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sabato 28 novembre 2015

Capitolo 23 - Regali di Natale



Cap. 23
Regali di Natale!

All’improvviso mentre tutti si scambiavano commenti sulle pubblicità nonostante la prova terribile e impegnativa fosse ormai finita, i Tizi Vestiti da Agenti dell’FBI si piazzarono schierati in fila tutti davanti alla porta.
I concorrenti li guardarono perplessi, a volte anche con ostilità quando all’improvviso successe l’insospettabile.
Le magliette nere e anonime degli addetti si rivoltarono, si rivoltarono letteralmente così anche stando addosso a loro, come un fenomeno inspiegabile, e divennero di uno sgargiante rosso. Magliette reversibili. Tutti contemporaneamente si ficcarono un cappellino rosso con tanto di pon-pon finale bianco.
Sopra la maglietta rossa, spuntata dal nulla, c’era la grande scritta a caratteri bianchi “Grozzi, Buon Natale”. I Tizi non fecero una piega.
«È Natale» li informò la voce nell’altoparlante «Buon anniversario di morte, Alu»
«Oh, si …» Alucard si spalmò una mano davanti alla faccia come a dire “cavolo, me l’ero scordato …”
Chi sa che Vlad Dracula è morto il venticinque dicembre all’alba capirà che per il nostro Alucard Natale era un giorno piuttosto significativo.
«È Natale, Mastah! È Natale, Mastah! È Natale, Mastah! È Natale, Mastah!» canticchiò Seras, saltellando di gioia
«Oh» commentò Walter «Non ricordavo la data di oggi … ehi, ma quei tizi ci stanno dicendo che noi siamo “Grozzi” o che loro si chiamano così?»
«Loro si chiamano così» affermò con sicurezza Integra
«Bel nome, no? Venuto così d’impulso. Forse senza senso, forse un miscuglio fra grezzi e grossi. Però i nostri dipendenti di chiamano Grozzi» spiegò la voce dalle altoparlanti, compiaciuta «E poi non penserete mica che vi lasciavamo senza regali di Natale, vero?».
Pronunciate queste solenni parole, le porte si spalancarono e, con una bufera di neve che infuriava all’esterno, entrarono altri tre Grozzi vestiti di rosso con tre sacchi. In realtà a guardare bene, erano un pò di più di tre, solo che marciavano allineati a tre a tre.
Entrarono  trascinando sacchetti, scatole, scatoline, scatoloni, pacchetti, pacchettoni, regali e buste variopinti.
Quello alla testa del gruppo, per uno scherzo del dest … delle autrici aveva anche i palchi sulla testa e un naso rosso da Rudolf, la renna di Babbo Natale. O Babbo Nazi, dipende da quale parte stai.
«Per gli Hellsing, ci sono in esclusiva dei regali da Kohta Hirano …» gli oscuri gioirono «E per i Kursohitsujiani direttamente da Yana Toboso!» i suddetti fecero tutti, anche Ciel e Sebastian, dei salti dalla lunghezza variabile fra i tre e i quattro metri. Di gioia, ovviamente.
I Grozzi posarono tutti i contenitori degli Hellsing in un angolino e quelli dei loro antagonisti in un altro, poi si dileguarono nel nostro migliore amichetto Nulla. Anche questa volta letteralmente. Non che Nulla era personificato, che i Grozzi si dileguarono ...
Le due fazioni si riunirono nei rispettivi angolini, con gli occhi che brillavano.
Prima, vediamo cosa Yana Toboso regalò ai suoi cari amichetti, di cui raccontò avventure e disavventure …
Aprirono prima una scatola. Magliette, magliette a non finire. E pantaloni, e felpe e camicie.
«Oh!» esclamò Finnian tuffandoci una mano e tirando fuori uno degli indumenti «Questo è tuo, Bocchan!»
La maglietta, di un bel celestino chiaro, recava davanti la scritta
“I want my tea. If you not give at me my tea, I call Sebastian. And your eye is now black”.
Ciel, sollevato di avere un nuovo indumento, la mise sopra la maglietta che già possedeva. Allorchè tutti poterono leggere la scritta dietro, nascosta
“Io sono un bimbo orbo con i capelli di topo e gli occhi da calamaro gigante. Yana era sbronza quando mi ha creato. Sono un bimbo rancoroso e un pochino idiota, e non voglio ammetterlo ma amo Lizzie e Sebastian è il mio migliore amico. Ma sono un bimbo rancoroso e non lo voglio ammettere. Attenzione a leggere la frase di prima, perché Yana non sostiene lo Yaoi.”
Tutti soffocarono una risatina, poi Finny rituffò di nuovo la mano e tirò fuori un’altra maglietta,che a dire la verità era un completo. La cosa strana, però era che era fatto a forma di maglietta e gonna ma con sopra tatuati la divisa tipo da cameriera. Sulla maglietta si allungavano due fili di sangue disegnato eppure realistico. Sopra c’era scritto
“Che c’è? Ho solo visto Sebastian-san”
Seppure fosse enormemente arrossita, Meirin indossò il completo sopra quello che aveva già. Perché cominciava a fare freddo, visto quei cattivi dei Grozzi avevano fatto arieggiare la stanza con l’aria di bufera.
Dietro c’era la scritta, anche questa segreta
“Beware to the Meirin. She’s more dangerous. And crash all. Attention, she wants the butlers”  
Certo, era stata un pò cattiva Yana, ma voleva solamente divertirsi un pò. Premettiamo che, per la media, era stata un angioletto. E non era finita qui.
Infatti Finnian trovò una maglietta in cui davanti c’era la scritta
“I love Plu-Plu”
E dietro …
“I love crash the lil’ beards in one thousand of pieces. I’m dangerous. Beware, Sebastian”
E fin qui niente di cattivissimo. Considerando che la maglietta di Bard piena di “Piromane, fire, burn” da tutte le parti. A quanto pare a Yana piaceva mischiare le lingue.
A Tanaka-san una maglietta che raffigurava una foresta tipo Amazzonia e al centro in bianco, risplendente di luce, la frase
“I’m Buddha”
E nessuno osò ridere, perché Tanaka-san emanava quella pace e quella calma tranquillità che sembrava avesse davvero raggiunta la Grande Via … Si,Yana Toboso aveva ragione: Tanaka-san era Buddha. Peccato che non fosse buddista.
Bhè, con Sebastian Michaelis, Yana sembrava, e ribadisco sembrava, essere stata più clemente. Il suo regalo era rappresentato da un completino nero, maglietta a maniche lunghe e pantaloni di raso aderenti, con delicati ghirigori che si rincorrevano sul tessuto fine.
«Non vale!» urlò Bard, con la sigaretta che faceva strani movimenti nella sua bocca mentre parlava «Solo perché lui è il preferito di Yana non gli hanno fatto abiti imbarazzanti»
«Vedrai, troveremo qualcosa di imbarazzante anche per lui …» lo tranquillizzò Finnian, battendogli amichevolmente una mano sulla spalla.
Tutte le altre magliette e\o divise non erano nulla di speciale: T-shirt bianche, pantaloni e camicie con disegnini eccetera, eccetera, eccetera …
In effetti, alla fine Yana aveva deciso che non era giusto umiliare tutti (a parte Lizzie, a cui aveva donato una maglietta con disegnate un sacco di robe strane e al centro “Kawai”. Fra l’altro, le robe strane erano fiocchetti e cose simili che piacevano un sacco alla piccola Lady) e lasciare intero solo l’orgoglio del maggiordomo. Così Finnian e Ciel lo costrinsero a mettersi la maglietta, rossa con i bordi neri e la faccia sua e di quel mostro di Grell vicine, a chibi, che recitava
“G x S is CANON” E leggermente più sotto la scritta “Because Grell love me … and I love Grell. We aren’t beautiful?”
Ciel concesse anche il permesso speciale di ridacchiare di lui a tutti i presenti, mentre lui poteva ridere come un matto e non beccarsi neanche una fuffola come si deve.
Felici e ridacchianti, aprirono il secondo pacchetto con un cartellino adesivo spiaccicato su che diceva “Accessori, Gadget e Peluche by Yana”.
Stavolta Meirin insisté tanto che ebbe il permesso speciale, perché oggi Ciel era estremamente di buon umore, di poter prendere gli accessori al posto di Finnian, che non obbiettò affatto per riprendersi il posto, purché gli dessero il suo peluche.
Meirin tuffò la mano e …
«Questo di sicuro è del Bocchan» affermò la cameriera guardando l’oggetto. Era una tazza peluche uguale a quelle del cartone animato, solo ovviamente che era di peluche. Era colma quasi fino all’orlo di thè peluche, che però non si poteva ovviamente versare, eppure era aromatizzato alla camelia.
«Così ci potrà dormire la notte, Bocchan!» osservò Finnian, solare. Che bello che Yana gli avesse portato dei regali! Ah, quanto adorava il Natale!
«Questo è …» Meirin rituffò la mano, chiudendo gli occhi. Tirò fuori un pupazzetto impacchettato, pigiato a qualcos’altro, con un biglietto. «Alla mia cara Elizabeth Cornelia Esthel Midd … Lizzie, così potrà giocare a vestire come vuole la sua bambolina … Oh, che pensiero carino!»
In effetti, la bambola pigiata dentro il sacchettino trasparente era una persona, una ragazza per la precisione, in biancheria intima. Era pigiata contro vestiti, capelli, acconciature, occhiali e accessori vari da bambola che potevano essere applicati sul pupazzetto.
«Ah, kawaiii! Ti voglio tanto bene, Yanaaa!» strillò, rivolta al soffitto, strizzando il sacchetto e la povera bambola al suo interno.
«Questa» annunciò Meirin «Anzi queste … sono di Finny» passò al giardiniere un peluche estremamente realistico, con tanto di penne, di un uccellino uguale a quello che per sbaglio Finnian aveva decapitato accarezzando. L’altro era un piccolo pupazzo, bhè, lungo quindici centimetri e alto sette contando la testa, di Plu-Plu o Plute, il carino, puccioso e tenero Makenna. Per chi non lo sapesse, i Makenna sono tremendi Cani del Diavolo che uccidono tutti e hanno proporzioni a dir poco enormi, in grado di sputare fiamme e cambiare il proprio aspetto da enorme lupo alto quattro metri a essere umano che si comporta da cane, che morda e artiglia tutto. Carini, no?
«Oh, il mio uccellino! E Plu-Plu! Grazie, Yana!» strillò, strizzando i pupazzetti con tenerezza. Bhè, per fortuna che era tenero, e se li avesse voluti strizzare davvero … addio regalini della zia Yana.
Meirin rituffò la mano, e tirò fuori … una mini-piscina gonfiabile. Il cartello recitava “A tutti i miei adorati Kuroshitsujiani, a cui voglio un mondo di bene. Baci, sensei Yana Toboso”
«Abbiamo una piscina!» gridò Bard, esaltato «Possiamo farci il bagno e non puzzare! E può anche essere divertente!»
«Ragazzi … è una piscina per bambini» fece notare con la solita freddezza, all’apparenza calda, Sebastian «Entrateci casomai uno alla volta»
«Evviva!» «Oh oh oh!» strillò la servitù saltellando in giro.
La seguente estrazione fu un set di tazzine e posate in pura e finissima … plastica giocattolo dedicate a Meirin. Il biglietto diceva “A Meirin, per giocare con i suoi amici a prendere il thè. Così sono sicura che le tazze non le rompe. By Yana. P.S, se guardi più in fondo ti trovi una cosa che ti piace … ”.
«Oh! Grazie Yana!» gridò Meirin, realmente contenta. Aveva fin da piccola una passione per le “cose che le piacevano” e le pause per giocare a prendere il thè. Certo, anche per le sparatorie e i fucili, ma lasciamo perdere …  
Meirin, terribilmente incuriosita, frugò nello scatolone fino a cadervi dentro e continuare a rovistare. Fino a che non trovò un fucile. A salve, ovviamente, ma lei non poteva saperlo.
Uscì raggiante dalla scatola e per provare lanciò un colpo.  Rimbombò per tutto il salone, ma non partì nessun proiettile.
A Meirin divenirono gli occhi giganteschi per lo stupore mentre solo ora scorgeva il cartellino “So che è illegale portare armi reali all’interno della casa del reality, quindi non ho potuto darti di più di un fucile a salve. Spero ti piaccia”.
Meirin si sentì quasi cascare le braccia a terra «No fucili veri?» sussurrò, sconsolata
«No fucili veri» commentò Sebastian, scuotendo la testa con gravità.
La cameriera cadde in ginocchio, inconsolabile, così Finnian poté riprendere il suo ruolo originale.
Estrasse felicemente un pupazzetto di Grell con due bottoni per occhi e i denti digrignati in un sorriso. Era per Sebastian, con (citando le parole del bigliettino) “l’augurio di non scordare che il mondo è cattivo e pericoloso”. Secondo Yana, era una specie di promemoria.
Sebastian inorridì ma prese comunque il pupazzetto temendo che avrebbero potuto togliergli dei punti.
«Ed ora …» fece Finnian, con un sorriso a sessantaquattro denti estraendo una cosa a casaccio «Un regalino per … Bard!».
Era una pianta dell’AIL. Il biglietto recitava “Con la speranza che sia servito a curare un bambino dai morbi mortali a cui tu hai … ehm … accennato”
«Carina …» commentò il cuoco, sollevandola in alto «È un bel regalo tipicamente natalizio. Grazie Yana» bofonchiò mettendosela sottobraccio
«E non è finita qui!» annunciò il giardiniere, raggiante, tirando fuori un sacchetto di sementi di prima qualità, dedicate a Sebastian “con l’augurio di non morire di fame”.
Mentre Finnian consegnava l’ultimo regalo dello scatolone a Tanaka-san, un paio di infusi di the aromatici e delle tazzine nuove in un sacchetto, Ciel si accorse di una busta quasi piatta.
«Sebastian!» ordinò «Portami quello!».
Sebastian si mobilitò immediatamente, prese con grazia la busta e la consegnò al suo Bocchan.
«E ora aprila».
Per lo stupore e il piacere di tutti, dentro la piccola busta piatta c’erano un sacco di fogli. E nei fogli c’era un disegno per ognuno dei Kuroshitsujiani, accurato come solo la sensei Toboso riusciva a fare.
Nel primo, dedicato a Finnian, cosa che fece arrabbiare enormemente Ciel, c’era un paesaggio particolare, di campagna. Lui era seduto sotto un enorme ulivo, addormentato serenamente. A sorpresa, era appoggiato anzi abbandonato sul manto caldo e candido di Plute, mentre sulla sua spalla si era accovacciato il suo uccellino.
Attorno a lui c’era un paesaggio sconfinato, tutto pianura, con poche colline e alcuni vastissimi campi di grano e dettagliatissimo. Si poteva scorgere in lontananza persino una piccola fattoria.
L’intero disegno esprimeva una pace infinita che contagiò anche il proprietario esterno del disegno.
Finnian sospirò, mentre si scopriva quello di Bard. Era semplicemente lui che finalmente cucinava qualcosa di più sfizioso dei piatti di Sebastian e il Bocchan gli sorrideva.
In quello di Meirin c’era raffigurata semplicemente lei, però vestita da zero zero sette, ma senza occhiali. Ed era una cosa che lasciò tutti allibiti: e chi li aveva mai visti gli occhi di Meirin?
Quello di Tanaka-san era lui in mezzo a una foresta, solo, con la sua bella tazza di thè che beveva. Un’ennesima rappresentazione di Buddha.
Quello di Ciel rappresentava lui stesso con la sua famiglia, solo nella versione che avrebbero avuto se fossero sopravvissuti fino ai giorni nostri. Ciel lo accettò senza dire nulla.
Quello di Sebastian … bhè, c’era solo Sebastian con un mucchio di teneri, pucciosi gattini morbidi e carini sparsi in giro.
E alla fine c’era un disegno che, si vedeva da un chilometro di distanza, non era di Yana Toboso. Insomma c’era Grell che strizzava Sebastian ridendo in uno stile tutto particolare.
Sotto c’era scritto “Spero che si avveri. Kore demo shitsuji death!”. Evidentemente Grell era riuscito a immischiarsi anche negli affari che non lo riguardavano, spedendo il proprio disegnino al suo Sebas-chan.
Sebas-chan non sopportava, per la cronaca, Grell.
Per gli Hellsing erano arrivati diversi pacchettini piccoli e, in più, un grosso pacco di cartone spesso sui cui lati erano disegnati scarabocchi assurdi delle facce di Walter, Alucard e Seras. Integra non faceva la sua comparsa, perlomeno all’esterno del pacco, ma non si poteva dedurre se fosse una cosa preoccupante o meno.
Alucard tagliò lo scotch che sigillava la parte superiore utilizzando un canino affilato, poi aprì le due linguette
«Ecco qua … uhhhh!» gioì, deliziato «Guardate, ci hanno mandato delle magliette ufficiali!»
«A me non sembrano ufficiali» borbottò Walter, sbirciando dentro il contenitore «Beh, o perlomeno, se sono ufficiali, le hanno fatte su misura adesso: prima non erano in commercio»
«Fantastico, le hanno confezionate solo per noi!» Alucard tuffò le sue enormi manone inguantate dentro il pacco e tirò fuori la prima confezione che conteneva una maglietta bianca con due grossi cerchi rossi disegnati sul petto «Questa è per te, Seras» disse sicuro, senza neppure controllare il cartellino al collo
«Davvero Mastah?» la Police Girl fece un salto, enormemente felice «Wow, Mastah! Che bello, il primo regalo è per me».
Walter sghignazzò malignamente mentre Seras si infilava quella maglietta che … ehm, diciamo che era fatta per esaltare una sua particolare caratteristica anatomica. Con due cerchi rossi. Ok, certo, questa era stata un poco cattiva … Sulla schiena della maglietta, anche in questo caso, vi era una scritta segreta che recitava:
“Questo capo d’abbigliamento risalta la cosa più bella di me. Io ho dei grandi … occhi.
Il bianco li risalta, non è vero?”.
L’effetto generale era così demenziale che persino il Master Integra si lasciò sfuggire un sorriso di apprensione, sorriso che svanì quando il vampiro in rosso le passò la sua maglietta
«Kohta ha pensato anche a te, my Master» sibilò Alucard, terribilmente compiaciuto, mentre porgeva a lady Hellsing un grosso involto rosso.
Integra svolse la felpa e quasi, dico quasi, arrossì nel guardarla: davanti c’era stampata la faccia del nosferatu Alucard e sotto di essa una scritta in giallo
“La cosa che amo di più al mondo”.
Integra raccolse la felpa e la sbattè dietro la testa di Alucard con tutta la forza possibile
«Baka!» strillò
«Ma Master, io non c’entro niente!» piagnucolò il vampiro, accovacciandosi sopra lo scatolone «Sai bene che non ho avuto nessuna possibilità di scegliere le magliette …»
«Lo so. Ma stavi sorridendo»
«Ho una paralisi facciale, credevo che ormai lo sapessi!»
«Uh …» Integra indossò la felpa senza fare una piega e si voltò a controllare cosa accadeva alle sue spalle, ovvero il putiferio scatenato dalla squadra della famiglia Phantomhive.
In quel momento, Alucard scorse la scritta sul dorso della felpa
“Ho sbagliato disegno. Questa è la cosa che amo più al mondo:”.
E sotto la scritta, che sembrava composta da oro laminato, era accuratamente rappresentato un enorme sigaro fumante. Alucard si sentì cascare le braccia: non si stupì affatto quando udì il tonfo sul pavimento e, abbassando lo sguardo, notò che le proprie mani erano finite per terra.
«Il Mastah sta cambiando le braccine?» domandò Seras, perplessa, guardando intensamente un braccio sul pavimento e sbattendo le palpebre ipnoticamente
«No, gli sono solo cascate per la sorpresa. Che ti aspettavi?» fece Walter, incrociando le braccia e appoggiandosi al muro «Kohta è cattivo …» mormorò poi fra sé e sé il maggiordomo.
«Che succede?» chiese Integra, che non poteva ovviamente capire il motivo della perdita degli arti superiori del suo vampiro. Non ricordava che avessero un cambio annuale degli arti … poteva essere un problema se Alucard cominciava a cadere a pezzi per la casa ...
Il Nosferatu si chinò con flemmatica, in apparenza, calma e si riattaccò le braccia «Niente, mi sono solo cadute»
« “Mi sono solo cadute”? Ma per quale motivo ti sarebbero dovute cadere le braccia?»
«Per la scritta» rispose, sincero, indicando con un dito la maglietta «Anzi» si corresse «più che altro è per l’immagine»
«Alucard, ti ordino di dirmi cosa c’è scritto e disegnato dietro questo benedetto indumento!»
«C’è scritto  “Ho sbagliato disegno. Questa è la cosa che amo più al mondo”… e … uhm … di sotto c’è un sigaro. Lo sapevo, tu ami sempre e solo i sigari! E se poi ti vengono i polmoni neri e i denti gialli? Poi ti puzza il fiato e diventi dipendente …»
«Ma Mastah!» protestò Seras «Il Mastah, Mastah … lo sai che il Mastah è già dipendente, Mastah»
«È già dipendente» tradusse Walter, senza staccarsi dal muro e fissando a turno i suoi compagni di squadra
«In effetti … bhè, ma poi stai male, tossisci … e se vuoi avere un bambino, poi?»
«Mastah libere dal fumo! Olèèè!» strillò Seras, alzando le braccia al cielo e sorridendo in modo così largo che più lo guardavi e più si allargava. E diciamo che non era solo un effetto ottico.
«L’originale era “Mamme libere dal fumo” … ma Mastah va bene lo stesso» fece notare il maggiordomo degli Hellsing, avvicinandosi agli scatoloni «Ma spero che tutto il regalo di Kohta Hirano non consista in una felpa che dice quanto Integra ama i sigari e quanto Seras … ehm … quanto il bianco risalta i suoi occhi. Il mangaki ci ha lasciato senza niente, a noi poveri maschietti?»
«In questo caso …» disse una voce dietro le sue spalle. Ecco, come volevasi dimostrare, Alucard non voleva rimanere a bocca asciutta, visto che si era appena trasformato nella sua versione giovane, un pò rompi e femminile. Ehm, molto femminile …
«Alucard» Fece Walter, alzando un indice come ad ammonirlo «Non fare la ragazzina …»
«Ma io sono una ragazzina!»
«È questo il problema, bastardo! Torna subito com’eri prima ...» poi si accorse che suonava troppo come un ordine, e lui non doveva dare ordini sennò suonavano lui «Per favore».
Vide trasformarsi una ragazzina, solare e, si, un pò rompi, in un … cadavere. Orrendo, essiccato e marcescente, che cadde al suolo come un sacco di patate, con i capelli bianchi e sfibrati. Diciamo che Integra lo aveva trovato più o meno in questo stato la prima volta che lo aveva conosciuto.
«Ma che carino» commentò sarcastico, chiudendo gli occhi e portandosi un indice alla tempia, mentre Seras scoppiava a piangere e sporcava la divisa di sangue, cosa che certo non migliorò l’umore del maggiordomo «Non così prima. Nella versione vampiro enorme vestito di rosso con qualche problema di paralisi facciale e di lunghezza degli arti».
Finalmente Alucard si decise a tornare nella sua forma più popolare, mentre Walter estraeva una maglietta a casaccio dal mucchio di abiti fornitigli dall’insidioso mangaki.
«Ehi, penso proprio che questa sia tua, Cadavere»
«Mia?» Alucard si indicò e diede un’occhiata alla maglietta «Oh, che splendore splendidevole! Dai qua, maggiordomo, immediatamente»
«Se ci tieni tanto …» Walter socchiuse gli occhi con aria malandrina e gli passò l’indumento.
Era una maglietta di colore bianco, con sopra stampata la forma di una giacchetta bianca, una sciarpa poggiata sulle spalle e una cravatta. Al livello dello stomaco era stampata una scritta rosa in corsivo
“Girly (card) inside.”
Alucard sollevò la maglietta
«Ca … carina»
«Sei una ragazza, dentro, Mastah?» chiese Seras, con fare curioso «Io pensavo che dentro eri uno con i baffi che impalava la gente, Mastah»
«Così credevo anche io, Seras, così credevo … oh, ma guarda Walter, c’è una maglietta anche per te» Alucard allungò una delle sue lunghissime braccia e tirò fuori un nuovo pacchetto con sopra scritto “per Walter-san, cruccio dei maggiordomi”.
Walter aggrottò le sopracciglia, il faccino rabbioso
«Non mi piace, non mi piace affatto come inizio …» disse, incrociando le braccia
«Dai, aprilo!» lo esortò Alucard, sorridendo ampiamente
«E va bene … ma solo perché probabilmente, se non lo faccio, ci leveranno dei punti».
Walter aprì l’involto e scoprì una maglietta rossa con sopra stampata la faccia di Girlycard, ovvero, per chi ancora essendo tardo di mente non lo ha capito, la forma giovane e femminile di Alucard. Sotto il lezioso faccino, con un sorrisetto dentato che avrebbe fatto invidia ad uno squalo, c’era scritto
“L’amore della mia vita … ”.
Walter indossò la maglietta e sospirò
«Ah, se solo non fosse diventata così brutta …» accarezzò con una mano l’immagine stampata sul petto, quasi affettuosamente « … Se solo non si fosse trasformata in un maschio con gli arti sproporzionati, incapace di pettinarsi, con i capelli che vanno da soli per i fatti loro e un naso che farebbe invidia a pinocchio …»
«Walt, non dire così!» Alucard ringhiò «Io non sono brutto!»
«No, ma non rientri nella mia classifica personale di bellissime persone, credimi …»
«Uh … »
«Beh, voltati, maggiordomo» intervenne Integra «Non vorrei che anche nel tuo caso ci fosse, come dire, il trucchetto stampato sulla schiena … e poi quei tre punti di sospensione dopo “l’amore della mia vita” mi rendono sospettosa».
Walter, di malavoglia, girò su stesso e diede le spalle al gruppo. In effetti, come c’era da aspettarsi, ci stava il trucco: sul dorso era stampato Vlad l’impalatore in atteggiamento piuttosto aggressivo, con lo spadone in mano e un campo di impalati che faceva da sfondo. E sotto la fatidica scritta:
“… E non mi importa se ogni tanto la mia bella si trasforma così!”
Alucard ridacchiò malignamente
«Vlad non ne sarà felice».
Tutto il gruppo lo guardò e tutti aggrottarono le sopracciglia
«Ma non sei tu Vlad?»
«Beh, si, insomma … si e no … lui è la mia primigenia personalità, il mio più profondo ego, il mio subconscio …»
«Non devi farci una lezione su Freud, vampiro» tagliò corto Integra, stringendo il sigaro fra le dita «Cosa vorresti dire?»
«Esattamente quello che ho detto! Non posso spiegartelo mica in due parole … ok, per farla semplice, così lo capisce anche la Police Girl: la mia testa è come una grande stanza. In questa stanza, vivono tutte insieme tante persone diverse. C’è Girlycard, per esempio, poi Boycard, Bondagecard cioè il cadavere di prima, e poi Riocard, quello più elegante, il Conte Dracula, quello che ispirò Bram Stoker, Alucard, ovvero me, e infine c’è Vlad, il capo. Nella mia testa si vive di Vladcrazia …»
«Molto interessante» lo interruppe il maggiordomo «Ma spiegacelo dopo il casino che c’è nella tua mente, ora vogliamo i regali»
«Non si dice casino!» proruppe Alucard, indignato «Non è una parolaccia?»
«Bordello ti va meglio?»
«Sei proprio un maggiordomo insolente! Ehi, e la mia testa è perfettissima!»
«Si, come no, ci saranno dozzine di occhietti rossi vaganti e saltellanti, insieme a un tizio in armatura medievale che insegue le tue varie forme urlando “vi impalo”. Ok, adesso concentriamoci sui regali … guarda, c’è un giubbotto per Integra».
Il giubbotto in questione era la replica perfetta di quello, con la pelliccia, che Vlad l’impalatore indossa nel quadro più famoso (e probabilmente brutto) che lo ritrae: rosso aranciato scuro, con un colletto bruno e folto. In questo caso la pelliccia non era vera, ma un buon surrogato sintetico. Sia mai che la redazione incoraggi l’acquisto di pellicce vere e, comunque, che spenda troppi soldini per i detenut … ehm, volevo dire, per i partecipanti del concorso.
Alucard strappò il giubbotto di mano a Integra e ci passò contro la guancia
«Il mio cappottino!» mormorò, quasi con le lacrime agli occhi di commozione
«No!» ringhiò Integra, riprendendosi bruscamente il capo di abbigliamento «Questo è il mio cappottino».
Alucard si ritrovò rannicchiato in un angolino a disegnare cerchi per terra con un dito, depresso. Il suo cappottino bello con la pelliccia! Perché Kotha Hirano doveva essere così cattivo? Ed è possibile mai che neanche per un istante, per la testa del vampiro, passò l’idea che questa potesse essere colpa dei cattivissimi, spietati, autori che li costringevano a fare tutto questo?
Fu il turno di Walter, questa volta, quello di ridacchiare, poco prima di estrarre dallo scatolone un pupazzo
«Guarda Seras, è il cannone Halconnen di peluche!»
«Beeelllo!» strillò Seras, saltellando e ondeggiando sinistramente sul posto «Grazie mille a chiunque me lo abbia mandato, mi piace tanto tanto!» e detto questo afferrò il cannoncino Halconnen lungo cinquanta centimetri, se lo strinse al … petto … e iniziò a saltellare per tutta la stanza, iper contenta.
Walter si posò una mano su una tempia
«Ma guarda come è facile fare contente le bambine» mormorò
«E tu di bambini dovresti saperne qualcosa» commentò malignamente Integra, posando una mano sulla testa del “ringiovanito” Walter, molto più basso di lei
«Lady Hellsing, non è necessario che mi faccia notare ogni quattordici secondi la mia altezza»
«Ma se è la prima volta che te lo faccio notare?».
In realtà, Integra non perdeva occasione per rinfacciare la storia dell’altezza a Walter: quando si trovavano in cucina apriva gli sportelli sopra la testa del maggiordomo solo per far vedere che quest’ultimo non ci arrivava con la testa, oppure faceva commenti del tipo “questa finestra è così piccola che solo Walter potrebbe passarci”.
E il maggiordomo, logicamente, era seccato e stressato, ma essendo un maggiordomo non aveva altra scelta se non quello di chinare la testa (come se non fosse già abbastanza basso) e obbedire come un bravo bimbo.
Integra infilò una mano dentro la scatola e ne tirò fuori un pupazzetto di peluche a forma di padre Alexander Andersen. Per chi non lo conoscesse, nella realtà padre Andersen era un prete che somigliava ad un cinghiale, o forse un grosso orso, alto all’incirca due metri e sette, con un torace largo come una botte, una faccia dalla mascella pesante ispida di barba, gli occhiali rotondi perché come la metà dei personaggi di Hellsing era terribilmente miope, ed una fissa per i coltelli da tort … ehm, volevo dire le baionette benedette d’argento. Insomma, un vero mostro.
Il pupazzetto era fatto per sembrare carino. Dico sembrare perché, nonostante la faccia tonda e morbida, la barba ispida disegnata a pennarello e il sorriso pieno di denti piatti stile “cavallo selvaggio” gli davano quell’aria psicopatica e massiccia che è tipica degli unni. Per l’appunto, questa deliziosa creazione artistica, aveva un cartellino al collo, che recava scritto
“Per Seras, che si ricordi del suo primo nemico”.
Integra porse il pupazzetto alla Police Girl e questa lo prese in punta di dita. Lei odiava padre Andersen. Odiava i suoi capelli pettinati male che somigliavano alle spine di un porcospino morto, però gialle come la polpa delle banane. Odiava i suoi occhi piccoli e iniettati di sangue. Odiava il fatto che il suo unico hobby fosse infilare baionette d’argento dentro il suo corpo e dentro quello del Master Alucard. Ma non poteva rifiutare un regalo, specie se gli era stato passato dalle mani sacre di Integra Farburke Wingates Hellsing.
Così sorrise stentatamente e disse
«Grazie …»
«Stanotte ci dormi, con quello?» chiese Alucard, che sembrava essersi perfettamente ripreso dal suo stato catatonico
«Non so, Mastah …»
«Se non ci dormi, me lo regali?»
«Non posso regalare un regalo, Mastah!»
«Va bene, Seras … spero ci sia qualcosa del genere anche per me»
«C’è, fidati, c’è …» li interruppe Walter, lanciando un pupazzetto di peluche a forma di Integra verso Alucard. Al vampiro si illuminarono, letteralmente, gli occhi
«Ti chiamerò Teggy!» esclamò, raggiante «E staremo sempre insieme!»
«Alucard, sei patetico» commentò lady Hellsing, massaggiandosi le tempie con gli indici, il sigaro stretto fra i denti
«Ah, io sarei patetico?» Alucard allungò un braccio dentro lo scatolone e ne trasse una scatola di smarties mezza vuota «E allora cosa ne pensi del regalo che ti ha mandato Penwood?»
«Pen … come osa quella mezza calzetta di un politico fallito! Smarties?»
«Beh, sono smarties scaduti» Alucard controllò la data di scadenza, poi guardò dentro il pacchetto, che per la cronaca aveva anche perso la linguetta di chiusura «Ah, e ne rimangono solo tre»
«Appena torno a casa» si ripromise Integra, con il tono calmo e terribile che la contraddistingueva quando era veramente arrabbiata «Penwood mi sentirà per bene»
«Uh, poveraccio» commentò Alucard, ributtando la scatola di smarties nello scatolone «Ma guarda, c’è un trenino giocattolo!»
«Per Ciel Phantomhive» lesse nel cartellino Walter, estraendo un giocattolo a dir poco magnifico da dentro lo scatolone, un trenino color fegato rivestito di rifiniture dorate e con i finestrini di vero vetro «Hey, questo non è destinato a noi! Questo appartiene al nemico!»
«Vai a portarglielo» ordinò Integra.
Walter decise di agire con prudenza. Non si sa mai come può andare a finire, neanche quando si fanno delle cortesie ai vicini di casa … così mise il trenino ben in vista, teso davanti a se, in modo da dare tutta l’impressione di doverlo offrire e non di tenerlo per se, e poi si avvicinò alla fazione opposta
«Ehm …» disse, fingendo un leggero imbarazzo «Questo è finito per caso fra i nostri giocattoli, ma non ci appartiene. Il cartellino dice che è per Ciel Phantomhive …»
«Ridammelo, brutto straccione!» scattò il conte dai capelli blu, mettendosi in piedi con uno scatto dalla sua posizione buttata e sollevando entrambe le braccia «Quel trenino bellissimo è mio! Sebastian, strappaglielo dalle mani!»
«Ghyoi» rispose il maggiordomo demoniaco, prendendo il trenino a Walter e consegnandolo al suo padroncino.
Walter, fingendo ancora timore e imbarazzo, si voltò e tornò indietro. Alucard lo guardò con la coda dell’occhio
«Aspettavamo solo te» disse, poi tirò fuori un grosso sigaro di peluche dalla scatola e rise «So che questo coso può appartenere ad una sola persona»
«Mio» disse solamente Integra, ed Alucard, sogghignando, glielo porse
«Master, hai intenzione di dormirci?»
«Non è assolutamente ovvio?»
«Si. Ma non è l’unico peluche rimasto … ce ne sono altri … questa è Girlycard» e detto questo tirò fuori un’adorabile bambolina di pezza vestita di bianco «Per te, Walter. Scommetto che ci farai pensieri terribilmente romantici mentre te la stringerai al petto»
«No, ma che dici …» mentre Walter si prendeva il suo regalo, con un movimento lento, abbassò gli occhi ed arrossì violentemente «Io, farci pensieri romantici?»
«Luna piena, neve, Varsavia … cose così …» Alucard fece un gesto vago con la mano libera, mentre con l’altra continuava a stringersi contro il petto il pupazzetto di Integra « … Guarda, c’è un bel Vladcard, qui»
«Dove?» chiese Integra, con quella che potremmo definire, si … una certa brama.
Alucard, depresso, si rintanò di nuovo in un angolino. Non si capiva bene se fingesse oppure se avesse una ripresa terribilmente rapida, perché ogni volta riusciva a risvegliarsi dal torpore malinconico in meno di un paio di minuti e altrettanto facilmente poteva ri-deprimersi.
Integra tirò fuori dalla scatola il pupazzetto di Vlad in armatura e lo legò al sigaro come un prigioniero al palo. L’avete capita, legò l’impalatore al palo! No? Lasciamo perdere …
Walter tirò fuori un grosso orologio a cucù
«Questo deve essere un regalo collettivo … » commentò, poi fece una smorfia « … Ma giuro che se vedo uscire anche da qui Vlad l’impalatore, io lo distruggo a colpi di padella»
«Vlad o l’orologio?» domandò Alucard, che si era magicamente ripreso
«L’orologio, ovviamente».
Proprio in quel momento, si udì alle spalle del gruppo dell’Hellsing un’esplosione abbastanza forte. Seras sobbalzò
«Mastahhh!»
«Che succede?» strillò Walter, voltandosi.
Ciel stava guardando i pezzi del suo bellissimo trenino distrutto, saltato in aria, mentre tutti i componenti della famiglia Phantomhive avevano le facce nere, abbrustolite dallo scoppio del treno-kamikaze.
Mentre tutti cercavano di capire cosa diavolo fosse successo, un caso di auto-combustione oppure un sabotaggio, gli altoparlanti si animarono
«Bene!» disse la voce della conducente «Per il loro spirito di altruismo, l’Hellsing guadagna due punti! Il trenino era stato equipaggiato con alcuni, ehm, petardi che si sarebbero azionati con un timer. Se gli Hellsing avessero tenuto il giocattolo, questo sarebbe esploso fra le loro mani, ma poiché avete dimostrato di essere buoni e generosi, non solo non avete subito danno, ma aumentate il vostro vantaggio sul nemico!»
«Ma» intervenne Walter «Perché avete sottoposto solo noi a questa prova? Perché non avete dato niente di nostro ai Phantomhive?»
«Chi ti ha detto che anche loro non sono stati sottoposti … gli è stato dato un orsacchiotto di peluche che …».
BOOOM.
Lizzie iniziò a piangere sui resti del suono nuovo giocattolo, il quale era esploso in mille minuscoli pezzettini, i quali ora vorticavano mestamente sopra le loro teste.
« … Ora è esploso».
Alucard sorrise: che splendido Natale!
E ora il tabellone dei punti segnava:
Hellsing – 11
Phantomhive – 11


giovedì 12 novembre 2015

Capitolo 22 - La quinta prova - pubblicità

Cap. 22
La sesta prova: pubblicità

Era la mattina del sesto giorno e i conigli erano stati i primi a svegliarsi. Quelli di casa Hellsing grattavano impazienti da dentro l’armadio di Integra, quelli di casa Phantomhive aprirono gli occhi e annusarono l’aria proprio di fronte ai piedi di Sebastian, che aveva fatto loro la guardia vegliando per tutta la notte. Il vantaggio di essere demoni, giusto?
Per nessuno ci fu il tempo di fare colazione: gli altoparlanti diffusero la lugubre musichetta dello squalo sparata a tutto volume che rimbalzò fra le pareti della casa come spari di mitragliatrice amplificati, gli acuti dei violini che si innalzavano come urli di panico.
Ciel Phantomhive, terrorizzato nell’udire una cosa del genere mentre era ancora nel dormi-veglia, bagnò il letto di pipì e Sebastian non riuscì a sostituire immediatamente le lenzuola, visto che tutto il resto del corredo dei Phantomhive era stato stracciato e distrutto da quel mostro di Alucard.
«Sebastian!» Gridò il giovane conte, mettendosi seduto a gambe larghe nel mezzo del letto aggiustato alla meno peggio «Me la sono fatta addosso, adesso come puoi dirmi che non puoi fare niente?»
«Credevo di essere stato chiaro, Bocchan» spiegò il maggiordomo, assolutamente mortificato dalla propria incapacità di aiutare il padrone «Non abbiamo modo di sostituire quei vestiti, dovremo accontentarci … dopo colazione ti farò un bagno»
«Che schifo, Sebastian, c’è una pozza gialla! Bleah! E cosa è questa musica orribile?»
«Credo che sia l’adunata che ci chiama alla sesta prova, Bocchan».
Così com’erano, tutti spettinati ed in pigiama, e nel caso di Ciel anche un pochino puzzolenti, si dovettero ritrovare nella grande sala centrale, dove l’altoparlante non la smetteva di mandare a tutto volume quella musichetta agghiacciante, assordando i presenti.
Integra gridò
«Ma si può sapere perché non la finisce?».
Per un istante parve che la musica si stoppasse e la voce della conduttrice parlò chiaramente, con una sfumatura divertita in modo palese
«La musica non finirà finché tutti quanti non saranno radunati nella sala comune» e detto questo la melodia ritornò, più assordante di prima.
Tutti si guardarono intorno alla ricerca degli assenti: Sebastian, Ciel, Lizzie, Finny, Bard, Meirin, Tanaka-san, Integra, Alucard, Seras … Walter, dove diavolo era il maggiordomo degli Hellsing?
Integra diede un colpo dietro alla testa di Alucard, ma in maniera quasi amichevole, non studiata per fare male
«Forza vampiro» disse «Vai a svegliare quello stupido pelandrone prima che diventiamo tutti sordi!»
«Certo, my master!» gridò Alucard, per superare il volume assurdo della musica, poi schizzò su per le scale.
Walter aveva sentito quella melodia inquietante, ma era troppo stanco per alzarsi: si era tirato le coperte sopra la testa, aveva chiuso gli occhi e aveva ricominciato a dormire. Si sentiva dolorante, la spina dorsale a pezzi e i muscoli delle gambe tesi. Le braccia, poi, erano pesanti come macigni: il poveretto aveva zappato per tutto il giorno, da solo, l’intero cortile interno.
Il lato positivo era che, se fosse sopravvissuto, si sarebbe fatto il fisico di un body builder. Il lato negativo era che non riusciva né voleva svegliarsi. Peggio che andar di notte, poi, il fatto che Alucard avesse appena spalancato la porta della stanza e gridato
«Alzati e splendi, Chiccolino di Ribes, oggi è un nuovo giorno!».
Walter mugugnò qualcosa da sotto le coperte. Alucard gli si avvicinò
«Cosa hai detto?»
«Vai via!»
«Ma Integra ha detto …»
«Tu fai sempre tutto quello che dice Integra?»
«Si» disse seccamente il vampiro
«Bene, è ora che inizi a pensare con la tua testa»
«No»
«Vai via»
«No»
«Lasciami dormire» Walter si chiuse il cuscino a fagotto sopra la testa
«Chiccolino di ribes …» Alucard afferrò il cuscino e glielo strappò via dalla testa senza nessuna difficoltà, forte com’era «Ehi, se non ti svegli rischiamo di diventare tutti sordi»
«Perché?» Walter girò un poco la testa verso il vampiro, ancora assonnato «Cosa c’entro io?»
«La musica continuerà finché non saremo tutti giù nella sala grande, cioè fino a quando non ti sveglierai»
«Beh, almeno potevi svegliarmi un pò più gentilmente!» Walter sbadigliò e si avvolse di nuovo completamente nel lenzuolo, nascondendo la testa.
«Walter …».
Il maggiordomo sentì uno strano calore colorargli le guance. La voce che aveva udito non somigliava a quella, profonda e oscura, che Alucard aveva di solito … era una voce femminile, giovane, fresca, suadente.
«Walter …».
Cavolo, una voce come quella poteva appartenere ad una persona sola … ok, forse, per evitare alcuni piccoli fraintendimenti, è meglio se facciamo chiarezza. Alucard non è fatto della stessa stoffa degli altri vampiri, possiede più malleabilità persino di un Nosferatu e un pipistrello, la nebbia, o un lupo, non sono le sue forme esclusive. Lui stesso aveva già accennato, precedentemente, ad alcune sue, ehm, “personalità”. Possiamo anche chiamarle le sue Forme. Bene, si dava il caso che all’inizio della carriera nell’Hellsing, Walter lavorasse già con Alucard e quest’ultimo aveva assunto una Forma molto particolare: quella di una ragazzina. Girlycard, per i fans, ma rimaneva sempre e comunque Alucard.
Walter tirò fuori la testa dalle coperte
«Eh?» chiese e si ritrovò faccia a faccia con la creatura più affascinante che avesse mai visto.
Alucard era alto adesso persino meno di Walter, tutto vestito di bianco. Ed era quasi inequivocabilmente femmina, con quel volto dolce, e due grandi occhioni rossi dalle lunghe ciglia nere. I capelli, nonostante Integra avesse detto la sua a tal proposito, erano diventati lisci e scendevano come una cascata di inchiostro lungo la schiena della ragazzina, che si era coricata accanto a Walter nel suo lettino singolo, schiacciandosi contro di lui.
«Pensi che questo sia un risveglio abbastanza gentile?» Domandò Alucard, con quella sua nuova voce addolcita, poi rise argentinamente «Sembra che tu ti sia svegliato abbastanza, visto come hai gli occhi sgranati. Puoi raggiungerci giù, Walter? Per favore».
Il maggiordomo, rosso come un peperoncino di cayenna maturato al sol della Sicilia, scese dall’altra parte del letto per non toccare il corpo della vampiretta
«Alucard, tu sei l’essere più subdolo, bastardo …»
«Si lo so, lo so» la ragazzina scese dal letto «Che tu abbia mai visto. Me l’avrai detto un centinaio di migliaio di volte».
Una specie di aura oscura la circondò e il suo corpo mutò entro di essa, riacquistando la forma e le dimensioni dell’Alucard che tutti noi siamo abituati a conoscere
«Andiamo, Chiccolino, ci aspetta una nuova, entusiasmante prova!»
«Non vedo l’ora» borbottò Walter, poi seguì il suo compagno di disavventure strascicando mestamente i piedi.
«Bene» Disse la voce della conduttrice dagli altoparlanti «Adesso che siamo tutti qui smetterò di torturare le vostre coscienze con la musichetta (che io trovo piuttosto carina …) dello Squalo. Procedo subito con lo spiegarvi dell’imminente prova … bene, ognuno di voi, precisamente ognuno di voi senza esclusioni di sorta …»
«Anche Tanaka-san?» domandò Meirin, incredula
«Si, anche Tanaka-san, ovviamente. Dicevo, ad ogni elemento delle due fazioni verrà attribuito un prodotto. Questo dovrà essere pubblicizzato in un lasso di tempo stabilito e piuttosto subdolo, ovvero dovete creare una pubblicità decente in due minuti. Ne avrete due a testa, non un secondo di più, e la fine del tempo per la pubblicizzazione del prodotto verrà scandita dal nostro gong …»
«Come nella “Prova del Cuoco”?» chiese Bard, grattandosi la testa come se avesse le pulci
«Esatto, Bard. Dimenticavo che se qualcuno non sa come continuare basta che dica “ho finito”. Dato il loro enorme vantaggio (due punti) cominceranno la prova i Kuroshitsujiani. Ah, quasi dimenticavo! Gli elementi verranno condotti in una stanza apposita dove gli verrà consegnato il prodotto, che può essere qualsiasi cosa, e noi le vedremo comodamente da qui grazie al televisore al plasma. Il primo richiesto è …» rullo di tamburi … «Finnian!»
Finnian si alzò incredulo, felicemente incredulo, tra gli applausi di Tanaka, Bard e Meirin e fu scortato da un tizio vestito da agente dell’FBI verso una porta nascosta che nessuno aveva mai visto, perché era nascosta. NDR. “Ma va …”.
Da un sacco di Tizi Vestiti da Agenti dell’FBI vennero trasportate delle sedie, di cui Ciel si lagnò a lungo, che furono posizionate davanti a un televisore ultimo modello, ultrapiatto, e i concorrenti furono dotati di occhialini 3D. Figo, no?
Pochi secondi dopo si vide uno spaesato Finnian nel televisore che si guardava intorno, un pò nervoso
«Quando si comincia?»
«Sei in onda» disse una voce mostruosa, probabilmente camuffata da uno di quei microfoni speciali da L di “Death Note”
«Oh! Salve a tutti gente!» salutò sorridendo la telecamera «Stanchi dei … uhm … vecchi … ehm …» si perse qualche secondo prezioso a grattarsi la testa molleggiando, poi riprese raggiante, pieno di coraggio e buone idee «Stanchi delle vecchie sementi, che non fanno germinare nulla? Stanchi delle varietà teoricamente tropicali, che sono a prezzi esorbitanti, quando potresti trovarne a prezzi di molto ridotti dappertutto? E, soprattutto stanchi delle varietà di frutta e verdura, che sono sempre le stesse?» per dare più effetto, fece un enorme sbadiglio, poi sorrise radioso, agitando un indice con aria divertitamente saccente  «Bhè, dai fratelli Ingegnoli, potete trovare di tutto, ma non perdete l’occasione …» sventolò davanti alla telecamera una bustina plasticata «di poter coltivare il rarissimo cavolo-rapa nella sua versione più stramba, seppure dal sapore più delizioso, la sua varietà di un curioso colore viola! Non perdete l’occasione, perchè sarebbe un grave sbaglio!» fece il segno del pollice alzato contemporaneamente a un occhiolino da esperto, piegandosi verso la telecamera. Poi si allontanò dalla telecamera e rivolto al cielo strillò «Ho finito!». La televisione si spense all’improvviso. In realtà avevano solo coperto la telecamera con un panno, dall’altra parte.
Meirin era entusiasta della pubblicità offerta dal giardiniere, Bard fumava a metà fra l’indifferente e il non-so-cosa, Ciel continuava a lagnarsi che voleva il suo meraviglioso trono, e Sebastian tentava invano di calmarlo. Dall’altro lato erano tutti impassibili, a parte Seras che batteva entusiasticamente le mani.
«Il secondo …» annunciò l’altoparlante, accompagnata dal rullo di tamburi «È Bard!»
Finnian uscì dalla porta sorridendo, convinto, mentre Bard si alzava e andava. Si scambiarono un cinque che scaraventò il disastroso cuoco dall’altra parte della stanza. Finny corse preoccupato verso di lui, poi nel tentativo di aiutarlo ad alzarsi lo scaraventò oltre la Porta Misteriosa. Almeno aveva fatto qualcosa di buono.
Pochi secondi dopo la televisione mostrò nuovamente un qualcosa di concreto oltre il nero.
Comparve il cuoco che, convinto, teneva alta una padella. Le sue guance si riempirono di un rosso acceso, quasi peggio di quello di un peperoncino piccante di cayenna maturato al sol della Sicilia, e iniziò il suo discorso. Quello che arrivò ai nostri concorrenti, che fissarono lo schermo con gli occhi sgranati era un «Bfu … af … mnhe … fhuygth … asdf ... Aids …» e qualcuno giurò di aver sentito anche cose “Handicap” e “Parkinson”, seppure io non faccia nomi. Continuando a blaterare parole simili e irripetibili per la loro complessità incomprensibile, continuò così fino allo scadere dei due minuti. In realtà Bard non era un tipo che aveva soffriva di paura da palcoscenico, ma non sapeva precisamente che dire e senza accorgersene mormorava il suo monologo a bassa voce. E il risultato erano gloglotti da tacchino e versi simili a quelli di Chtulhu (per quelli che non lo conoscono, prego leggere Lovecraft).
Il gong risuonò assordante e fu per tutti quasi un sollievo. Era una pena vedere lì uno con una sigaretta che si guardava i piedi e con una padella in mano borbottare tutti i morbi e le malattie possibili.
«Allora» disse spavaldo agli altri servitori quando tornò al suo posto «Com’è andata?»
«Bravo, Bard» lo lodarono i due, poco convinti.     
«Ma ci diceva che eravamo scemi, Mastah?» chiese Seras, dall’altro lato, inclinando la testa al pari di un rapace notturno
«No, ci stava solo dicendo tutti i morbi che ha al cervello» commentò Walter, con un sorrisetto malandrino
«E adesso è il turno …» annunciò la commentatrice « … oh mio Dio, leviamoci il pensiero … Tanaka-san!»
Alla televisione si vide apparire l’ometto che a passetti lenti e flemmatici si posizionò al cento della visuale della telecamera.
Si sedette sul terreno nella posizione del loto e cominciò imperturbabile, agitando un qualcosa, probabilmente, un abito racchiuso in una busta trasparente a dire una lunga fila di «Oh, oh, oh» ricchi di tono e inflessioni. Insomma, immaginatevi un monologo di uno che pubblicizza un sacco di prodotti che sa parlare, e immaginatevi come gesticola. Ora metteteci al suo posto Tanaka-san, ma fatelo ancora parlare. Alla fine sostituite tutte le parole con «Oh», ma mantenete la stesso tono. E fatevi venire tutti i tic possibili ascoltandolo, tanto non capirete niente.
Allo scadere dei due minuti, suonò il gong e Tanaka-san tornò nella sala.
«Bene … è adesso il turno di Elizabeth Esthel Midd … ok, Lizzie, tocca a te!».
La ragazza mise un paio di fiocchetti sul petto del Tizio Vestito come un Agente dell’FBI e lo seguì nel luogo dove si sarebbero dovute svolgere le pubblicità.
Guardando alla televisione si vedeva lei di spalle. Forse non aveva ben capito dove si trovasse la telecamera …
«Kawai, kawai, kawai … no, per niente, non è per niente kawai» all’improvviso, con uno strillo, la ragazza si girò in un molleggiamento generale di codine «Questo coso» disse, sollevando un aspirapolvere «Non è per niente kawai, infatti è brutto, nero, con le rifiniture tutte verdi e sembra vomitato. A me mi fa schifo, perché non è per niente carino. A me piacciono solo le cose carine, come Ciel! Ciel, ciao, mi stai guardando da casa? Guardami, guardami, guardami, sono in televisione! Kawai, il mio fidanzato è Kawai! Questo aspirapolvere è brutto bruttissimo! Tutto scuro come una tomba infangata sulla quale si è seduto Sebastian il maggiordomo morticino, che però può diventare kawai se io lo vesto come si deve!».
Blaterò cose simili per tutto il tempo, finché, allo scadere dei due minuti, non dovettero trascinarla via.
«Sapete» Commentò Alucard, accarezzandosi il mento fra due dita «Mi è venuta una certa voglia di comprare quell’aspirapolvere»
«Davvero, Mastah? Tu sei strano» scosse la testa la Police Girl «Il mio Mastah è fuso»
Alucard gli scoccò un’occhiataccia, mentre la voce annunciava
«Bene, per rimediare all’orrore di Lizzie, facciamo venire in scena il nostro …»
«Brutto!» urlò tutta la fazione Hellsing
« … caro Sebastian. Va bene, so che è un pò brutto, ma, ragazzi, “il nostro brutto Sebastian” ci sta malissimo. Procedi».
Sebastian si alzò senza minimamente aspettare il Tizio Vestito da Agente dell’Fbi che lo scortasse e con un passo felino che avrebbe fatto mangiucchiare le dita ad un sacco di playboy superficiali, sparì dietro la porta. Poco dopo riapparve dietro lo schermo, con tutti in attesa.
«Come tutti ben sapete» iniziò, con tono esperto, proseguendo con tutto il rapporto di calorie che ogni cibo comporta «E ciò è terribile perché, nonostante tutto ciò che potremo prendere per dimagrire, ciò non accadrebbe. Le alternative sarebbero due. La prima è davvero triste: chi mai vorrebbe separarsi dalle bontà degli chef odierni? Chi mai vorrebbe smettere di mangiare per una stupida dieta cose del genere?» dal nulla tirò fuori un tacchino arrosto con tanto di contorno, ben speziato e con quell’involucro dorato e croccante, quel profumino che agli spettatori parve quasi di poter sentire, così buono, così invitante … in pratica tutti, sia Hellsing che Kuroshitsujiani, si ritrovarono a sbavare. Fra l’altro, da dove aveva tirato fuori un tacchino arrosto durante questo tremendo periodo di carestia?
«Ebbene? Volete davvero privarvi di tutto ciò?» dall’altra parte tutti scossero la testa con convinzione «Bhè» Sebastian sorrise dolcemente, riponendo nel nulla dal quale aveva tirato fuori il tacchino, poi prese a parlare con passione smisurata, velocemente «Allora vi consiglio di prendere il prodotto che vi farà dimagrire senza trattamenti, pesanti allenamenti, diete e pillole dall’orrendo sapore e del tutto inefficaci, o al massimo che potrebbero aiutarvi ma per la data quattromila! Ebbene, la soluzione a tutti i vostri problemi è questo …» con un gesto così veloce che nessuno riuscì a vederlo, tirò fuori dal suo amico Nulla  una scatolina con impresse in bordeaux la parola a caratteri cubitali “Kilocal” «Kilocal, da utilizzare dopo ogni pasto, provvederà egli stesso a farvi riguadagnare il vostro peso-forma e sarà facile, sicuro, per niente estenuante, e dal sapore ottimo» si drizzò in tutta la sua statura «Non ci vuole nulla, con questo prodotto, per raggiungere il vostro peso-forma perfetto senza alcuna fatica da parte vostra, ed io lo so bene. Basterà ingerire il prodotto e … i risultati saranno favolosi!» continuò così per molto tempo, declamando tutti i pro del prodotto ma senza neanche accennare ai contro, raccontò la storia del dimagrante senza esitazioni come se lo conoscesse da sempre, come se lui non fosse anoressico per fatti suoi e usasse realmente “Kilocal”.
Quando suonò il gong, tornò elegantemente a posto lanciando dignitosamente la scatola a un Tizio Vestito da Agente dell’FBI che lo afferrò al volo senza fiatare.
Tornato a posto, Ciel gli tirò una fuffola (schiaffo cruento, uh) e lo rimbrottò perché non aveva portato il tacchino a loro.
«Servirebbe a Padre Alexandah Andersen» commentò Seras pensosa, non potendo assolutamente fare a meno di dondolare facendo quello che le aveva procurato il soprannome di Agente-Budino.
Walter annuì, con aria leggermente da “sono-perso-nei-miei-pensieri”, fissando in un punto a metà fra il televisore e il soffitto.
Alucard sghignazzò e Integra rimase completamente impassibile.
La conduttrice chiamò (rullo di tamburi, «Oooohhh!») il Bocchan.
Questo si alzò con il suo bastone da passeggio a chiocciola e andò dignitosamente verso la porta, scortato da Sebastian e da uno degli addetti, perché mi scoccio a chiamarlo con quel nome astronomico.
Poi entrò e entrambi gli accompagnatori dovettero aspettarlo fuori.
Alla TV, tutti gli altri videro apparire i capelli e le spalle di Ciel che strillava «Ci deve essere stato un errore!»
«Nessun errore» lo rimbeccò la voce di mostro
«Ma io non posso pubblicizzare una cosa simile!»
«Siamo in ondaaa!» canticchiò la voce mostruosa, con un effetto terrificante.
Ciel si girò verso la telecamera e si schiarì la voce. Ficcò praticamente un occhio nell’apparecchiatura, perché fu solo questo che videro i nostri ragazzi della casa del grande macello.
«Io sono Ciel Phantomhive! Conte al servizio di Lei, l’imponente Regina! Io vengo chiamato il Cane da guardia della Regina, collaboro con Lau, che è un cinese spacciatore di oppio e conosco lo sghignazzoso Undertaker, impresario di pompe funebri in realtà Shinigami. Il mio maggiordomo fa un’invidia matta a tutte le fan girl perché è bello, snello, gentile, forte, servizievole e sa fare i lavoretti di casa e si chiama anche Sebastian Michaelis. Ebbene, io vi ordino di comprare questo coso!» e spinse con tutte le sue forze davanti alla telecamera un pacchetto già deformato da lui che, a causa dell’assenza di luce creata dall’otturamento dell’obbiettivo, nessuno vide cos’era. Poi rificcò l’occhio nella telecamera «Fatelo è un ordine. Altrimenti morite» poi si staccò finalmente dall’obiettivo strillando «Ehi, ho finitooo!»
Così riportarono anche il disastroso Bocchan nella sala
«E adesso … Meirin» annunciò la voce, senza rullo di tamburi perché i Tizi Vestiti da Agenti dell’FBI avevano deciso che si erano stancati le braccia.
«Ma che cacchio! E io che dovrei dire che sto tutto il giorno a scrivere queste benedettissime siano lodate disavventure da matti?! E a riprendere tutto, annotare, dirigere! Fate subito il rullo di tamburi, maledetti! O vi licenzio e non lo troverete mai un lavoro migliore! Ecchecavolo!» tuonò la voce della conduttrice, arrabbiata.
I Tizi Vestiti da Agenti dell’FBI non osarono controbattere e fecero subito ciò che gli era stato appena ordinato, spaventati seppure si suppone avessero una paralisi facciale più avanzata di quella di Alucard. Il risultato era disastroso: non erano in grado di creare alcun tipo di espressione, avevano praticamente la faccia paralizzata.
Meirin fuggì arrossendo verso la porta, seppure fosse timorosa. E se non fosse stata all’altezza …?
Circa sei secondi e ventiquattro millisecondi dopo (eh, sono un genio) sullo schermo apparve Meirin con un fucile in mano.
Ne iniziò a elogiare tutto, dalle caratteristiche esteriori fino ai materiali di cui era costituito. Nel frattempo, mentre parlava risoluta, accarezzava dolcemente il fucile.
«Sono sicuro» sbuffò Walter «Di riuscire a fare un’arma tremila miliardi di volte migliore»
«Non ne dubito» sogghignò Alucard, anzi, errore mio, non sogghignò, ma non è mica facile con la sua paralisi facciale capire che caspio sta pensando. Mise una manona (in proporzione) fra i capelli neri del maggiordomo, che non replicò ma continuò a guardare lo schermo con espressione strafottente del tipo “Ehi, guarda che io lo so fare molto meglio!”.
Il fatto è, che, perdendosi in smancerie verso il fucile, Meirin si dimenticò di dire che fucile era, da dove veniva, come comprarlo, e tutte le cose che si raccomandano di dire nelle pubblicità. Semplicemente rimase lì ferma a contemplare l’arma e sussurrare mielosamente tutte le sue caratteristiche più belle e non solo quelle più spiccate, ma anche quelle nascoste. Insomma elogiò il fucile che gli era stato fornito e al suono del gong se ne tornò gongolante, hihihi, a posto.
Alucard deglutì
«Ma che arma era?» domandò
«Un vecchio modello» rispose Walter «Robaccia, cose del periodo napoleonico, immagino …».
La voce della conduttrice tuonò nuovamente dagli apparecchi
«Bene, ultimate le prove dei Phantomhive, è giunta l’ora degli Hellsing»
«Bene» borbottò Walter
«Il primo candidato è … » rullo di tamburi, piuttosto spiccato, perché gli addetti non desideravano granché perdere il lavoro « … Seras Victoria»
«Io, Mastah?» la Police Girl si indicò con aria smarrita, poi saltellò verso la sala della pubblicità.
Lei comparve sul grande schermo solo dopo quattro o cinque minuti, proprio nel momento in cui Alucard, impaziente, stava per sparare alla televisione al plasma. Era vestita … ok, non era molto vestita, diciamo che era in costume da bagno, un bikini striminzito giallo banana a righe viola. Era una cosa impossibile da vedersi, quel costume, ed era più che sicuro che ci sarebbero volute grandissime doti per vendere ad un pubblico da casa una roba del genere.
Ok, direte voi, Seras dove le ha queste grandissime doti? La risposta è piuttosto semplice.
«Eccomi a voi!» disse, spalancando le braccia.
Nella sala grande, Bard aveva un rivolo di bava che correva fino a metà petto e non accennava ad arrestarsi, minacciando di arrivare fino ai piedi. Finnian si era messo a quattro zampe per terra ed ululava supplicante cose che non posso ripetere … semplicemente perché erano del tutto incomprensibili. Tanaka-san aveva avuto un collasso improvviso e giaceva a gambe all’aria ripetendo «Oh-oh-oh» ritmicamente, come il verso di un animale ferito. Walter aveva spalancato la bocca e l’improvviso aumento della pressione sanguigna, troppo brusco, gli aveva causato una leggerissima perdita di sangue dai sensibili capillari del naso.
Di tutti i maschi, solo Alucard sembrava realmente interessato all’intento pubblicitario dell’apparizione
«Ah, non riuscirebbe a convincere nessuno» commentò, indicando il due pezzi striminzito, di pessimo taglio, e giallo-viola che portava addosso la Police Girl
«Non dirmi che stai veramente guardando il costume?» chiese Walter, asciugandosi il rivolo di sangue con il dorso della mano
«Questa è una pubblicità» replicò stizzito Alucard «Cosa diavolo dovrei guardare?» poi, all’improvviso, girò la testa verso il maggiordomo «Ho appena trovato cosa guardare» sussurrò, estasiato
«Cosa?» Walter saltò sulla sedia «Eh no, però, guardati Seras, non me …»
«Ho molto più interesse verso ciò che mi accade accanto che non verso ciò che accade su quello stupido schermo al plasma» continuò Alucard, imperterrito
«Tu sei un gay di prima categoria!» ruggì Walter, facendo voltare verso di lui tutte le ragazze, mentre i ragazzi erano troppo impegnati a controllare il flusso di bava
«G … gay?» Alucard ridacchiò «Non potevi trovare aggettivo infamante meno adeguato per un uomo come me …»
«Stai indietro!».
Alucard tirò fuori una lingua che avrebbe fatto invidia ad un erbivoro, niente affatto umana, con la punta affilata, come quella dei rettili. Walter si sentì paralizzato quando le enormi mani del vampiro lo afferrarono per le spalle e all’improvviso un senso di nausea lo assalì, insieme a un certo sollievo, quando Alucard iniziò a leccare il sangue che gli scendeva dal naso. Ah, ecco che cosa gli era preso …
«E così» concluse Seras, alzando un pollice «Vi dovete comprare questo computer … ehm, voglio dire, questo costume, Mastah!».
Proprio in quel momento suonò il gong. Sebbene i ragazzi sbavanti attendessero con ansia che Seras tornasse con il costume, cinque minuti dopo la police Girl era rientrata con la sua classica divisa. Si avvicinò ad Alucard, che nel frattempo aveva smesso di leccare la faccia di Walter
«Come sono andata, Mastah?»
«Malissimo … per la tua esibizione, immagino, ci toglieranno dei punti» commentò rabbuiato il vampiro capo
«Rilassati» lo consolò Integra «Immagino che per un’altra esibizione del genere, i maschietti della fazione nemica sarebbero persino disposti a cederci punti»
«Oh … sarebbe fantastico».
La voce della conduttrice si rianimò e uscì vigorosa dagli altoparlanti, divertita
«E dopo l’esemplare prova di Seras Victoria, è giunto il momento di Walter C. Dorneaz».
Il maggiordomo si alzò dignitoso e fu scortato dall’addetto nella sala della pubblicità. Dopo una trentina di secondi, lo schermo al plasma si accese e comparve il maggiordomo, ben sistemato con petto in fuori e pancia in dentro
«Signore e signori» disse «Ecco a voi il prodotto che rivoluzionerà la vostra vita: la serie perfetta dei coltelli Miracle Blade. Ma signore e signori, direte, abbiamo già udito questo nome! Infatti, questi splendidi coltelli …» e mentre parlava tirava fuori da uno splendido ceppo in legno dei grossi arnesi fatti per affettare che sarebbero stati perfettamente in mano ad uno psicopatico, magari ad Alucard « … Hanno una fama a dir poco internazionale e numerosi atti dimostrativi sono stati effettuati su di essi. Poiché il tempo stringe, vi farò semplicemente osservare la perfezione della loro lama».
All’improvviso tirò fuori un grosso melone giallo con la buccia rugosa da sotto il bancone. Dopo averlo rigirato per farlo vedere meglio al pubblico, lo lanciò in aria e nel mentre lo affettò con il coltellaccio, andando così veloce che il suo braccio quasi non si vedeva. Avete presente come fanno i samurai nei cartoni animati, che passano velocissimi con la spada, il nemico ride e sembra illeso ma all’improvviso si spacca in due pezzi? Accadde qualcosa di molto simile: il melone ricadde pesantemente sul ripiano del bancone e fu lì che si spaccò in tanti piccoli pezzettini.
Walter fece un inchino e poi mormorò
«Ho finito e grazie della gentile attenzione».
Alucard si protese verso lo schermo al plasma, allungando le dita come gli artigli di un predatore sul povero animaletto indifeso
«Voglio quei coltelli!» esclamò, quasi in un singhiozzo
«Tu vuoi tutto quello che vedi alla Tv» commentò Integra, aspramente
«Sul serio» mormorò Sebastian, pensando di non essere udito, ma dimenticandosi della presenza di orecchie non umane all’interno della stanza «Mi farebbero comodo questi Miracle Blade».
Walter arrivò trionfante, pensando di aver fatto un’ottima esibizione, e chi poteva dargli torto? Di certo non aveva eguagliato Sebastian, ma, per essere solo un umano, aveva fatto il massimo.
La voce degli altoparlanti chiamò il concorrente seguente
«Tocca a te, Integra Farburke Wingates Hellsing, figlia di Arthur e bla bla bla … forza Master!».
Integra si alzò e prese a braccetto l’addetto, il quale sembrava sconcertato da quel gesto. Fu lei ad accompagnare lui nella saletta della pubblicità, non viceversa.
Quando Integra comparve dall’altra parte, sembrava radiosa. La sua espressione, invece che seria, o malvagia, sembrava terribilmente distesa e felice, la tipica faccia che si fa quando si è in vacanza e senza nessun pensiero di sorta. Alucard si riappiccicò allo schermo, abbracciandolo, tanto che dovettero tirarlo via tutti insieme, prendendolo per braccia e gambe
«Se Integra fa quella faccia» disse, una volta che l’ebbero schiaffato di nuovo contro la sedia «Compro tutto quello che vuole, proprio tutto … »
«Attento» lo ammonì Walter, assumendo la sua miglior faccia malandrina «Non sappiamo neanche di che cosa si tratta, potrebbero anche essere mutande a cuoricini da quanto ne sappiamo …».
Alucard scosse la testa, convinto della sua personale teoria secondo cui mutande a cuoricini non avrebbero potuto fare felice il suo Master. E, beh, aveva ragione.
«Sigari cubani Azzer» Disse semplicemente Lady Hellsing, accendendosi sorridente un grosso sigaro bruno tirato fuori da una lussuosa scatoletta dorata «Ecco cosa ci serve per una bella pausa …».
E detto questo cominciò a fumare. Sembrava una di quelle pubblicità dei profumi dove si dicono si e no due parole, ma hanno in mezzo un mucchio di suggestione. Per qualche strano motivo, la luce che filtrava dalla finestra dietro di lei era diventata dorata e il fumo che saliva dal sigaro assumeva forme diverse e ipnotiche, tante figure in cui sembrava di poter scorgere di tutto.
Alucard era affascinato
«Il Master è come Gandalf» disse «Dalle del fumo e ti disegna anche la Gioconda, solo che la vedrai camminare, cantare e ballare …».
Quando il tempo finì, Integra tornò a sedersi al suo posto accanto ad Alucard e il vampiro fu terribilmente deluso nel vedere che la faccia del suo Master era tornata la stessa di sempre, seria con quella leggera sfumatura truce, e senza traccia della felicità che aveva comunicato nello spot di poco prima. Il vampiro in rosso si alzò
«Va bene, va bene» disse «Non c’è bisogno che mi chiamiate, lo so da me: vado».
L’ultimo concorrente della prova. Quando la televisione si accese, Alucard aveva una faccia da pazzo, sadico, esaltato, che pensavano tutti stesse per pubblicizzare un farmaco contro le crisi di ira, o di follia, o non so, di personalità multipla. Vedere i suoi dentoni animaleschi in primo piano su un televisore al plasma non è proprio il sogno di ogni spettatore, ma soprassediamo …
«Ho due minuti di tempo per convincervi a comprare i dvd di Hellsing» Disse il vampiro, allontanandosi un poco dalla telecamera in modo che tutta la sua faccia si vedesse meglio e i dentoni non fossero troppo in primo piano «Pensate che io ci possa riuscire?» allargò le braccia «Io dico che vi basta sapere che si tratta di una serie entusiasmante, incalzante, ricca di colpi di scena, con la violenza realistica di una vera guerra, combattuta in una Londra devastata da un conflitto che ritorna nei secoli … azione, riflessione, scene magistralmente dirette, una colonna sonora di tutto rispetto e il miglior assortimento di tematiche che si sia mai visto in una manga. Vampiri, licantropi, nazisti, l’eterna lotta della cristianità contro l’eresia ed infine una bella digressione storica con tanto di esercito della Valacchia, e naturalmente ci sono anche io … no, non state sognando, questo cartone animato esiste. Hellsing» e d’improvviso lo schermo si oscurò del tutto.
Non erano ancora finiti i due minuti, ma per qualche strano motivo Alucard aveva scelto di … no, non aveva coperto la telecamera con il panno. All’improvviso dozzine e dozzine di occhi rossi comparvero nel buio, brulicando come formiche in un formicaio, sanguigni, alcuni con riflessi dorati, le pupille che si dilatavano e si restringevano … e in mezzo a tutto quell’ambaradan, comparve la testa di Alucard, senza occhiali e senza cappello, di nuovo con i dentoni in mostra.
Solo che adesso faceva davvero paura, ma quel terrore che gli dava il suo fascino oscuro, quello del vampiro … quando il gong, all’improvviso, suonò di nuovo, per la paura Ciel liberò gli ultimi, magri, residui della sua debole vescica.
Sebastian si imbarazzò al posto del suo padroncino, come ormai era normale vedere.
Alucard spuntò imbronciato e si sedette accanto a Integra, incrociando le braccia
«Uffi» borbottò «Mi hanno dato troppo poco tempo»
«Ah, mio servo, però … per gli appassionati del genere sarebbe un’ottima pubblicità».
La voce degli altoparlanti annunciò che si sarebbero dati i punti secondo alcuni criteri
«La pubblicità più originale guadagna un punto. Un punto per Bard e le sue “malattie letali”»
«Bravo Bard» lo lodò Sebastian «Come puoi vedere, anche questo genere di talenti sono lodati»
«Lo so!» il cuoco Bardroy si battè il petto «Sono un grande!»
«La pubblicità più scioccante guadagna un altro punto. Un punto a Seras e il suo costume giallognolo stinto con strisce violacee»
«Evvai, Mastah!» Seras balzò per un’altezza di due metri e riatterrò in braccio ad Alucard «Sei contento, eh, sei contento Mastah?»
«No»
«Ma Mastah …»
«Ok, si perché ci hai portato punti!»
«Evvai!».
La voce degli altoparlanti si schiarì con un colpetto di tosse
«Per la pubblicità più suggestiva: Alucard. Due punti tondi tondi»
«Perché, si possono dare anche con la virgola?» domandò Sebastian, incuriosito
«Si. Ma Alucard merita solo punti tondi, perché chi nasce tondo non muore quadrato»
«E questo, di grazia, cosa c’entra? E il vampiro non è tondo» Sebastian indicò Alucard «A questo punto dovreste dargli solo frecce»
«Frecce?»
«Un particolare del suo volto, se visto davanti …»
«Ah, si, il naso. Ma adesso sta zitto Sebastian, lo sappiamo che vuoi essere premiato, ma non ora. Dicevamo, per Alucard, che mi ha letteralmente convinta a comprare i dvd di Hellsing, visto che li ho appena ordinati su internet, due punti. Ok, e adesso, per la miglior pubblicità assoluta: Sebastian. Tre punti».
Adesso il tabellone recitava:
Hellsing – 8
Phantomhive – 11
Una magnifica ripresa con stile. Sebastian era molto fiero della sua fazione, ma ancora non capiva come il triste monologo di Bard avesse fatto a fargli guadagnare punti …


Capitolo 21 - La lunga sera di una lunga giornata di un lungo mese di un lungo anno

Cap. 21
La lunga sera di una lunga giornata di un lungo mese di un lungo anno

Quella sera tutti si trascinarono alla tavola stanchi (esclusa Integra), ma estremamente soddisfatti (inclusa Integra).
Purtroppo dalla Dark Side, non era rimasto del cibo e da lì insorse la discussione più terrificante di tutti i tempi
«Io continuo ad essere convinta che, visto che l’orto non darà i suoi frutti in venti secondi e non abbiamo voglia di farci salassare» Lady Hellsing lanciò un occhiata calma prima alla mucca che camminava allegramente per i corridoi e poi ai vampiri «Dobbiamo o praticare del cannibalismo, o mangiare Walter …»
«Ehi!» protestò il maggiordomo «Non vorrete mica dire sul serio! E poi sono anche io un essere umano, no?»
«Sei un essere umano, ma sei un maggiordomo e quindi senza dignità e inferiore, tenuto a fare tutto ciò che il suo padrone gli ordina di fare. Bhè, l’ultima opzione praticabile è … bhè, mangiare i conigli. Ovviamente quelli della squadra avversaria. Io ho una certa fame, devo dire» lanciò un’occhiataccia ad Alucard. Già, era stata proprio la sua stupida vacca da sangue a papparsi le loro provviste e quelle dei Phantomhive.
«Stupida mucca …» sussurrò, mentre Walter scuoteva la testa con disapprovazione.
«Allora che facciamo? Mangiamo Waltah-san?» chiese la Police Girl, grattandosi con aria perplessa i capelli biondi
«Certo che no! Ci mangiamo i conigli della squadra avversaria» replicò il maggiordomo dell’Hellsing, alzando un indice con aria da sapientone
«Io sostengo la Police Girl» dichiarò sogghignando il vampiro in rosso.
Walter abbassò i pugni e guardò di sottecchi Alucard
«Credevo che fossimo amici!» borbottò, rabbiosamente
«Il cane è il migliore amico dell’uomo» rispose il vampiro, assumendo un tono saggio e incrociando le dita delle mani «Eppure quando nelle fredde regioni artiche giunge la grande fame, gli uomini non si fanno scrupoli a divorare i loro stessi compagni di vita, quelli che li hanno serviti e salvati decine e decine di volte da morte sicura …»
«Si, ma qui non c’è in gioco la vita» Walter si raddrizzò di colpo «Quello che c’è in gioco qui è solo la vittoria di uno stupido, esasperante, reality. Neanche all’Isola dei Famosi il cibo si è esaurito così in fretta, è una cosa intollerabile! Gli autori stanno cercando di buttarci giù moralmente o cos’altro? Io ho perso persino la nozione del tempo … in che mese siamo?».
Tutti si strinsero nelle spalle, scrutando le facce degli altri, tutti ansiosi.
Era vero, dannazione, quel reality stava diventando esasperante eppure non doveva essere passata neppure una settimana dall’inizio di tutto questo! Integra spense il sigaro sul giubbotto rosso di Alucard, lasciandogli una bruciatura nera
«Allora dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo parlare con la redazione, dobbiamo costringerli a rifornirci di cibo»
«Costringerli?» chiese Walter «E come facciamo? Credi che non si stiano facendo delle grasse risate a vederci affamati, quelli?»
«Mastah» intervenne Seras, ma non aveva null’altro da aggiungere, così Walter continuò
«Mi sembra impossibile che una cosa del genere accada …»
«Eppure un modo deve esserci» Integra rosicchiò il sigaro spento, come per tranquillizzarsi, poi se lo infilò nel taschino della camicia «Dannazione, non mi viene in mente nulla. Alucard, tu sei lo stratega, riferisci il tuo stratagemma!».
Il vampiro in rosso parve rattrappirsi sotto la sguardo severo di Integra
«Ma, ma Master, da quando in qua sono uno stratega?» domandò
«Da quasi seicento anni, Drake. Oppure mi sbaglio?»
«No, mia signora, non sbagli … uhm … ma questa non è una guerra, qui si tratta di farci arrivare da mangiare, giusto?»
«Giusto. Immagina che tu sia in una campagna militare, all’improvviso i viveri finiscono. Vicino a voi c’è … uhm … mettiamo che ci sia l’Ungheria, giusto? Ecco, l’Ungheria è il paese più ricco e più vicino. Rappresenta gli organizzatori di questo stupido reality … ok, e l’unico modo per fare sopravvivere i tuoi soldati, Alucard, è chiedere all’Ungheria del cibo. Oppure fare in modo che siano loro stessi a consegnarvelo, nonostante all’inizio fossero riluttanti … tu cosa fai?»
«Uhm, io non ero particolarmente diplomatico … certo, a quel tempo in Ungheria c’era Mattia Corvino, il mio, ehm, fratellino … sua sorella era mia moglie, ma per ora non ci serve un’informazione del genere … e l’Ungheria nel nostro caso sono i produttori del reality. Ok, se io avessi accanto una regione in grado di fornirmi da mangiare la minaccerei: date vitto ai miei soldati oppure verrò a prendermelo!»
«Metti il caso che i magazzini del cibo siano troppo ben protetti»
«Allora incendierò i vostri campi! Rapirò i vostri bambini e le vostre donne! Ucciderò i vostri uomini! Poi ucciderò anche le donne e i bambini … eccetto le donne carine e i bambini bravi che mi vogliono bene …»
«Io non capirò mai la tua strategia …» borbottò Walter « … Ma che razza di psicologia hai? Posso ben capire le donne carine, ma i bambini bravi che ti vogliono bene?»
«Walty, hai mai sentito parlare di giannizzeri?» Alucard sogghignò «Rapiti da giovani, strappati via alle loro famiglie per essere indirizzati all’addestramento militare. Milizia scelta, le migliori guardie del corpo che si possano desiderare … i bambini che, una volta adulti, diventeranno il mio scudo»
«Sei diabolico, Alucard» commentò Integra, sogghignando «Ecco un’altra cosa che mi piace di te»
«Ah, è il principe guerriero che abita dentro la mia testa che mi ha suggerito» Alucard si picchiettò una tempia con l’indice «Vlad è bravo in queste cose, lo sai. Di tutte le personalità che possiedo, formate in tutte le ere della mia vita, è senza dubbio il migliore stratega»
«Beh, io amo quel lato di te …»
«Cosa?» Alucard sarebbe sbiancato immediatamente se non fosse stato già terribilmente pallido «Maledizione, credevo di essere io il tuo preferito! Maledetti baffi!».
Walter iniziò a sghignazzare quando il gigantesco vampiro rosso si rintanò in un angolino e Integra accennò un sorriso più dolce del solito, meno guerresco, più divertito
«Alucard» sospirò «Ma tu e Vlad non siete la stessa persona?».
Il vampiro non rispose: se ne stava lì, raggomitolato, a fare cerchi con un dito sul pavimento. Integra rinunciò al suo progetto di far capire ad Alucard quanto il suo ragionamento fosse assurdo e si rivolse agli altri due suoi servi, Seras e Walter
«Allora» disse «L’idea che ci è stata fornita è senza dubbio sensata: mettere a ferro e fuoco il territorio nemico finché questi non cederanno e ci forniranno da mangiare»
«Peccato» ribatté il maggiordomo, aggiustandosi la cintura «Che gli autori siano comodamente barricati nel loro studio che non possiamo raggiungere, dove ridono di noi sorseggiando bibite analcoliche»
«Si, Walter, ma … cosa pensi che accadrebbe se vedessero che iniziamo a distruggere le loro preziose apparecchiature? Gli schermi al plasma, i tabelloni, gli altoparlanti … le telecamere, se riusciamo a trovarle. Ed Alucard può passare attraverso i muri, quindi dubito che sarà difficile per noi riuscire a distruggere tutto. Una volta che gli autori capiranno cosa ci spinge a fare a pezzi ogni cosa, saranno letteralmente costretti a fornirci quello che chiediamo»
«Lady Hellsing» Walter si torse le mani, sudando freddo «Ma non può semplicemente essere che ci spediranno fuori dalla casa e daranno la vittoria ai Phantomhive?»
«No» a parlare stavolta fu Alucard, che si era rialzato «Ciò che loro vogliono è l’intrattenimento per loro e per il pubblico. Non oserebbero mai terminare il reality prima della fine della settimana, non credi?»
«Non saprei, Alucard …»
«Io invece lo so. Un’altra parte di me, Rio, è un vero esperto di comportamento umano e …»
«Rio, Mastah?» domandò Seras, con la voce che sembrava un singhiozzo «Come Rio casa mia, ammoniaca detergente super profumata, aha aha, forza del pulito per tutta tua casa?»
«No» Alucard si schiaffò una mano sulla faccia «Rio come Rio de Janeiro. Ormai chiamo così quella parte di me … non ve lo ricordate, quel bel signore in giacca e cravatta?»
«Alucard, fai schifo con i capelli lisci» interloquì Integra, senza tanti preamboli
«Grazie tante, Master» bofonchiò il vampiro, ironico «lo terrò a mente. Certo, a te piacciono i ricci … come un certo signor Vlad …» di nuovo fu preso dalla sconforto e si andò a rintanare nell’angolino, tracciando cerchi con il dito per terra.
Quello che gli faceva rabbia era che Integra sembrava avere davvero a cuore soltanto la parte più antica di lui, come se considerasse il suo servo solo per il suo valore storico-simbolico … Vlad di Valacchia. Ma non entriamo troppo nei dettagli o faremo troppi spoiler.
Diciamo invece che da quel momento gli Hellsing si dedicarono alla distruzione di tutto. Una cosa niente affatto difficile, visto che avevano dalla propria parte Seras, detta anche l’oscuro tifone: bastava dirle “rompi” e lei rompeva con efficienza assoluta.
Sedie, tavoli, pareti, niente le resisteva. Il frigorifero fu sfasciato in mille minuscoli pezzettini.
E proprio in quel momento la voce della conduttrice tuonò dagli altoparlanti
«Si può sapere cosa diavolo sta succedendoooo?».
Gli Hellsing si riunirono nella sala grande e Integra si fece portavoce del gruppo, di nuovo con il sigaro, spento, fra le dita
«Vogliamo da mangiare» disse «Non abbiamo la possibilità di raccogliere adesso i frutti del nostro lavoro e la mucca di Alucard ha brucato tutto, compresa la carne. Non possiamo sopravvivere civilmente senza il cibo, dovremo mangiarci Walter oppure gli avversari»
«Nessuno di voi ha pensato di mangiarsi la mucca di Alucard?»
«No» risposero tutti, all’unisono.
La voce della conduttrice sembrava allibita, in quell’istante
«Volete dire che considerate Walter inferiore ad una mucca? Ma … ma … ok, lasciamo perdere, non vi farò nessun discorso sullo spirito di squadra e sul dovere verso i propri compagni, perché queste cose dovete sbrigarvele da soli. E sia, per evitare la distruzione di migliaia e migliaia di euro vi verranno portate delle provviste, domani mattina. Ma solo a voi, i Phantomhive, se ne vogliono, dovranno avere il coraggio di chiedermele … ah, ma vi avverto che sarà l’ultimo rifornimento che verrà donato alla casa. Cercate di non farlo finire troppo in fretta e datevi da fare con le coltivazioni»
«A proposito delle coltivazioni» si fece avanti Walter, con le mani sui fianchi come per sembrare più imponente, cosa che gli giovava vista la sua attuale altezza di un metro e cinquantacinque «Come mai ci avete fornito come equipaggiamento base le sementi meno produttive attualmente in commercio?»
«Che gusto ci sarebbe se non fosse così?» la voce della conduttrice rise e poi si spense.
Walter si trascinò lentamente verso la propria camera da letto, esausto, e Integra lo imitò, un pò meno stanca, mentre Alucard si occupava del suo hobby preferito: caracollare per i corridoi con gli occhi rossi che brillano nel buio, spaventando la gente che incontrava.
Quanto a Seras … beh, lei scomparve per darsi al suo misterioso hobby preferito. Ma dove andava ogni volta, quella ragazzina, per riuscire persino a sfuggire alle telecamere?


martedì 27 ottobre 2015

Capitolo 20 - L'obbligo di tornare

Cap. 20
L’obbligo di tornare

Walter, esattamente come avrebbe dovuto fare fin dall’inizio, bussò alla porta della stanza di Integra e le chiese se avrebbe potuto chiudere i conigli nell’armadio.
«Walter, perché vuoi chiuderli nel mio armadio?» Chiese lady Hellsing, sempre con il famoso sigaro fra due dita
«Perché in questo modo saranno custoditi. Io intendo andare a preparare la cena, quindi avrò bisogno di qualcuno che faccia la guardia ai conigli e Seras e Alucard dormono come due angioletti»
«Angioletti … Alucard si sta rigirando nel sonno da mezz’ora, sogna che lo stanno frustando. A volte è spassoso vedere come soffre» un sorriso sadico affiorò sul volto scuro di Integra «Si, a volte lo è davvero …»
«Lady Hellsing» Walter indietreggiò, spaventato da quell’espressione «Allora, posso lasciare i conigli?»
«Certamente, Walter. Consegnali a me, sarò felice di proteggerli da quegli idioti dei Phantomhive»
«Grazie mille, Lady Hellsing».
Dopo aver consegnato le bestiole tenere al master, Walter si diresse allegramente verso il suo regno, la cucina. Nello stesso identico istante in cui entrò, anche Sebastian Michaelis varcò la soglia del locale.
I due maggiordomi si fissarono per alcuni istanti con aria di sfida. Sebastian era come al solito disteso, ma il suo sguardo era fisso e concentrato, mentre Walter aveva sollevato un angolo della bocca e mostrava i denti bianchissimi.
Sebastian, quasi per fare un dispetto, si mosse per primo dalla posizione di stallo e spalancò il frigorifero, poi si portò una mano davanti alla bocca per soffocare l’urlo di disperazione che stava per nascere. Walter notò lo sconcerto nel volto del nemico e gli andò vicino
«Che succede?» chiese, ironico «Hai visto un gatto fatto a pezzi chiuso dentro il freezer?»
«N-non-n è possibile» balbettò Sebastian
«Cosa?» Walter fissò il frigorifero, poi sbiancò.
Oh, supremo orrore! Walter avrebbe di gran lunga preferito combattere un esercito di ghoul inferociti a mani nude piuttosto che trovarsi di fronte a un simile spettacolo: il frigorifero era totalmente vuoto. Sebastian aprì le ante degli stipi: vuoti. Lo stesso valeva per i cassetti, per il cestino della spazzatura, per il lavandino, per qualunque pertugio, fessura, infossamento, possibile nascondiglio in tutta la cucina.
Questo significava solo una cosa: il cibo era finito. E se il cibo era finito, significava anche che entrambi i maggiordomi, anzi, entrambe le famiglie che concorrevano, sarebbero stati costretti ad utilizzare il cortile interno per coltivare degli ortaggi.
O almeno così pensava Walter, che non aveva pensiero se non per quel locale sinistro … in realtà c’era anche un altro luogo, persino più adatto alla coltivazione, cioè la terrazza, e Sebastian, immediatamente, andò ad impossessarsi del territorio per iniziare la produzione.
Il problema era che, anche così, ci sarebbe voluto parecchio tempo per riuscire a produrre qualcosa e nel frattempo sarebbero tutti morti di fame.
Walter tornò da Integra
«Lady Hellsing» disse «Le provviste sono finite. Dovremo trovare un altro modo per sfamarci»
«Cannibalismo» rispose Integra, compiaciuta «Mangeremo quelli della squadra avversaria»
«Quando parlate così, Lady Hellsing, mi ricordate un pò troppo Alucard … in qualunque caso avevo pensato di coltivare nel cortile interno»
«Oh si, ci sono grandi vetrate a specchio e terra fertile, l’ideale per coltivare, è una specie di maxi serra … ti sfugge un minuscolo dettaglio, Walter: le lattughe non ci mettono venti secondi per venir fuori».
Il maggiordomo non ricordava né grandi vetrate a specchio, né terra fertile, probabilmente perché si era concentrato troppo su fiori bianchi ondeggianti e su zombie-che-non-erano-zombie, ma aveva ben presente il problema delle esigenze temporali degli ortaggi
«Lo so, Master, ma mangiare gli avversari è contro il regolamento» rispose dunque, cercando di sembrare sottomesso
«Si, lo so anch’io, ovviamente. Alucard ha una mucca, non potremmo mangiare quella?»
«Una mucca?» Walter ripensò al grosso bovino che di tanto in tanto vedeva pascolare in giro per i corridoio, lasciando mucchi di escrementi enormi «Ma come diavolo ha fatto a sfamarla fino ad ora?»
«Può darsi che sia questo il motivo per cui sono finite le provviste» Integra spense il sigaro, spingendolo irrispettosamente contro la parete e lasciandovi una macchia nera «Alucard deve aver dato da mangiare tutto alla sua stupida mucca. Ma troveremo un modo … nel frattempo è meglio se andiamo a visitare il cortile interno».
Walter aveva paura. Stavolta davvero paura, non solo un misero presentimento: già per una volta aveva sfidato la sorte, avventurandosi in quel luogo infausto, perché mai avrebbe dovuto fare la stessa cosa per ben due volte? Integra guidò la spedizione, subito dopo aver costretto Walter a prendere in braccio tutti i coniglietti, ed entrambi giunsero al cortile interno.
Grandi vetrate a specchio, violacee, certo, ma erano grandi. E fuori splendeva il sole. Faceva caldo, dannazione … e non c’era la benché minima traccia dei derelitti sopravvissuti dalle precedenti edizioni del reality. Walter sospirò, dando a se stesso dello sciocco: eppure sapeva benissimo che persino la paura aveva paura di Integra, cosa c’era da temere se era lei ad accompagnarlo?
Nel frattempo, Finnian, Bard, Meirin e Sebastian si preparavano ad un alacre lavoro di coltivazione
«Sebastian-san … come facciamo a coltivare? Non abbiamo semi!» disse il giardiniere, spensierato
Il maggiordomo, senza dire nulla, estrasse con un gesto rapido delle buste di semi che fecero venire a Finnian gli occhi grandi grandi e luccicanti di felicità e ammirazione «Se non riuscissi a portare illegalmente un paio di buste della Bakker di altissima qualità per precauzione, che cosa accadrebbe?»
«Moriremmo di fame» bofonchiò Bard, seppure avesse anche lui la strana voglia di farsi venire gli occhi grandi grandi e luccicanti.
Meirin lanciò un’esclamazione di ammirazione, mentre tutti e tre si dirigevano verso il loro “campo”.
«Aahh!» gli occhi di Finnian raggiunsero una grandezza spaventosa e rilucevano di luce propria, mentre guardava ammirato il suo capo. Eh si, Sebastian-san era proprio il migliore! Non avrebbero di certo perso! Mai!
«Ed adesso andiamo» disse il maggiordomo solenne, mentre si dirigevano verso quello che sarebbe stato il loro piccolo orticello, il loro “campo”.
Nel frattempo, dal lato Hellsing già si lavorava. Certo, nonostante la presenza del suo intoccabile Master che comportava la non-apparizione dei reduci del reality, Walter non poteva fare a mano di sentirsi leggermente agitato. Diciamo che era leggermente … guardingo, dall’ultima volta. Lanciò un occhiata ansiosa a Mastahrello e Conigliomane che erano messi a parete in un angolino. Stranamente, sembrava che Conigliomane non volesse fuggire, mentre Mastahrello preferiva di gran lunga rincitrullirsi da solo sbattendosi la testa a parete.
Bhè, era vero che anche se i non-morti (in tutti i sensi) non sarebbero apparsi, sempre a causa della presenza di Integra non poteva assolutamente permettersi di battere la fiacca, o sarebbe stato la prima vittima del cannibalismo di Lady Hellsing. Così continuava a lavorare, proprio come … bhè, non poteva permettersi di lavorare come tutti gli altri: i vampiri erano a “nannare” pacificamente mentre Integra Farburke Wingates Hellsing si occupava della supervisione, e non dava segni di voler svolgere i lavori manuali insieme al maggiordomo. Lei preferiva, come capo, Boss e Master supremo, supervisionare il lavoro altrui. Walter continuò così a zappare per preparare il terreno alla coltivazione.
Certo, si sarebbe divertito in compagnia, ma era solo come un cane …
All’improvviso si immobilizzò. Con la coda dell’occhio intravide un movimento calmo e contenuto, senza alcuna fretta. Possibile che anche con la sacra presenza di Lady Hellsing quei … tizi osassero ancora presentarsi? Poi si accorse che il movimento veniva proprio dal lato di Lady Hellsing
«Ehi, che succede?» chiese lei, accendendo il sigaro appena preso con un gesto che tradiva appena un pò di nervosismo 
«No, nulla» Walter scosse la testa, poi riprese a lavorare.
Doveva finirla. Non correva alcun pericolo, aveva la sfiga di incontrarli esclusivamente quando era solo là dentro. E poi c’era lei, la soprannaturale Master of Monster. Era un Monster e un Master contemporaneamente. Il maggiordomo si rilassò, mentre continuava a zappare.
Dopotutto il Master era il Master.
Nel frattempo nello studio caldo e segreto di Ciel Phantomhive …
«Bene, benissimo! Scommetto che gli Hellsing non hanno avuto la splendida idea di mettersi a coltivare e poi …» la figuretta in nero, con la luce alle spalle, aprì un cassetto e tirò fuori un oggetto di ambigua identità, che le telecamere, pur sforzando i loro sensori, non riuscirono a mettere a fuoco la figura nera abbastanza da comprendere cosa fosse. Un sacchetto probabilmente, osservando la forma «Non hanno il mio splendido cervello al loro servizio! Altrimenti avrebbero ideato una scorta segreta di riserva, no? Ah, sono un genio!» si auto-gratificò il piccolo Lord.
Poi aprì con uno scoppio il sacchetto e ne versò il contenuto direttamente in bocca. Infine si dilettò nel masticarlo rumorosamente e girò il volto per illuminare un pò, con tutta probabilità per far riprendere il suo infantile profilo di Conte Phantomhive. Sorrise, quasi truce. E dico quasi, perché era la faccia di uno che si era appena spiaccicato dal decimo piano di un grattacielo. Sembrava che da un momento all’altro dovesse urlare «Ahio!» e mettersi a piangere come un bambinetto piccolo.
«Ehi, migliora il tuo sorriso! Fai … fai un pò pena …» lo derise una vocetta dall’oscurità, scoppiando poi in una risatina acuta. Ciel guardò in cagnesco, intensamente il punto che si riteneva fosse la fonte del suono, aspettandosi che un personaggio qualunque, misterioso e che come tutti gli altri lo sottovalutava, uscisse dall’ombra. Bhè, diciamo che fu leggermente deluso.
«Ehi, vieni fuori! Vieni qui!»
«Io sono già qui» rispose la vocetta, indignata, quasi parlando all’orecchio del Conte.
Questo si girò pensando di poterlo vedere o come minimo colpire con una testata ma non lo vide e tantomeno lo toccò.
«Vieni qui vicino, codardo!» ringhiò
«Non sono codardo! E sono già qui!» si sdegnò “Lui-o-Lei”. La sua voce era piuttosto vicina, ma Ciel non vedeva quel tizio che osava prendersi giocò dell’unico Phantomhive.
«Si che lo sei! E se non lo sei, fammi vedere il tuo aspetto, allora!» lo provocò, stringendo un pugno
«Ti ho detto che non lo sono! E poi è troppo divertente ingannarti …» attimo di pausa, che fece un certo effetto a dire la verità «Bocchan»
«Sebastian! Stupido cane!»
«Ehi!» strillò la voce acuta «Io non sono affatto un cane! Io sono più … un gatto»
«Sebastian! Vieni subito qui, è un ordine!». Il piccolo umano si tolse la benda e aprì teatralmente un occhio. Il marchio impresso si illuminò di una forte luce viola … «Sebastian» ripetè nuovamente Ciel, per la prima apparentemente calmo «Vieni qui. Adesso». Un fascio di luce violacea si irradiò dal marchio e illuminò l’oscurità. Ciel non vide nessuno nell’ombra e nessuno avanzare. Fu assalito dalla rabbia più atroce e cattiva.
Al terrazzo si lavorava alacremente, ma erano in compagnia ed erano tutti più che allegri.
Sebastian mollò la zappa.
«Sebastian-san?» chiese Finny con tono interrogativo. Non era esattamente una domanda, ma tradotta era praticamente un “che stai facendo, Sebastian?”
«Il Bocchan» disse lui
«Che?» si intromise Bard
«Lui … lui mi chiama». I suoi occhi si illuminarono di porpora, facendo sobbalzare i disastrosi tre, anzi quattro con Tanaka-san che però non faceva niente a parte quel suo continuo e snervante “Oh oh oh”. Sebastian si sentì obbligato a lasciare il lavoro. L’ordine era serio, forse il suo Bocchan era in pericolo, non poteva disobbedire …
A grandi falcate, corse via con la velocità enorme, eppure tipica di un maggiordomo del suo calibro «Sono un maggiordomo demoniaco. Un maggiordomo perfetto» mormorò fra se e se, correndo dal suo Bocchan.
«Oh!» lo lodò Meirin con le mani giunte quasi in atto di preghiera, con la pressione del naso che iniziava ad aumentare in modo pericoloso «È così agile e aggraziato! Sembra … sembra un elegante pattinatore sul ghiaccio!»
«Uh-uh» approvò Finnian, tentando di alzarsi il cappello inesistente (come al solito, colpa del maggiordomo) «Era … era un regalo di Sebastian!» il giardiniere scoppiò a piangere scavando nel terreno solchi con la zappa in cui, già solo nel primo colpo, potevano benissimo farci le trincee.
«Oh, povero Finny! È colpa di quel brutto piccolo maggiordomo cattivo? Non piangere! Te ne compro uno nuovo, giuro!» Finny si calmò un pò, tirando su col naso ogni tre millisecondi, in pratica annusando come un cane da caccia.
Bard sbuffò e riprese a lavorare, seppure provasse anche lui compassione per il povero Finny.
Nel frattempo Sebastian era riuscito a raggiungere velocemente lo studio del Bocchan.
«Ehi tu!» e da qui un sacco di insulti e commenti aspri irripetibili, a causa di brutti giochi di parole, che a pensarci bene non sono difficili da trovare per un maggiordomo, e parolacce irripetibili varie, bestemmie e cose simili, accompagnate senz’altro da sonori schiaffi.
«Boc … cha … n» poté solo sussurrare fra uno schiaffo e l’altro, stupefatto. Sapeva che Ciel aveva improvvisi scatti d’ira senza un motivo apparente, ma così era troppo. Sembrava che ce l’avesse esattamente con lui, e questo non era normale. Lui stava solo eseguendo i suoi ordini, e anche con una perfezione esasperante. Era sicuro al cento per cento che senza di lui quei tre scansafatiche avrebbero creato un campo con una forma strana … a chiocciola!
Mezz’ora dopo, Ciel decise che gli stancava il braccio a picchiarlo ulteriormente, così si fece delicatamente portare sul suo trono fighissimo e guardò Sebastian con occhi … volevo dire, un occhio carico di rancore.
«Sebastian …» ringhiò il piccolo
«Bocchan» il maggiordomo sorrise, compiacente «Vorrei adesso sapere perché mi avete picchiato»
«Niente giochetti con me» rispose lui, guardandosi i pugni stretti fino a far divenire bianche le nocche
«Bocchan» insisté Sebastian, seppure cercasse di mostrarsi in tutti i modi più sottomesso possibile «Vorrei solo sapere cosa ho fatto di tanto riprovevole da meritarmi i vostri colpi. Vorrei solo saperlo e rimediare, magari»
«Hai fatto la vocina, mi hai ingannato, hai fatto lo stupido, e ora racconti anche un mucchio di frottole e fai il finto tonto» elencò, con il tono quasi da ragazzino normale, contando sulla punta delle dita i reati commessi «Ecco cosa hai fatto di riprovevole, Sebastian»
«Mi scusi immensamente Bocchan» si inchinò «Ma …»
«Ma» continuò qualcuno «Lo hai picchiato senza un motivo … wow!» esclamò “Lui-o-Lei”. Purtroppo, se anche mentre Sebastian era accanto a lui e non muoveva di un centimetro la bocca, la vocina era ancora in giro voleva dire che aveva realmente picchiato Sebastian senza un motivo valido.
«E allora tu chi saresti?» ringhiò il Phantomhive, rendendosi conto che, se anche in quel preciso istante avesse urlato al suo maggiordomo “Search and Destroy!” non sarebbe stato stiloso neanche la metà di quanto lo sarebbe stata Integra. Digrignò i denti, frustato.
«Io? Sono un ragazzo» un piede emerse fuori dall’ombra, mentre Sebastian si irrigidiva «Ma sono anche un … catz, o catten come usate dire qui. Io sono il Maresciallo Schrödinger, Schron per gli amici. Sono un cat-boy».
Sebastian non fu più rigido. Fu una statua di sale.
Insomma, sappiamo tutti che per Sebastian un dolce gattino antropomorfo è il paradiso incarnato. E poi … non era quello che gli aveva detto “Cornuto!” l’altra volta? Oh, lo conosceva! Era così … così … così … non avrebbe mai voluto usare quel termine ma secondo Sebastian non c’era altro modo per descrivere il nostro caro Schron: kawai. Bhè, per me è assurdo, ma soprassediamo.
«Schron, non rompere» intervenne la misteriosa voce degli altoparlanti «Farai venire a tutti i capelli bianchi»
«Posso vederli?» chiese il nazista, ingenuamente
«Non citare Matilda, cat-boy» lo ammonì divertita la voce «Ma adesso sciò. Qui si lavora e si nanna, e oggi manca poco per la vigilia di Natale. Comincia a fare il buono o Babbo Nazi non ti porta quello che hai chiesto. Ti porta dei brutti cani cattivi che ti mangiano! Rauuuurgh!»
«Aaah!» Schrödinger fece un balzo per la paura e la sorpresa, poi si raggomitolò, mentre le orecchie feline si piegavano sul capo del biondino «Dici che se non faccio il bravo, Babbo Nazi non mi porta niente?» il cat-boy aveva l’aria di uno che si sta per mettere a piangere. Faceva dispiacere, se si riusciva a dimenticare quanto potesse diventare all’occorrenza un “rompino provetto”.
«No, se fai il cattivo. Comincia a fare il bravo, allora. Comincia a tornare dal Millennium, ti stanno cercando dappertutto!»
«Oookaayy!» annuì il cat-boy, e svanì nel nulla schioccando le dita.
Ciel era rosso e faceva contrasto con i vestiti i capelli, l’occhio, l’anello e la federa blu, mentre Sebastian ci era rimasto piuttosto secco.
Come già detto, non aiutava il suo fisico già delicato e anoressico. Giusto per fare qualcosa, guardò l’orologio e lo aprì. Mormorò con voce ferma «Sono le sedici e cinquantaquattro». Non sapeva proprio a cosa gli fosse servito. Sospirò.
«Bocchan, potrei gentilmente tornare al lavoro? Se qualcosa la turbasse e\o disturbasse non deve fare altro che chiamarmi»
«Umpf»
Sebastian si dileguò per tornare la suo lavoro.
Il pomeriggio passò allegramente per i Kuroshitsujiani e sfiancante per l’Hellsing (anzi, per Walter), ma passò comunque.
I cadaveri si rivoltarono nelle loro bare. Letteralmente.
«Mastah …»