. Per come gli riusciva.
Schrödinger sospirò, abbassando le orecchie, e scomparì nel nulla.
«Poverino» commentò Sebastian, impietosito. Dopotutto quello era un cat-boy, a lui piacevano i gatti particolarmente, giusto?
«Sempre in mezzo ai piedi» sbuffò la voce, con parvenza seccata. Ma sotto si sentiva che continuava ad essere piuttosto rallegrata
«Bene. Io … vado via. Credo che sia in effetti più giusto se io vada a fare qualcosa di sensato. Buon pomeriggio»
«Psst» fece la voce, ridotta a un sussurro appena udibile nonostante passasse dagli altoparlanti «Coniglio» poi l’altoparlante finì di fare quel sottile suono appena udibile che fanno tutti gli elettrodomestici, di quelli che nessuno si accorge che c’è fino a quando esso non finisce.
«Con … coniglio a me? Crede che io abbia paura di sostenere una conversazione sensata? Bà!» fece un gesto eloquente con la mano, poi si rincamminò verso una poltrona al centro della stanza di cui nessuno nella casa si era mai accorto e si sedette. Pensò di ricominciare a scrivere poesie.
Si sedette, si concentrò aspettando l’ispirazione per non scrivere cose come le poesie al suo bocchan e cominciò a scrivere.
Segnò con la sua grafia elegante sul foglio il titolo.
“Oscurità”.




giovedì 1 ottobre 2015

Capitolo 15 - La colazione del quarto giorno

Cap. 15
La colazione del quarto giorno

Il giorno dopo, i ragazzi della casa del grande macello si trascinarono a fatica verso il tavolo.
Una delle sedie delle Alpi Sediatiche cadde al rallentatore e con un suono secco (al rallentatore) sbattè e rimase lì per terra, mentre tutti presero con lentezza i rispettivi posti.
Si dia il caso che quella prova di moda fosse stata di sera e, chi per un motivo e chi per un altro, nessuno a parte Integra aveva dormito.
Walter servì strascicando i piedi la colazione, poi la posò davanti al suo Master sbadigliando, l’unica fra i pochi veramente sveglia e senza le borse sotto gli occhi (bhè, Lizzie aveva le borse sotto gli occhi letteralmente, non so se mi spiego …).
Sebastian, pimpante e attivo, aveva caricato di peso il Bocchan sulla sedia e, proprio come si fa con i bambini piccoli, lo imboccava e quello gli sbrodolava il cibo in silenzio.
Seras era tutta un’altra storia, poi: a tratti dormiva in piedi, a volte invece era come se avesse pacificamente ronfato tutta la notte. Accanto a lei, Finnian aveva la faccia immersa nel liquido dietetico preparatogli da Sebastian, non perché se lo stesse scolando ma perché proprio quella notte la servitù dei Phantomhive aveva avuto la brillante idea di fare un pigiama-party.
Ciel aveva un occhio chiuso e uno aperto, e si dia il caso che quello aperto fosse quello cieco dietro la benda. Si faceva imboccare da Sebastian mormorando tra una cucchiaiata e l’altra di roba non ben identificata dalle telecamere «Scemo … aww! ... La mia gonna doveva essere più larga e rigida … aww! … dovevi vestire Meirin da qualcosa tipo un … aww! … pagliaccio o altro …» e completò il tutto con uno sbadiglio così abnorme che Sebastian poté comodamente versargli tutta la roba dentro la bocca.
Ciel, morto dal sonno, commentò «Scemo …» e si addormentò con la faccia sul tavolo e il naso schiacciato.
Eh, già, il povero cosino, là, Ciel, aveva passato una magnifica notte in bianco a causa del rumore prodotto dall’attivo pigiama party dei tre servi.
Bard e Meirin stavano appoggiati sullo schienale e dormivano, con la differenza che Bard faceva il fastidioso rumore di un motorino leggermente troppo grosso (un Monster Jam) che si accendeva.
Poi c’era Lizzie. Lizzie indossava ancora il saio lavanda e quegli accessori inusuali e scialosi perché era rimasta lusingata dalle lodi della voce della presentatrice (o presenta-truce?) e non la finiva più di parlare a Ciel addormentato, scuotendolo e facendolo puntualmente cadere dalla sedia e poi buttando allegramente, quasi fosse un divertentissimo gioco da tavola, tutti gli altri della sua fazione. Rideva, schiamazzava, urlava e piangeva da sola, monologando interessata alle sue filosofiche discussioni se è più kawai il lavanda o il fucsia.
E i suoi compagni di squadra non ce la facevano più.
Dall’altro lato il clima era leggermente più mite.
Integra si serviva tranquillamente, con il suo solito contegno, mangiando una colazione leggermente più americana che inglese. Walter, in piedi al suo fianco, non riusciva a stare completamente dritto e non poteva fare a meno di sbadigliare di tanto in tanto.
Seras solo cinque minuti prima ciondolava sul posto, con gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta di uno scemo con lo sguardo ebete, cinque minuti dopo ballava il tip tap sul tavolo (lontano da Integra, sennò le buscava). Era più o meno la stessa storia di Lizzie, solo abbastanza ridimensionata, ovvero evitava di buttare la gente dalle sedie, e che dava qualche minuto di tregua ai suoi co-fazione.
Alucard era in piedi dietro la sedia di Integra e la sua testa ciondolava a destra e a sinistra in una maniera che avrebbe potuto risultare vagamente sospetta, con gli occhi semichiusi. Come vampiro, era logico che lui di giorno non dovesse essere sveglio, perciò anche se non ci fosse stata la prova durante la serata precedente, ora che era passato il suo momento di euforica eccitazione legata al nuovo ambiente, sarebbe comunque stato assonnato.
In pratica, l’atmosfera non era proprio grintosa.
Con un tump Bard cadde dalla sedia. Si rialzò allarmato urlando «Chi? Cosa? Non mi picchiare Sebastian-chan … Sebastian-san! Sebastian-san! Scusa, perdono, pietà!»
«Perdonato» annuì il maggiordomo, scuotendo la testa come a dire “Ma cosa devo fare con te?”
Tuttavia l’accaduto aiutò un pò a rianimare l’atmosfera oppressiva che regnava in giro.
Walter si rianimò e riuscì a stare dritto, mentre Seras aumentò il suo momento di poco sclero. Ma questo non fu esattamente un bene. Prese a buttare tutte le sedie della Alpi Sediatiche strillando «Libertà! Libertà! Niente confini! Abbasso il razzismo! Siamo tutti uguali! Abbasso il diavolo! Noi poliziotti lo sappiamo! No limits! Abbasso le botte del Master Integra! Libertà, libertà!».
Integra osservò infastidita la scena, mentre Seras continuava a buttare tutto all’aria e ordinò «Finiscila, Police Girl!»
«Lunga vita ai Master che mi chiamano col mio nome! Che tutti i Master mi chiamino col mio nome o li arresto! Wooo! Abbasso il nome “Police Girl”! Wooo!»
«Police Girl!» tuonò Integra alzandosi di scatto dalla sedia. Scese il silenzio nella stanza «Non ti eri mai spinta tanto oltre! Dopo la colazione, nel mio ufficio! E ti voglio puntuale!»
«Si, Master … » mormorò lei, girando il busto con aria imbarazzata e dispiaciuta da una parte all’altra. Mentre se ne andava dalla stanza senza mettere niente sotto i denti (letteralmente), alzò debolmente un pugno e sussurrò «Viva la libertà!».
Integra gli tirò un calcio nel sedere tale che sarebbero stati guai grossi quanto Alucard se lei fosse stata umana … ma Seras era un vampiro e si limitò a scoppiare a piangere e filare via servendosi della sua super-velocità.
Integra tornò a sedersi, ancora irritata, sospirando e scuotendo la testa «I vampiri d’oggi …».
Alucard sorrise, ancora con gli occhi socchiusi, poi crollò in avanti, sopra la sedia di Integra. Travolse il master nella caduta e la schiacciò contro il tavolo, poi non si mosse più.
Integra emise un ringhio spazientito
«Si può sapere che ti prende? Alucard, idiota che non sei altro … Alucard, Alucard» voltò la testa, trovandosi a mezzo centimetro dal grosso naso affilato del mostro «Questo è morto»
«Certamente, my lady» si intromise Walter «Sono circa seicento anni che è morto»
«No, intendo proprio morto morto»
«Si, diventa così quando dorme. Morto morto» il maggiordomo di casa Hellsing annuì «Volete che ve lo levi di dosso?»
«Si, Walter» Integra cercò di strisciare via da sotto l’enorme corpo pesante di Alucard mentre Walter afferrava quest’ultimo per le spalle e lo trascinava via.
Alucard fu rudemente spinto con le spalle contro la parete e lasciato lì, addormentato, in un angolino dove il sole non lo potesse nuocere.
Walter sospirò
«Quel vampiro è proprio imprevedibile …».
Integra finì di mangiare e si mise il sigaro, ancora spento, fra le labbra
«Ah, i vampiri antichi … » mormorò.
A quanto pareva, niente le andava a genio.
Alucard si mosse, nonostante fino ad ora avesse perfettamente imitato un cadavere deceduto da poche ore, si afferrò il grosso fiocco rosso sul petto e lo strinse forte
«Ah, va più che bene, Master. Va più che bene. Ma non fatemi prendere più uno spavento simile!».
Integra scosse la testa, divertita: Alucard sognava. Non era la prima volta che assisteva ad uno spettacolo simile, ma ricordava chiaramente quell’occasione, quando si era sorpresa perché credeva che i morti non sognassero. Solo in seguito, chiedendo spiegazioni al vampiro, era venuta a conoscenza del fatto che i vampiri più crudeli erano stati condannati ad una pena ancora più atroce che vivere un’altra vita: non avrebbero mai avuto un vero riposo ed ogni qual volta che avessero chiuso gli occhi, scendendo nello stadio più profondo della non-vita, la loro mente sarebbe stata tormentata da molteplici sogni.
Un vampiro del calibro di Alucard era un vero dannato e non avrebbe mai avuto riposo, la sua mente sarebbe stata continuamente sollecitata da stimoli e impulsi svariati che avrebbero messo a dura prova la sua resistenza. Ecco perché lui era mezzo pazzo: provateci voi a sentire e vedere continuamente cose, specie cose atroci, ogni qual volta che chiudete gli occhi.
Il fatto, poi, era che l’intensità dei sogni diveniva molto maggiore se Alucard non dormiva nella sua bara, cosa che lo faceva delirare e parlare ad alta voce, oltre che soffrire.
Sebastian portò via i piatti ormai vuoti della colazione di Ciel
«Patetico, e poi saremmo noi i materialisti» mormorò, prima di andarsene
«Certo mamma!» rispose Alucard, con un tempismo perfetto «Come dici tu».