Pagine

sabato 28 novembre 2015

Capitolo 23 - Regali di Natale



Cap. 23
Regali di Natale!

All’improvviso mentre tutti si scambiavano commenti sulle pubblicità nonostante la prova terribile e impegnativa fosse ormai finita, i Tizi Vestiti da Agenti dell’FBI si piazzarono schierati in fila tutti davanti alla porta.
I concorrenti li guardarono perplessi, a volte anche con ostilità quando all’improvviso successe l’insospettabile.
Le magliette nere e anonime degli addetti si rivoltarono, si rivoltarono letteralmente così anche stando addosso a loro, come un fenomeno inspiegabile, e divennero di uno sgargiante rosso. Magliette reversibili. Tutti contemporaneamente si ficcarono un cappellino rosso con tanto di pon-pon finale bianco.
Sopra la maglietta rossa, spuntata dal nulla, c’era la grande scritta a caratteri bianchi “Grozzi, Buon Natale”. I Tizi non fecero una piega.
«È Natale» li informò la voce nell’altoparlante «Buon anniversario di morte, Alu»
«Oh, si …» Alucard si spalmò una mano davanti alla faccia come a dire “cavolo, me l’ero scordato …”
Chi sa che Vlad Dracula è morto il venticinque dicembre all’alba capirà che per il nostro Alucard Natale era un giorno piuttosto significativo.
«È Natale, Mastah! È Natale, Mastah! È Natale, Mastah! È Natale, Mastah!» canticchiò Seras, saltellando di gioia
«Oh» commentò Walter «Non ricordavo la data di oggi … ehi, ma quei tizi ci stanno dicendo che noi siamo “Grozzi” o che loro si chiamano così?»
«Loro si chiamano così» affermò con sicurezza Integra
«Bel nome, no? Venuto così d’impulso. Forse senza senso, forse un miscuglio fra grezzi e grossi. Però i nostri dipendenti di chiamano Grozzi» spiegò la voce dalle altoparlanti, compiaciuta «E poi non penserete mica che vi lasciavamo senza regali di Natale, vero?».
Pronunciate queste solenni parole, le porte si spalancarono e, con una bufera di neve che infuriava all’esterno, entrarono altri tre Grozzi vestiti di rosso con tre sacchi. In realtà a guardare bene, erano un pò di più di tre, solo che marciavano allineati a tre a tre.
Entrarono  trascinando sacchetti, scatole, scatoline, scatoloni, pacchetti, pacchettoni, regali e buste variopinti.
Quello alla testa del gruppo, per uno scherzo del dest … delle autrici aveva anche i palchi sulla testa e un naso rosso da Rudolf, la renna di Babbo Natale. O Babbo Nazi, dipende da quale parte stai.
«Per gli Hellsing, ci sono in esclusiva dei regali da Kohta Hirano …» gli oscuri gioirono «E per i Kursohitsujiani direttamente da Yana Toboso!» i suddetti fecero tutti, anche Ciel e Sebastian, dei salti dalla lunghezza variabile fra i tre e i quattro metri. Di gioia, ovviamente.
I Grozzi posarono tutti i contenitori degli Hellsing in un angolino e quelli dei loro antagonisti in un altro, poi si dileguarono nel nostro migliore amichetto Nulla. Anche questa volta letteralmente. Non che Nulla era personificato, che i Grozzi si dileguarono ...
Le due fazioni si riunirono nei rispettivi angolini, con gli occhi che brillavano.
Prima, vediamo cosa Yana Toboso regalò ai suoi cari amichetti, di cui raccontò avventure e disavventure …
Aprirono prima una scatola. Magliette, magliette a non finire. E pantaloni, e felpe e camicie.
«Oh!» esclamò Finnian tuffandoci una mano e tirando fuori uno degli indumenti «Questo è tuo, Bocchan!»
La maglietta, di un bel celestino chiaro, recava davanti la scritta
“I want my tea. If you not give at me my tea, I call Sebastian. And your eye is now black”.
Ciel, sollevato di avere un nuovo indumento, la mise sopra la maglietta che già possedeva. Allorchè tutti poterono leggere la scritta dietro, nascosta
“Io sono un bimbo orbo con i capelli di topo e gli occhi da calamaro gigante. Yana era sbronza quando mi ha creato. Sono un bimbo rancoroso e un pochino idiota, e non voglio ammetterlo ma amo Lizzie e Sebastian è il mio migliore amico. Ma sono un bimbo rancoroso e non lo voglio ammettere. Attenzione a leggere la frase di prima, perché Yana non sostiene lo Yaoi.”
Tutti soffocarono una risatina, poi Finny rituffò di nuovo la mano e tirò fuori un’altra maglietta,che a dire la verità era un completo. La cosa strana, però era che era fatto a forma di maglietta e gonna ma con sopra tatuati la divisa tipo da cameriera. Sulla maglietta si allungavano due fili di sangue disegnato eppure realistico. Sopra c’era scritto
“Che c’è? Ho solo visto Sebastian-san”
Seppure fosse enormemente arrossita, Meirin indossò il completo sopra quello che aveva già. Perché cominciava a fare freddo, visto quei cattivi dei Grozzi avevano fatto arieggiare la stanza con l’aria di bufera.
Dietro c’era la scritta, anche questa segreta
“Beware to the Meirin. She’s more dangerous. And crash all. Attention, she wants the butlers”  
Certo, era stata un pò cattiva Yana, ma voleva solamente divertirsi un pò. Premettiamo che, per la media, era stata un angioletto. E non era finita qui.
Infatti Finnian trovò una maglietta in cui davanti c’era la scritta
“I love Plu-Plu”
E dietro …
“I love crash the lil’ beards in one thousand of pieces. I’m dangerous. Beware, Sebastian”
E fin qui niente di cattivissimo. Considerando che la maglietta di Bard piena di “Piromane, fire, burn” da tutte le parti. A quanto pare a Yana piaceva mischiare le lingue.
A Tanaka-san una maglietta che raffigurava una foresta tipo Amazzonia e al centro in bianco, risplendente di luce, la frase
“I’m Buddha”
E nessuno osò ridere, perché Tanaka-san emanava quella pace e quella calma tranquillità che sembrava avesse davvero raggiunta la Grande Via … Si,Yana Toboso aveva ragione: Tanaka-san era Buddha. Peccato che non fosse buddista.
Bhè, con Sebastian Michaelis, Yana sembrava, e ribadisco sembrava, essere stata più clemente. Il suo regalo era rappresentato da un completino nero, maglietta a maniche lunghe e pantaloni di raso aderenti, con delicati ghirigori che si rincorrevano sul tessuto fine.
«Non vale!» urlò Bard, con la sigaretta che faceva strani movimenti nella sua bocca mentre parlava «Solo perché lui è il preferito di Yana non gli hanno fatto abiti imbarazzanti»
«Vedrai, troveremo qualcosa di imbarazzante anche per lui …» lo tranquillizzò Finnian, battendogli amichevolmente una mano sulla spalla.
Tutte le altre magliette e\o divise non erano nulla di speciale: T-shirt bianche, pantaloni e camicie con disegnini eccetera, eccetera, eccetera …
In effetti, alla fine Yana aveva deciso che non era giusto umiliare tutti (a parte Lizzie, a cui aveva donato una maglietta con disegnate un sacco di robe strane e al centro “Kawai”. Fra l’altro, le robe strane erano fiocchetti e cose simili che piacevano un sacco alla piccola Lady) e lasciare intero solo l’orgoglio del maggiordomo. Così Finnian e Ciel lo costrinsero a mettersi la maglietta, rossa con i bordi neri e la faccia sua e di quel mostro di Grell vicine, a chibi, che recitava
“G x S is CANON” E leggermente più sotto la scritta “Because Grell love me … and I love Grell. We aren’t beautiful?”
Ciel concesse anche il permesso speciale di ridacchiare di lui a tutti i presenti, mentre lui poteva ridere come un matto e non beccarsi neanche una fuffola come si deve.
Felici e ridacchianti, aprirono il secondo pacchetto con un cartellino adesivo spiaccicato su che diceva “Accessori, Gadget e Peluche by Yana”.
Stavolta Meirin insisté tanto che ebbe il permesso speciale, perché oggi Ciel era estremamente di buon umore, di poter prendere gli accessori al posto di Finnian, che non obbiettò affatto per riprendersi il posto, purché gli dessero il suo peluche.
Meirin tuffò la mano e …
«Questo di sicuro è del Bocchan» affermò la cameriera guardando l’oggetto. Era una tazza peluche uguale a quelle del cartone animato, solo ovviamente che era di peluche. Era colma quasi fino all’orlo di thè peluche, che però non si poteva ovviamente versare, eppure era aromatizzato alla camelia.
«Così ci potrà dormire la notte, Bocchan!» osservò Finnian, solare. Che bello che Yana gli avesse portato dei regali! Ah, quanto adorava il Natale!
«Questo è …» Meirin rituffò la mano, chiudendo gli occhi. Tirò fuori un pupazzetto impacchettato, pigiato a qualcos’altro, con un biglietto. «Alla mia cara Elizabeth Cornelia Esthel Midd … Lizzie, così potrà giocare a vestire come vuole la sua bambolina … Oh, che pensiero carino!»
In effetti, la bambola pigiata dentro il sacchettino trasparente era una persona, una ragazza per la precisione, in biancheria intima. Era pigiata contro vestiti, capelli, acconciature, occhiali e accessori vari da bambola che potevano essere applicati sul pupazzetto.
«Ah, kawaiii! Ti voglio tanto bene, Yanaaa!» strillò, rivolta al soffitto, strizzando il sacchetto e la povera bambola al suo interno.
«Questa» annunciò Meirin «Anzi queste … sono di Finny» passò al giardiniere un peluche estremamente realistico, con tanto di penne, di un uccellino uguale a quello che per sbaglio Finnian aveva decapitato accarezzando. L’altro era un piccolo pupazzo, bhè, lungo quindici centimetri e alto sette contando la testa, di Plu-Plu o Plute, il carino, puccioso e tenero Makenna. Per chi non lo sapesse, i Makenna sono tremendi Cani del Diavolo che uccidono tutti e hanno proporzioni a dir poco enormi, in grado di sputare fiamme e cambiare il proprio aspetto da enorme lupo alto quattro metri a essere umano che si comporta da cane, che morda e artiglia tutto. Carini, no?
«Oh, il mio uccellino! E Plu-Plu! Grazie, Yana!» strillò, strizzando i pupazzetti con tenerezza. Bhè, per fortuna che era tenero, e se li avesse voluti strizzare davvero … addio regalini della zia Yana.
Meirin rituffò la mano, e tirò fuori … una mini-piscina gonfiabile. Il cartello recitava “A tutti i miei adorati Kuroshitsujiani, a cui voglio un mondo di bene. Baci, sensei Yana Toboso”
«Abbiamo una piscina!» gridò Bard, esaltato «Possiamo farci il bagno e non puzzare! E può anche essere divertente!»
«Ragazzi … è una piscina per bambini» fece notare con la solita freddezza, all’apparenza calda, Sebastian «Entrateci casomai uno alla volta»
«Evviva!» «Oh oh oh!» strillò la servitù saltellando in giro.
La seguente estrazione fu un set di tazzine e posate in pura e finissima … plastica giocattolo dedicate a Meirin. Il biglietto diceva “A Meirin, per giocare con i suoi amici a prendere il thè. Così sono sicura che le tazze non le rompe. By Yana. P.S, se guardi più in fondo ti trovi una cosa che ti piace … ”.
«Oh! Grazie Yana!» gridò Meirin, realmente contenta. Aveva fin da piccola una passione per le “cose che le piacevano” e le pause per giocare a prendere il thè. Certo, anche per le sparatorie e i fucili, ma lasciamo perdere …  
Meirin, terribilmente incuriosita, frugò nello scatolone fino a cadervi dentro e continuare a rovistare. Fino a che non trovò un fucile. A salve, ovviamente, ma lei non poteva saperlo.
Uscì raggiante dalla scatola e per provare lanciò un colpo.  Rimbombò per tutto il salone, ma non partì nessun proiettile.
A Meirin divenirono gli occhi giganteschi per lo stupore mentre solo ora scorgeva il cartellino “So che è illegale portare armi reali all’interno della casa del reality, quindi non ho potuto darti di più di un fucile a salve. Spero ti piaccia”.
Meirin si sentì quasi cascare le braccia a terra «No fucili veri?» sussurrò, sconsolata
«No fucili veri» commentò Sebastian, scuotendo la testa con gravità.
La cameriera cadde in ginocchio, inconsolabile, così Finnian poté riprendere il suo ruolo originale.
Estrasse felicemente un pupazzetto di Grell con due bottoni per occhi e i denti digrignati in un sorriso. Era per Sebastian, con (citando le parole del bigliettino) “l’augurio di non scordare che il mondo è cattivo e pericoloso”. Secondo Yana, era una specie di promemoria.
Sebastian inorridì ma prese comunque il pupazzetto temendo che avrebbero potuto togliergli dei punti.
«Ed ora …» fece Finnian, con un sorriso a sessantaquattro denti estraendo una cosa a casaccio «Un regalino per … Bard!».
Era una pianta dell’AIL. Il biglietto recitava “Con la speranza che sia servito a curare un bambino dai morbi mortali a cui tu hai … ehm … accennato”
«Carina …» commentò il cuoco, sollevandola in alto «È un bel regalo tipicamente natalizio. Grazie Yana» bofonchiò mettendosela sottobraccio
«E non è finita qui!» annunciò il giardiniere, raggiante, tirando fuori un sacchetto di sementi di prima qualità, dedicate a Sebastian “con l’augurio di non morire di fame”.
Mentre Finnian consegnava l’ultimo regalo dello scatolone a Tanaka-san, un paio di infusi di the aromatici e delle tazzine nuove in un sacchetto, Ciel si accorse di una busta quasi piatta.
«Sebastian!» ordinò «Portami quello!».
Sebastian si mobilitò immediatamente, prese con grazia la busta e la consegnò al suo Bocchan.
«E ora aprila».
Per lo stupore e il piacere di tutti, dentro la piccola busta piatta c’erano un sacco di fogli. E nei fogli c’era un disegno per ognuno dei Kuroshitsujiani, accurato come solo la sensei Toboso riusciva a fare.
Nel primo, dedicato a Finnian, cosa che fece arrabbiare enormemente Ciel, c’era un paesaggio particolare, di campagna. Lui era seduto sotto un enorme ulivo, addormentato serenamente. A sorpresa, era appoggiato anzi abbandonato sul manto caldo e candido di Plute, mentre sulla sua spalla si era accovacciato il suo uccellino.
Attorno a lui c’era un paesaggio sconfinato, tutto pianura, con poche colline e alcuni vastissimi campi di grano e dettagliatissimo. Si poteva scorgere in lontananza persino una piccola fattoria.
L’intero disegno esprimeva una pace infinita che contagiò anche il proprietario esterno del disegno.
Finnian sospirò, mentre si scopriva quello di Bard. Era semplicemente lui che finalmente cucinava qualcosa di più sfizioso dei piatti di Sebastian e il Bocchan gli sorrideva.
In quello di Meirin c’era raffigurata semplicemente lei, però vestita da zero zero sette, ma senza occhiali. Ed era una cosa che lasciò tutti allibiti: e chi li aveva mai visti gli occhi di Meirin?
Quello di Tanaka-san era lui in mezzo a una foresta, solo, con la sua bella tazza di thè che beveva. Un’ennesima rappresentazione di Buddha.
Quello di Ciel rappresentava lui stesso con la sua famiglia, solo nella versione che avrebbero avuto se fossero sopravvissuti fino ai giorni nostri. Ciel lo accettò senza dire nulla.
Quello di Sebastian … bhè, c’era solo Sebastian con un mucchio di teneri, pucciosi gattini morbidi e carini sparsi in giro.
E alla fine c’era un disegno che, si vedeva da un chilometro di distanza, non era di Yana Toboso. Insomma c’era Grell che strizzava Sebastian ridendo in uno stile tutto particolare.
Sotto c’era scritto “Spero che si avveri. Kore demo shitsuji death!”. Evidentemente Grell era riuscito a immischiarsi anche negli affari che non lo riguardavano, spedendo il proprio disegnino al suo Sebas-chan.
Sebas-chan non sopportava, per la cronaca, Grell.
Per gli Hellsing erano arrivati diversi pacchettini piccoli e, in più, un grosso pacco di cartone spesso sui cui lati erano disegnati scarabocchi assurdi delle facce di Walter, Alucard e Seras. Integra non faceva la sua comparsa, perlomeno all’esterno del pacco, ma non si poteva dedurre se fosse una cosa preoccupante o meno.
Alucard tagliò lo scotch che sigillava la parte superiore utilizzando un canino affilato, poi aprì le due linguette
«Ecco qua … uhhhh!» gioì, deliziato «Guardate, ci hanno mandato delle magliette ufficiali!»
«A me non sembrano ufficiali» borbottò Walter, sbirciando dentro il contenitore «Beh, o perlomeno, se sono ufficiali, le hanno fatte su misura adesso: prima non erano in commercio»
«Fantastico, le hanno confezionate solo per noi!» Alucard tuffò le sue enormi manone inguantate dentro il pacco e tirò fuori la prima confezione che conteneva una maglietta bianca con due grossi cerchi rossi disegnati sul petto «Questa è per te, Seras» disse sicuro, senza neppure controllare il cartellino al collo
«Davvero Mastah?» la Police Girl fece un salto, enormemente felice «Wow, Mastah! Che bello, il primo regalo è per me».
Walter sghignazzò malignamente mentre Seras si infilava quella maglietta che … ehm, diciamo che era fatta per esaltare una sua particolare caratteristica anatomica. Con due cerchi rossi. Ok, certo, questa era stata un poco cattiva … Sulla schiena della maglietta, anche in questo caso, vi era una scritta segreta che recitava:
“Questo capo d’abbigliamento risalta la cosa più bella di me. Io ho dei grandi … occhi.
Il bianco li risalta, non è vero?”.
L’effetto generale era così demenziale che persino il Master Integra si lasciò sfuggire un sorriso di apprensione, sorriso che svanì quando il vampiro in rosso le passò la sua maglietta
«Kohta ha pensato anche a te, my Master» sibilò Alucard, terribilmente compiaciuto, mentre porgeva a lady Hellsing un grosso involto rosso.
Integra svolse la felpa e quasi, dico quasi, arrossì nel guardarla: davanti c’era stampata la faccia del nosferatu Alucard e sotto di essa una scritta in giallo
“La cosa che amo di più al mondo”.
Integra raccolse la felpa e la sbattè dietro la testa di Alucard con tutta la forza possibile
«Baka!» strillò
«Ma Master, io non c’entro niente!» piagnucolò il vampiro, accovacciandosi sopra lo scatolone «Sai bene che non ho avuto nessuna possibilità di scegliere le magliette …»
«Lo so. Ma stavi sorridendo»
«Ho una paralisi facciale, credevo che ormai lo sapessi!»
«Uh …» Integra indossò la felpa senza fare una piega e si voltò a controllare cosa accadeva alle sue spalle, ovvero il putiferio scatenato dalla squadra della famiglia Phantomhive.
In quel momento, Alucard scorse la scritta sul dorso della felpa
“Ho sbagliato disegno. Questa è la cosa che amo più al mondo:”.
E sotto la scritta, che sembrava composta da oro laminato, era accuratamente rappresentato un enorme sigaro fumante. Alucard si sentì cascare le braccia: non si stupì affatto quando udì il tonfo sul pavimento e, abbassando lo sguardo, notò che le proprie mani erano finite per terra.
«Il Mastah sta cambiando le braccine?» domandò Seras, perplessa, guardando intensamente un braccio sul pavimento e sbattendo le palpebre ipnoticamente
«No, gli sono solo cascate per la sorpresa. Che ti aspettavi?» fece Walter, incrociando le braccia e appoggiandosi al muro «Kohta è cattivo …» mormorò poi fra sé e sé il maggiordomo.
«Che succede?» chiese Integra, che non poteva ovviamente capire il motivo della perdita degli arti superiori del suo vampiro. Non ricordava che avessero un cambio annuale degli arti … poteva essere un problema se Alucard cominciava a cadere a pezzi per la casa ...
Il Nosferatu si chinò con flemmatica, in apparenza, calma e si riattaccò le braccia «Niente, mi sono solo cadute»
« “Mi sono solo cadute”? Ma per quale motivo ti sarebbero dovute cadere le braccia?»
«Per la scritta» rispose, sincero, indicando con un dito la maglietta «Anzi» si corresse «più che altro è per l’immagine»
«Alucard, ti ordino di dirmi cosa c’è scritto e disegnato dietro questo benedetto indumento!»
«C’è scritto  “Ho sbagliato disegno. Questa è la cosa che amo più al mondo”… e … uhm … di sotto c’è un sigaro. Lo sapevo, tu ami sempre e solo i sigari! E se poi ti vengono i polmoni neri e i denti gialli? Poi ti puzza il fiato e diventi dipendente …»
«Ma Mastah!» protestò Seras «Il Mastah, Mastah … lo sai che il Mastah è già dipendente, Mastah»
«È già dipendente» tradusse Walter, senza staccarsi dal muro e fissando a turno i suoi compagni di squadra
«In effetti … bhè, ma poi stai male, tossisci … e se vuoi avere un bambino, poi?»
«Mastah libere dal fumo! Olèèè!» strillò Seras, alzando le braccia al cielo e sorridendo in modo così largo che più lo guardavi e più si allargava. E diciamo che non era solo un effetto ottico.
«L’originale era “Mamme libere dal fumo” … ma Mastah va bene lo stesso» fece notare il maggiordomo degli Hellsing, avvicinandosi agli scatoloni «Ma spero che tutto il regalo di Kohta Hirano non consista in una felpa che dice quanto Integra ama i sigari e quanto Seras … ehm … quanto il bianco risalta i suoi occhi. Il mangaki ci ha lasciato senza niente, a noi poveri maschietti?»
«In questo caso …» disse una voce dietro le sue spalle. Ecco, come volevasi dimostrare, Alucard non voleva rimanere a bocca asciutta, visto che si era appena trasformato nella sua versione giovane, un pò rompi e femminile. Ehm, molto femminile …
«Alucard» Fece Walter, alzando un indice come ad ammonirlo «Non fare la ragazzina …»
«Ma io sono una ragazzina!»
«È questo il problema, bastardo! Torna subito com’eri prima ...» poi si accorse che suonava troppo come un ordine, e lui non doveva dare ordini sennò suonavano lui «Per favore».
Vide trasformarsi una ragazzina, solare e, si, un pò rompi, in un … cadavere. Orrendo, essiccato e marcescente, che cadde al suolo come un sacco di patate, con i capelli bianchi e sfibrati. Diciamo che Integra lo aveva trovato più o meno in questo stato la prima volta che lo aveva conosciuto.
«Ma che carino» commentò sarcastico, chiudendo gli occhi e portandosi un indice alla tempia, mentre Seras scoppiava a piangere e sporcava la divisa di sangue, cosa che certo non migliorò l’umore del maggiordomo «Non così prima. Nella versione vampiro enorme vestito di rosso con qualche problema di paralisi facciale e di lunghezza degli arti».
Finalmente Alucard si decise a tornare nella sua forma più popolare, mentre Walter estraeva una maglietta a casaccio dal mucchio di abiti fornitigli dall’insidioso mangaki.
«Ehi, penso proprio che questa sia tua, Cadavere»
«Mia?» Alucard si indicò e diede un’occhiata alla maglietta «Oh, che splendore splendidevole! Dai qua, maggiordomo, immediatamente»
«Se ci tieni tanto …» Walter socchiuse gli occhi con aria malandrina e gli passò l’indumento.
Era una maglietta di colore bianco, con sopra stampata la forma di una giacchetta bianca, una sciarpa poggiata sulle spalle e una cravatta. Al livello dello stomaco era stampata una scritta rosa in corsivo
“Girly (card) inside.”
Alucard sollevò la maglietta
«Ca … carina»
«Sei una ragazza, dentro, Mastah?» chiese Seras, con fare curioso «Io pensavo che dentro eri uno con i baffi che impalava la gente, Mastah»
«Così credevo anche io, Seras, così credevo … oh, ma guarda Walter, c’è una maglietta anche per te» Alucard allungò una delle sue lunghissime braccia e tirò fuori un nuovo pacchetto con sopra scritto “per Walter-san, cruccio dei maggiordomi”.
Walter aggrottò le sopracciglia, il faccino rabbioso
«Non mi piace, non mi piace affatto come inizio …» disse, incrociando le braccia
«Dai, aprilo!» lo esortò Alucard, sorridendo ampiamente
«E va bene … ma solo perché probabilmente, se non lo faccio, ci leveranno dei punti».
Walter aprì l’involto e scoprì una maglietta rossa con sopra stampata la faccia di Girlycard, ovvero, per chi ancora essendo tardo di mente non lo ha capito, la forma giovane e femminile di Alucard. Sotto il lezioso faccino, con un sorrisetto dentato che avrebbe fatto invidia ad uno squalo, c’era scritto
“L’amore della mia vita … ”.
Walter indossò la maglietta e sospirò
«Ah, se solo non fosse diventata così brutta …» accarezzò con una mano l’immagine stampata sul petto, quasi affettuosamente « … Se solo non si fosse trasformata in un maschio con gli arti sproporzionati, incapace di pettinarsi, con i capelli che vanno da soli per i fatti loro e un naso che farebbe invidia a pinocchio …»
«Walt, non dire così!» Alucard ringhiò «Io non sono brutto!»
«No, ma non rientri nella mia classifica personale di bellissime persone, credimi …»
«Uh … »
«Beh, voltati, maggiordomo» intervenne Integra «Non vorrei che anche nel tuo caso ci fosse, come dire, il trucchetto stampato sulla schiena … e poi quei tre punti di sospensione dopo “l’amore della mia vita” mi rendono sospettosa».
Walter, di malavoglia, girò su stesso e diede le spalle al gruppo. In effetti, come c’era da aspettarsi, ci stava il trucco: sul dorso era stampato Vlad l’impalatore in atteggiamento piuttosto aggressivo, con lo spadone in mano e un campo di impalati che faceva da sfondo. E sotto la fatidica scritta:
“… E non mi importa se ogni tanto la mia bella si trasforma così!”
Alucard ridacchiò malignamente
«Vlad non ne sarà felice».
Tutto il gruppo lo guardò e tutti aggrottarono le sopracciglia
«Ma non sei tu Vlad?»
«Beh, si, insomma … si e no … lui è la mia primigenia personalità, il mio più profondo ego, il mio subconscio …»
«Non devi farci una lezione su Freud, vampiro» tagliò corto Integra, stringendo il sigaro fra le dita «Cosa vorresti dire?»
«Esattamente quello che ho detto! Non posso spiegartelo mica in due parole … ok, per farla semplice, così lo capisce anche la Police Girl: la mia testa è come una grande stanza. In questa stanza, vivono tutte insieme tante persone diverse. C’è Girlycard, per esempio, poi Boycard, Bondagecard cioè il cadavere di prima, e poi Riocard, quello più elegante, il Conte Dracula, quello che ispirò Bram Stoker, Alucard, ovvero me, e infine c’è Vlad, il capo. Nella mia testa si vive di Vladcrazia …»
«Molto interessante» lo interruppe il maggiordomo «Ma spiegacelo dopo il casino che c’è nella tua mente, ora vogliamo i regali»
«Non si dice casino!» proruppe Alucard, indignato «Non è una parolaccia?»
«Bordello ti va meglio?»
«Sei proprio un maggiordomo insolente! Ehi, e la mia testa è perfettissima!»
«Si, come no, ci saranno dozzine di occhietti rossi vaganti e saltellanti, insieme a un tizio in armatura medievale che insegue le tue varie forme urlando “vi impalo”. Ok, adesso concentriamoci sui regali … guarda, c’è un giubbotto per Integra».
Il giubbotto in questione era la replica perfetta di quello, con la pelliccia, che Vlad l’impalatore indossa nel quadro più famoso (e probabilmente brutto) che lo ritrae: rosso aranciato scuro, con un colletto bruno e folto. In questo caso la pelliccia non era vera, ma un buon surrogato sintetico. Sia mai che la redazione incoraggi l’acquisto di pellicce vere e, comunque, che spenda troppi soldini per i detenut … ehm, volevo dire, per i partecipanti del concorso.
Alucard strappò il giubbotto di mano a Integra e ci passò contro la guancia
«Il mio cappottino!» mormorò, quasi con le lacrime agli occhi di commozione
«No!» ringhiò Integra, riprendendosi bruscamente il capo di abbigliamento «Questo è il mio cappottino».
Alucard si ritrovò rannicchiato in un angolino a disegnare cerchi per terra con un dito, depresso. Il suo cappottino bello con la pelliccia! Perché Kotha Hirano doveva essere così cattivo? Ed è possibile mai che neanche per un istante, per la testa del vampiro, passò l’idea che questa potesse essere colpa dei cattivissimi, spietati, autori che li costringevano a fare tutto questo?
Fu il turno di Walter, questa volta, quello di ridacchiare, poco prima di estrarre dallo scatolone un pupazzo
«Guarda Seras, è il cannone Halconnen di peluche!»
«Beeelllo!» strillò Seras, saltellando e ondeggiando sinistramente sul posto «Grazie mille a chiunque me lo abbia mandato, mi piace tanto tanto!» e detto questo afferrò il cannoncino Halconnen lungo cinquanta centimetri, se lo strinse al … petto … e iniziò a saltellare per tutta la stanza, iper contenta.
Walter si posò una mano su una tempia
«Ma guarda come è facile fare contente le bambine» mormorò
«E tu di bambini dovresti saperne qualcosa» commentò malignamente Integra, posando una mano sulla testa del “ringiovanito” Walter, molto più basso di lei
«Lady Hellsing, non è necessario che mi faccia notare ogni quattordici secondi la mia altezza»
«Ma se è la prima volta che te lo faccio notare?».
In realtà, Integra non perdeva occasione per rinfacciare la storia dell’altezza a Walter: quando si trovavano in cucina apriva gli sportelli sopra la testa del maggiordomo solo per far vedere che quest’ultimo non ci arrivava con la testa, oppure faceva commenti del tipo “questa finestra è così piccola che solo Walter potrebbe passarci”.
E il maggiordomo, logicamente, era seccato e stressato, ma essendo un maggiordomo non aveva altra scelta se non quello di chinare la testa (come se non fosse già abbastanza basso) e obbedire come un bravo bimbo.
Integra infilò una mano dentro la scatola e ne tirò fuori un pupazzetto di peluche a forma di padre Alexander Andersen. Per chi non lo conoscesse, nella realtà padre Andersen era un prete che somigliava ad un cinghiale, o forse un grosso orso, alto all’incirca due metri e sette, con un torace largo come una botte, una faccia dalla mascella pesante ispida di barba, gli occhiali rotondi perché come la metà dei personaggi di Hellsing era terribilmente miope, ed una fissa per i coltelli da tort … ehm, volevo dire le baionette benedette d’argento. Insomma, un vero mostro.
Il pupazzetto era fatto per sembrare carino. Dico sembrare perché, nonostante la faccia tonda e morbida, la barba ispida disegnata a pennarello e il sorriso pieno di denti piatti stile “cavallo selvaggio” gli davano quell’aria psicopatica e massiccia che è tipica degli unni. Per l’appunto, questa deliziosa creazione artistica, aveva un cartellino al collo, che recava scritto
“Per Seras, che si ricordi del suo primo nemico”.
Integra porse il pupazzetto alla Police Girl e questa lo prese in punta di dita. Lei odiava padre Andersen. Odiava i suoi capelli pettinati male che somigliavano alle spine di un porcospino morto, però gialle come la polpa delle banane. Odiava i suoi occhi piccoli e iniettati di sangue. Odiava il fatto che il suo unico hobby fosse infilare baionette d’argento dentro il suo corpo e dentro quello del Master Alucard. Ma non poteva rifiutare un regalo, specie se gli era stato passato dalle mani sacre di Integra Farburke Wingates Hellsing.
Così sorrise stentatamente e disse
«Grazie …»
«Stanotte ci dormi, con quello?» chiese Alucard, che sembrava essersi perfettamente ripreso dal suo stato catatonico
«Non so, Mastah …»
«Se non ci dormi, me lo regali?»
«Non posso regalare un regalo, Mastah!»
«Va bene, Seras … spero ci sia qualcosa del genere anche per me»
«C’è, fidati, c’è …» li interruppe Walter, lanciando un pupazzetto di peluche a forma di Integra verso Alucard. Al vampiro si illuminarono, letteralmente, gli occhi
«Ti chiamerò Teggy!» esclamò, raggiante «E staremo sempre insieme!»
«Alucard, sei patetico» commentò lady Hellsing, massaggiandosi le tempie con gli indici, il sigaro stretto fra i denti
«Ah, io sarei patetico?» Alucard allungò un braccio dentro lo scatolone e ne trasse una scatola di smarties mezza vuota «E allora cosa ne pensi del regalo che ti ha mandato Penwood?»
«Pen … come osa quella mezza calzetta di un politico fallito! Smarties?»
«Beh, sono smarties scaduti» Alucard controllò la data di scadenza, poi guardò dentro il pacchetto, che per la cronaca aveva anche perso la linguetta di chiusura «Ah, e ne rimangono solo tre»
«Appena torno a casa» si ripromise Integra, con il tono calmo e terribile che la contraddistingueva quando era veramente arrabbiata «Penwood mi sentirà per bene»
«Uh, poveraccio» commentò Alucard, ributtando la scatola di smarties nello scatolone «Ma guarda, c’è un trenino giocattolo!»
«Per Ciel Phantomhive» lesse nel cartellino Walter, estraendo un giocattolo a dir poco magnifico da dentro lo scatolone, un trenino color fegato rivestito di rifiniture dorate e con i finestrini di vero vetro «Hey, questo non è destinato a noi! Questo appartiene al nemico!»
«Vai a portarglielo» ordinò Integra.
Walter decise di agire con prudenza. Non si sa mai come può andare a finire, neanche quando si fanno delle cortesie ai vicini di casa … così mise il trenino ben in vista, teso davanti a se, in modo da dare tutta l’impressione di doverlo offrire e non di tenerlo per se, e poi si avvicinò alla fazione opposta
«Ehm …» disse, fingendo un leggero imbarazzo «Questo è finito per caso fra i nostri giocattoli, ma non ci appartiene. Il cartellino dice che è per Ciel Phantomhive …»
«Ridammelo, brutto straccione!» scattò il conte dai capelli blu, mettendosi in piedi con uno scatto dalla sua posizione buttata e sollevando entrambe le braccia «Quel trenino bellissimo è mio! Sebastian, strappaglielo dalle mani!»
«Ghyoi» rispose il maggiordomo demoniaco, prendendo il trenino a Walter e consegnandolo al suo padroncino.
Walter, fingendo ancora timore e imbarazzo, si voltò e tornò indietro. Alucard lo guardò con la coda dell’occhio
«Aspettavamo solo te» disse, poi tirò fuori un grosso sigaro di peluche dalla scatola e rise «So che questo coso può appartenere ad una sola persona»
«Mio» disse solamente Integra, ed Alucard, sogghignando, glielo porse
«Master, hai intenzione di dormirci?»
«Non è assolutamente ovvio?»
«Si. Ma non è l’unico peluche rimasto … ce ne sono altri … questa è Girlycard» e detto questo tirò fuori un’adorabile bambolina di pezza vestita di bianco «Per te, Walter. Scommetto che ci farai pensieri terribilmente romantici mentre te la stringerai al petto»
«No, ma che dici …» mentre Walter si prendeva il suo regalo, con un movimento lento, abbassò gli occhi ed arrossì violentemente «Io, farci pensieri romantici?»
«Luna piena, neve, Varsavia … cose così …» Alucard fece un gesto vago con la mano libera, mentre con l’altra continuava a stringersi contro il petto il pupazzetto di Integra « … Guarda, c’è un bel Vladcard, qui»
«Dove?» chiese Integra, con quella che potremmo definire, si … una certa brama.
Alucard, depresso, si rintanò di nuovo in un angolino. Non si capiva bene se fingesse oppure se avesse una ripresa terribilmente rapida, perché ogni volta riusciva a risvegliarsi dal torpore malinconico in meno di un paio di minuti e altrettanto facilmente poteva ri-deprimersi.
Integra tirò fuori dalla scatola il pupazzetto di Vlad in armatura e lo legò al sigaro come un prigioniero al palo. L’avete capita, legò l’impalatore al palo! No? Lasciamo perdere …
Walter tirò fuori un grosso orologio a cucù
«Questo deve essere un regalo collettivo … » commentò, poi fece una smorfia « … Ma giuro che se vedo uscire anche da qui Vlad l’impalatore, io lo distruggo a colpi di padella»
«Vlad o l’orologio?» domandò Alucard, che si era magicamente ripreso
«L’orologio, ovviamente».
Proprio in quel momento, si udì alle spalle del gruppo dell’Hellsing un’esplosione abbastanza forte. Seras sobbalzò
«Mastahhh!»
«Che succede?» strillò Walter, voltandosi.
Ciel stava guardando i pezzi del suo bellissimo trenino distrutto, saltato in aria, mentre tutti i componenti della famiglia Phantomhive avevano le facce nere, abbrustolite dallo scoppio del treno-kamikaze.
Mentre tutti cercavano di capire cosa diavolo fosse successo, un caso di auto-combustione oppure un sabotaggio, gli altoparlanti si animarono
«Bene!» disse la voce della conducente «Per il loro spirito di altruismo, l’Hellsing guadagna due punti! Il trenino era stato equipaggiato con alcuni, ehm, petardi che si sarebbero azionati con un timer. Se gli Hellsing avessero tenuto il giocattolo, questo sarebbe esploso fra le loro mani, ma poiché avete dimostrato di essere buoni e generosi, non solo non avete subito danno, ma aumentate il vostro vantaggio sul nemico!»
«Ma» intervenne Walter «Perché avete sottoposto solo noi a questa prova? Perché non avete dato niente di nostro ai Phantomhive?»
«Chi ti ha detto che anche loro non sono stati sottoposti … gli è stato dato un orsacchiotto di peluche che …».
BOOOM.
Lizzie iniziò a piangere sui resti del suono nuovo giocattolo, il quale era esploso in mille minuscoli pezzettini, i quali ora vorticavano mestamente sopra le loro teste.
« … Ora è esploso».
Alucard sorrise: che splendido Natale!
E ora il tabellone dei punti segnava:
Hellsing – 11
Phantomhive – 11


Nessun commento:

Posta un commento