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giovedì 4 febbraio 2016

Capitolo 28 - Mattina con i Phantomhive

Cap. 28
Mattina con i Phantomhive

Era il ventisette dicembre e tutti erano esausti nella squadra Phantomhive, eccetto forse Sebastian.
Senza contare che Ciel aveva anche una crisi di nervi più accentuata del solito: il rancore che si era lasciato alle spalle per tanto tempo, l’odio e la rabbia seppelliti in fondo al cuore, quel giorno li stava riversando tutta sulla povera servitù che non aveva fatto nulla di male.
A contribuire, la sveglia di quella mattina era rappresentata dalla canzone “Smooth Criminal” del famosissimo Michael Jackson, sparata a tutto volume, con gli urletti tipici del cantante che riverberavano sinistramente per la casa, con i precedenti concorrenti dei reality che, dentro il cortile interno, si agitavano urlando e cantando il ritornello quei pochi che lo sapevano con lo scemo che faceva movimenti facilmente scambiabili per quelli che gli zombie del video di Thriller facevano, capitanati da Michael Jackson, ma questo stava semplicemente facendo i suoi passi abitudinali. Si, avete capito bene: quel povero idiota per camminare normalmente si muoveva in quella maniera.
Ma torniamo ai Phantomhive, perché sennò il titolo di questo capitolo sarebbe “Mattina con gli orrori che abitano il cortile interno” non “Mattina con i Phantomhive”, vi pare?
La servitù, con Smooth Criminal nelle orecchie, si dovette trascinare fino alla sala principale per fare colazione. A dire la verità, Bard fu trasportato da Finnian in quella maniera barbara e orribile, che gli scuoteva tutto e rischiava di non farlo rimettere più. Okay, così è esagerato, ma diciamo che una sbattitina così non faceva esattamente bene alla sua povera salute.
Finnian, per rendere il clima ancora più teso, continuava a chiedere a tutti se ieri era stato bravo, soprattutto a Sebastian, nonostante Ciel si innervosisse al posto del maggiordomo.
Meirin, quel giorno, insistette perché mangiassero tutti quanti, si, anche Sebastian, dei cereali e un sacco di latte. Perché Meirin era fissata che, citando lei, “Non si deve mai sottovalutare la potenza del latte! Ti farà crescere sano e forte e le tue ossa saranno più robuste, e i tuoi denti sembreranno denti, anziché non sembrare niente perché non ci sono”.
L’avete capita, la signorina? Però c’aveva ragione.
Così, quella mattina, a tutti quanti fu servita una buona prima colazione con latte e cereali. Per il solo gusto di farlo, Ciel ordinò a Sebastian di mangiare anche lui e fingere di stare fingendo che quei cereali gli piacessero ma riuscirci a malapena. Giusto per creare una scenetta comica e sfogarsi su qualcuno.
Così, Sebastian ingerì apparentemente di malavoglia i cereali e li annaffiò con un pò di quello che, sempre citando lui perché oggi non c’ho voglia di usare parole mie “Il liquido bianco che fa danno se buttato sul pavimento, cosa che fa Finnian ogni santo giorno”, ovvero latte. Fece una faccia convincente, la tipica faccia di uno che vuole fingersi contento delle “prelibatezze” offerte, ma in realtà gli fanno schifo e ha voglia di andare a vomitare.
Ciel si spanciò dalle risate, ridendo in maniera cattiva, mentre gli Hellsing dall’altro lato li guardavano con circospezione. Neppure Seras sembrava volersi più avvicinare, alla squadra avversaria.
All’improvviso, fece irruzione nella sala la belva bionda, il mostro coi boccoli che non sembrano affatto boccoli, quella fissata col kawai. Elizabeth entrò, buttandosi a peso morto su Ciel nel bel mezzo di una risata, che cadde giù dalla sedia, diede una testata a Bard che, adagiato com’era sulla sedia e appoggiato a Meirin, andò a faccia a terra sul pavimento trascinando con se anche la povera cameriera, e Finnian per spirito di solidarietà salì sul tavolo e si buttò a terra.
L’unico che era rimasto composto sulla sua sedia era Sebastian che guardava il tutto con una faccia che se, e dico se, la guardavi attentamente e sapevi decodificare il linguaggio del corpo, vedevi che aveva gli angoli della bocca leggermente alzati e quindi era un pochetto felice.
Ciel strillò, mentre Lizzie continuava a strizzarlo al pari di uno dei suoi orsacchiotti ormai sbudellati a causa delle incursioni precedenti di Alucard. Stavolta il piccolo Conte emise un grido sensato urlando, con una faccia irata che sarebbe stata a pennello su un lupo mannaro e co. «Sebastian, ti ordinò di cadere immediatamente dalla sedia! Ora!».
Sebastian non poté far altro che obbedire: senza completamente muoversi, lasciò che il suo corpo iniziasse a scendere verso il basso, attratto dalla forza di gravità, fino a che anche lui non fu a terra. Dall’altro lato, gli Hellsing si stavano spanciando in una maniera esagerata, soprattutto Alucard che, come tutti sappiamo, aveva una buona propensione per il ridere pazzamente tutto il tempo. Dopotutto la sua risata era contagiosa, e il riso fa buon sangue …
Praticamente avevano le lacrime agli occhi, e ci mancava poco che tutti gli inquilini della casa del reality si trovassero a terra, entrambi con le lacrime agli occhi. Certo per motivi diversi, ma soprassediamo …
Ciel si stizzì e ordinò a tutti di risalire sulle rispettive sedie, respingendo Lizzie che si mise irrimediabilmente a piangere.
Il resto della colazione, finì fra le risa di scherno degli Hellsing, i digrignamenti di denti e i pianti dei Phantomhive.
Poi tutti si congedarono, seguiti dagli sguardi interrogativi di Schrödinger che non capì il motivo di tutta quella ilarità da un lato e imbroncia menti dall’altro. Ma non disse nulla, così poterono facilmente ignorarlo.
I Phantomhive si chiusero nelle rispettive stanze, pensierosi. Ciel osservò il suo anello. Un gioiello di grande valore. Ma maledetto.
Quella sciagura, la sua famiglia se la portava dietro da tempi immemori, forse proprio quando essa venne alla luce. Quello zaffiro, che ornava come un prezioso seppure ordinario decoro l’anello d’argento rilucente, faceva parte di un oggetto più grande, che veniva fin da tempi antichi da tutti allontanato. Era stato posseduto da molti capi politici o da persone in capo alla gerarchia, tutti avidi nobiliastri, che aveva fatto unanimemente una brutta fine. E ora, dopo secoli, dopo essere passata da diverse mani, e dopo che il suo potere malefico si era sempre accresciuto, era arrivato a lui. Sospirò, e si coricò sul letto osservando il soffitto come se fosse qualcosa di inimmaginabile bellezza, o una creatura mai vista prima.
Il ragazzo chiuse gli occhi.
Passetti svelti, cauti. Si avvicinavano. Topi?
Un suono sordo avvertì il Conte che bussavano alla sua porta.
«Chi è?» urlò, brusco. Odiava che il filo dei suoi pensieri fosse interrotto
«Bocchan» rispose la voce di Sebastian Michealis, dall’altro lato della superficie legnosa, con il dovuto rispetto «Credo che sia doveroso informarla, Bocchan, di un incidente avvenuto pochi secondi fa, che non ci fornisce, purtroppo, alcun vantaggio. Anzi, ci rende svantaggiati in confronto a quegli olandesi di poco conto»
«Sono inglesi» lo informò Ciel, messosi a sedere e aggiustandosi con aria inesperta i vestiti da nobile
«Bhè, le origini della donna, del capo, sono olandesi. Infatti, lei è Lady Hellsing, dunque discendente di Abraham Van Helsing, il dottore olandese, colui che per primo domò Dracula, o Alucard che dir si voglia. Ma torniamo al dunque: credo che Finnian si sia appena rotto una gamba»
Ciel scese giù dal letto con rapidità e con eguale ansia si diresse verso la porta, spalancandola. Finnian, per quanto fosse un pò sempliciotto, possedeva comunque una forza straordinaria e uno spirito creativo stranamente esteso per un ragazzo della sua età, che erano indispensabili per delle buone prove. Certo, avrebbero sempre giocato Sebastian, ma se si trattava di qualcosa che richiedeva l’aiuto di tutta la squadra? Dopotutto Finnian era adatto ai lavori manuali. Quindi se si era rotto una gamba, era un problema.
Giunsero al luogo in cui il giardiniere si era infortunato, dove quello, a terra, piangeva e si lamentava a più non posso, tenendosi la gamba fratturata con delicatezza. Intorno a lui, facevano la guardia premurosamente Meirin, con Bard appoggiato in un angolo, impotente.
«Come te la sei rotta?» chiese il Phantomhive, senza giri di parole
«Ah, è stato orribile! Mi … mi ci è caduto sopra un mattone!»
«E chi te lo ha lanciato? Meirin?» insistette, lanciando uno sguardo rabbioso verso la cameriera.
«N-no» balbettò il ragazzo «È caduto sulla gamba» ripetè, con il petto sconquassato dai singhiozzi
«Come ci è finito un mattone sulla tua gamba?» scandì il Conte, spazientito
«Ci è finito… cadendo» ripetè il giardiniere, calmatosi un pò nonostante il respiro affrettato e leggermente difficoltoso, ma almeno aveva smesso di produrre lacrime a quantità industriale
«Ma come? Te l’ha buttato qualcuno?»
«No»
«E allora come?»
«Così» fece sbattere la mano sul pavimento, producendo un suono forte che rimbalzò e risuonò per tutta la casa
«Si, ma da dove veniva il mattone?»
«D-da lì» indicò con un dito il soffitto alto. Effettivamente, se si sapeva osservare, si poteva notare un buco rettangolare, che Finnian difficilmente avrebbe potuto fare, dato che la sua testa non aveva quella forma. Sennò, sarebbe stato di una bruttezza inimmaginabile. Dunque, Finnian aveva ragione: un mattone era caduto dal soffitto. Ma perché? La casa era cadente? O qualcuno … l’aveva fatto di proposito?
«Riesci a muoverla?» intervenne Meirin, poggiandogli una mano fra i capelli biondi
Quando quello provò a fare un qualsiasi movimento con l’arto infortunato, la gamba destra, il dolore gli strappò un urlo acuto. Scosse la testa, mentre altre lacrime scendevano lungo le guance.
«Sebastian» sussurrò Ciel, pensieroso «Prendilo in braccio e portalo nella sua camera»
«Yes, my Lord» annuì il maggiordomo, seppure nella sua testa qualcosa si agitasse a più non posso.
Così, il povero ragazzo fu trasportato nella sua stanza, mentre abbracciava Sebastian come se fosse la sua fidanzata.
Fu adagiato sul letto, con le lenzuola candide che gli furono rimboccate come si fa con i bambini piccoli, mentre la cameriera e il cuoco lo rassicuravano con paroline dolci al suo capezzale. Lo riempirono di attenzioni, lo fecero mangiare davvero, per accelerare la guarigione. Tuttavia, Finnian era umano, e doveva stare a riposo.
«Al diavolo!» strillò a un tratto Ciel, uscendo in fretta e sbattendosi la porta alle spalle. Sentiva di odiare quelle scene.
In parte perché lo disgustavano, tutte quelle moine, quelle cose smielate … ma solo perché, dall’altro lato, anche lui desiderava ricevere un mucchio di attenzioni. Ma non quelle che un servitore rivolgerebbe al suo padrone, quanto un amico ne rivolgerebbe a un altro. Aveva perso da tempo la sensazione di essere coccolato da un amico… o da sua mamma. Il giorno del suo compleanno… ah, lasciamo perdere. Si asciugò rabbiosamente l’unico occhio scoperto e fuggì nella sua stanza. Odiava quei ricordi. E odiava piangere.
Sebastian, nel frattempo, si prese cura del malato, aiutato per quanto fosse possibile dagli altri componenti della servitù, che si preoccupavano, forse in modo esagerato, per l’amico che, nonostante la forza prodigiosa, adesso era a rischio.
E se Alucard avesse deciso di entrare a loro insaputa nella camera per fargli del male? Dopotutto erano mostri senza scrupoli, quegli Hellsing.
Così decisero di fissare dei turni di guardia, per riuscire a tenere la situazione sotto controllo. Per evitare che durante la prima parte della convalescenza venisse abbandonato o gli cadesse in testa qualche armadio, uccidendolo del tutto, misero per primo a guardia Bard. Il giorno seguente, sarebbe toccato a Meirin, e poi a Sebastian, per poi ricominciare dal cuoco.
L’uomo si posizionò davanti alla porta … non appena si fu posizionato davanti alla porta, nella posizione del loto, e cominciò a guardarsi intorno con aria circospetta.
Annusò, nel caso nell’aria ci fossero odori che avessero potuto aiutarlo o avvisarlo.
Un rumore di passi. Gli sfuggì un gemito strozzato. E se era Alucard, come si difendeva? Stava scervellandosi, quando vide che era solo il Bocchan, che si asciugava rabbiosamente l’occhio scoperto, paonazzo in volto e con un’andatura da far pensare che fosse un ricercato con la polizia alle costole.
Bard si rilassò, però poi si ricordò che era una sentinella. E una sentinella non deve essere mai rilassata.
Cinque minuti dopo, sembrava emanare tensione. Se c’era un topo nelle vicinanze (cosa difficile a causa di entrambi gli efficienti maggiordomi, casomai era Alucard che gli faceva fare un “giretto” per casa) cominciava a camminare come se fosse fatto di legno.
E così, fra Meirin giù di corda, Sebastian intento a pulire ogni singolo angolo della casa, forse perché era un maggiordomo, forse per distrarsi, e Ciel che dopo essersi sfogato a piangere voleva pestare i piedi a ogni essere vivente che incontrava, e Finnian adagiato sul letto e coccolato, e Bard che era una statua di sale dolorante, la mattinata dei Phantomhive passò con una lentezza esasperante.


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Capitolo 27. Settima prova- il presepe vivente


Cap. 27
Settima prova- il presepe vivente

«Ed eccoci finalmente riuniti per vedere la settima prova. Sarà sicuramente una prova spettacolare e ricca di colpi di scena, infatti i nostri tenebrosi eroi di entrambe le fazioni dovranno immedesimarsi in un gruppo di persone che sono vissute duemila e dieci anni or sono: i presenti all’avvenimento della nascita di Gesù Cristo!».
Vlad borbottò qualcosa sotto i baffi, poco convinto, e Andersen lo minacciò con le baionette, tanto che il vampiro smise subito, parandosi la testa sotto le mani, di lamentarsi.
I primi a cominciare l’ardua prova furono i Phantomhive che, come al solito, avevano avuto la (s)fortuna di cominciare per primi.
Ciel si adagiò comodamente nella paglia, mentre veniva sventolato dai teorici Maria e Giuseppe. Sbadigliava e di tanto in tanto esortava di andare più veloce ai due “genitori”.
«Oh» esclamò Sebastian, nel tentativo di fare una recita decente «Mio figlio è nato! Grazie D … D … Diavolo!» esclamò il maggiordomo con la faccia contorta. Un mostro, un demone come lui non poteva pronunciare un parola simile a “Dio” «Grazie, Maria, per averlo messo al mondo!»
Come risposta alla sua falsa felicità, ricevette una fuffola da Ciel e un getto di sangue in faccia da Meirin.
All’improvviso, fecero la loro comparsa i Re Magi. Finnian arrivò, sorridente, e guardò verso la telecamera. Fece un sorriso enorme, da Rufy D. Monkey (Rubber di One Piece, per chi non lo avesse ancora capito), rivolto verso l’apparecchiatura. Poi, inchinandosi e strisciando sulle ginocchia verso Ciel, esclamò con accento teatralmente buffo «Oh, potente Messia! Quale maestrosità! Quale grande … uhm, bellezza … Quale potenza! Oh, divino Gesù Bambino, re di tutti i …» tentennò, non sapendo che dire
«Re di tutti i re» gli suggerì ad un orecchio Bard
«Di tutti i bimbi! Re di tutti i bimbi del mondo! Dei gialli, dei negri, dei rossi e quelli verdolini vomito! Perché siamo tutti fratelli!» esclamò il ragazzo, con le lacrime di gioia, lasciando cadere oro e incenso e stritolando Bard in un abbraccio letale e fraterno. Forse aveva di nuovo dimenticato di essere iper-forte …
«Mi sta …i ucci … dendo!» gemette il cuoco, in mezzo a scricchiolii sinistri
«Ti voglio bene!»
«La …lascia!» fece appena in tempo a gemere, prima di vomitare in faccia al giardiniere una grossa macchia di sangue, che rese viscido e rossastro il volto di Finnian. Lui sbattè le palpebre perplessamente, lasciando la presa su Bard che rantolava in mezzo a scatti nervosi.
«Ooops …» disse il giardiniere, lanciando poi un risolino basso e isterico. Poi si girò e prese l’oro «Io» declamò «Grande Re Magio d’Oltracque … cioè di tanto lontano, vi porto, o potente Gesù Bambino …»
«Io non sono Gesù Bambino!» saltò su il Conte, facendosi alzare da Sebastian e additando Finnian «Io sono Shieru Phantomhive!»
«Shieeeruuu!» esclamò Elizabeth, comparendo da dietro le quinte «Faccio il secondo Re Magio! Guarda che bello … ho messo il saio lavanda!»
«Bocchan, Lady, siete pregati di prendere i vostri ruoli perché la commedia è cominciata»
«Bene!» esclamò la ragazzina, prendendo posto dietro Finnian
«E che dovrei fare?» strillò il Conte, pestando un piede
«Pianga»
«Ugnè, ugnè» fece il ragazzo, rimettendosi coricato e con un’aria piuttosto seria e composta, come chi declama un omicidio
«Dicevo, oh potente Ciel Bambino …» riprese Finnian, chinando il capo e alzando la scatola con dell’oro all’interno
«Giuseppe!» esclamò il Conte, scontento (giochini di parole …) «Tiragli un cazzotto! Io sono Gesù Bambino! Non Ciel Bambino!»
«Yes, my Gesù» disse Sebastian, obbedendo prontamente
«Ti do l’oro e me ne vado» completò Finnian, con un occhio nero, allontanandosi in fretta e furia e quasi sull’orlo di sciogliersi in pianto.
Elizabeth si fece avanti, con gli occhi enormi, verdi e brillanti, offrendogli il suo dono «Caro Messia, anche se sei piccolo, anch’io sono piccolo\a e quindi sento già di volerti bene, no, ti adoro, anzi, ti amo! Oh, Gesùùùù!»
A disagio, il piccolo Lord mormorò «Dammi l’incenso e congedati, Re Magio Lizzie»
Il “Re Magio Lizzie” lo abbracciò in modo così stritolante che quando si staccò già si vedevano i segni neri sul povero corpicino nobile. Poi, come suggerito, si congedò.
Ora, restava il problema del povero Bard, steso a terra e agonizzante.
Finnian lo prese da dietro come una bambola, e agitandolo nell’imitare grottescamente una camminata lo fece stare anche peggio.
«Io ti offro birra. Ma non sei un pò troppo piccolo, Bocchan?» fece Finnian continuando a muovere su e giù Bard in aria, come se stesse levitando in modo “Dragonballiano”, serio seppur tentasse di fare la voce del cuoco con il risultato di apparire un citofono guasto
«Mirra!» corresse Meirin a bassa voce
«Eh, e che ho detto io? Birra. Ma il Bocchan è troppo giovane! E poi a  me ‘sta cosa non sembra birra …» disse, shakerando il contenitore con foga e lasciando per un attimo la presa su Bard con la mano destra, cosicché quello si capovolse. Senza accorgersi di niente, nonostante quello avesse … ehm, la faccia verso il pavimento, quello continuò ad agitarlo verso il suo signorino, guardando interessato il contenitore della mirra.
«Giralo!» ordinò il piccolo Phantomhive, disgustato
«No, continua a non sembrarmi birra» affermò il biondino, capovolgendo il contenitore e rovesciando per terra la mirra
«Non quello, scemo! Il Re Magio Bard»
«Il Re Magio …» Finnian guardò verso il suo amico cuoco, poi si irrigidì. Lo capovolse ridendo istericamente, poi spinse il materiale verso Ciel con un piede «Io te la offro, o potente! E me ne vado!» e detto questo si allontanò per la seconda volta in fretta e furia, ridendo come un malato di mente.
«Ugnè, ugnè. Mi sta iniziando a piacere. Ugnè, ugnè» constatò con fredda calma il piccolo Phantomhive, rilassandosi e guardando Sebastian.
“È mio padre” pensò inorridito. Guardò verso Meirin. “È mia madre”
Fu allora che, al posto del monotono “Ugnè, ugnè” da mortorio, scoppiò in un reale pianto.
«Gesù!» si stupì Sebastian, allungando la mano verso il bambino.
Quello lo respinse piagnucolando e continuò così, in assoluto stallo, fino al suono del gong che annunciava la fine della prova, con Sebastian con la mano tesa, Ciel piagnucolante e Meirin con le mani giunte in atto di preghiera, Finnian lontano, Lizzie saltellante e Bard più morto che vivo. 
Dall’altoparlante di udì appena «Lo strazio è finito».
Poi altre voci, confuse, sempre dagli altoparlanti, corressero
«Ma quale strazio? Vogliamo il biis!».
Ed era ora degli Hellsing. Si sperava che fossero, si, insomma, almeno un poco organizzati …
La stalla aveva un sipario rosso sangue che si aprì teatralmente sul quadretto della sacra famiglia, illuminato dall’alto dalla “Seras-stella cometa” che brillava e faceva con la bocca il suono di campanelle
«Din don, din don, sono una bella stellina, din don!».
Molto probabilmente era convinta che le cose brillanti facessero il suono di campanelle. Influenza delle pubblicità o semplice fan di Twilight? Ma passiamo al resto del sacro quadretto.
Il san Giuseppe era leggermente annoiato, si aggiustava con una mano la tunica intorno al collo, e non sembrava molto felice di aver appena visto nascere suo figlio … ehm, il figlio di Dio. Integra sembrava leggermente più calata nella parte, ma il sorriso che rivolgeva al bambino Gesù in versione gigante era piuttosto ironico invece che adorante.
Walter, che era stato adagiato in mezzo alla paglia calda, incrociò le braccia sul petto nudo, come per coprirsi
«A me, questo, sembra tutto un fanservice» borbottò
«Sta zitto» lo minacciò Vlad, sottovoce, fra i denti aguzzi «Sei Gesù appena nato, fai Gesù appena nato … »
«Ma …»
«Piangi maledizione!».
La faccia di Alucard era talmente rabbiosa, i denti così in mostra nel volto pallido, i baffi folti frementi di ira e di indignazione, che a Walter non venne difficile iniziare a piangere. E non solo perché il povero maggiordomo era bravissimo a recitare, ma anche perchè aveva rievocato la visione di Vlad l’Impalatore in mutandoni di pelliccia.
E Alexander Andersen, ve lo ricordate? Ecco, lui era stato calato nel ruolo del bue: con addosso una pelle conciata male, dall’odore ancora piuttosto forte di carne cruda, e un paio di pesanti corna bovine legate sulla testa alla meno peggio con un pezzo di corda, era accovacciato dietro Walter e lo guardava con l’ammirazione che sarebbe stata bene più sulla faccia della Madonna che su quella di un bue. Capite cosa voglio dire, vero?
Walter ebbe modo di vedere la faccia di Andersen, mentre si guardava intorno spaurito. Il suo pianto, d’improvviso si fece più forte.
La recita era iniziata: tre dei Grozzi, vestiti da re magi con sontuosi abiti lunghi fino ai piedi, di broccato rispettivamente rosso, giallo scuro e blu, intarsiati di fregi d’oro, vennero avanti, conducendo con loro dei veri cammelli.
Non si era mai vista una scena tanto teatrale: i tre uomini enormi, con in testa i loro turbanti, si inginocchiarono di fronte a Walter e tesero le manone verso di lui, tutti rapiti
«Quale bellezza!» esclamò il primo, portandosi poi le mani alla fronte
«Non dire così poco, Melchiorre» lo riprese il secondo, per poi posare di nuovo e immediatamente gli occhi sul povero Walter in lacrime «Questo è più che pura bellezza fisica! Guarda quale maestosità si riflette nei suoi occhi azzurri come il mare! Oh, che tenerezza! Oh, che perfezione!»
«Ma guarda, Baldassarre» prese a dire il terzo, prostrato così tanto in avanti che quasi toccava terra con il mento «Guarda! Povero piccino, gli occhi suoi sono offuscati di lacrime! Oh, mi si stringe il cuore, povero piccolo! Oh, non piangere figlio di Dio!».
Walter era terribilmente imbarazzato da tutto ciò, ma cercò di trattenere le lacrime, anche perché non gli risultava che nella natività Gesù non facesse altro che piangere, anzi, veniva spesso rappresentato in quel modo dignitoso che può essere solo di un bambino di origine divina.
La sfortuna era che anche Vlad si era calato perfettamente nella sua parte e prese in braccio il povero maggiordomo, sorreggendolo con tenerezza e mettendogli una mano dietro la nuca per poi poggiare la testolina di Walter contro la spalla
«Non piangere, piccino, non è niente, non è niente …».
Walter singhiozzò disperato sentendo le dure mani callose di quel mostro non-morto che lo palpavano.
Alucard proseguì imperterrito nel suo lavoro, dimostrandosi probabilmente un buon padre, ma ahimè, per nulla apprezzato dal suo attuale “bambino”
«Piccolino, non ti devi preoccupare di niente, adesso ci sono qua io, che sono grande e forte e ti proteggerò, stai tranquillo» mormorava con voce bassa e calma, mentre accompagnava le parole con dei brevi colpetti in punta di dita sulle spalle del “Gesù”
«Guarda che non devi farmi fare il ruttino» sussurrò Walter, stizzito «Smettila»
«Miracolo!» la cosa più imbarazzante, forse, era che Alucard si era davvero calato bene nel personaggio «Il piccolo ha già parlato! Maria, Maria! Il nostro piccolo Gesù ha parlato!»
«Ohhhh!» gridarono all’unisono i tre re magi, prostrandosi ancora di più, adoranti
«Splendido» fu il laconico commento di Integra
«Maria!» Vlad prese Walter proprio come se fosse un bimbo, sotto le ascelle, e lo portò davanti a se, sollevandolo per ammirarlo, mentre il maggiordomo assumeva una sfumatura tendente al rosso peperone bollito «Questo è tuo figlio!»
«Nostro figlio, vorrai dire!» lo corresse Integra, cercando forse di inserire, si, un pizzico di tenerezza in quella recita
«No, tuo» Vlad si rabbuiò, aggrottando le sopracciglia nere come carbone «Io non ci ho ancora neanche provato, a fare un figlio con te. Giusto? Ero ubriaco?»
«Nooo!» intervenne il re magio Melchiorre, salvando la recita da un misero finale in stile telenovela «Quello che abbiamo di fronte è l’unigenito figlio di Dio! Ohhhh!»
«Si!» intervennero gli altri due Grozzi, all’unisono «E per lui abbiamo portato doni di inimmaginabile valore, perché egli è il re dei re e governerà un giorno sopra tutte le cose della terra e del cielo!».
Alucard adagiò Walter nella mangiatoia, mentre il poveraccio si copriva la faccia con le mani, assolutamente sconvolto e imbarazzato.
Poi i re magi iniziarono a farsi avanti uno dopo l’altro, strisciando sulle ginocchia
«A te, o potente re, porto l’oro, perché questo è il dono che si addice ad un re!» e detto questo aprì e porse ad Integra un bauletto di legno finemente decorato con intarsi d’argento e di cristallo, il cui interno brillava di una grande quantità di purissimo oro giallo
«A te, o potente re, porto l’incenso» disse il secondo re magio, strisciando anche lui mentre il suo compagno precedente si alzava, prendeva il suo cammello e se ne andava «Profumo che inebria e che consacra, l’odore delle cose sacre».
Il secondo bauletto era nero e marrone, con sopra disegnato un albero dalle foglie verdissime. Quando Integra lo aprì riconobbe una certa quantità di bastoncini di incenso profumati alla rosa, quelli che erano scontati al discount vicino alla casa del reality, per intenderci.
Anche il secondo re magio se ne andò ed il terzo giunse strisciando con un’espressione grave
«A te, o potente re, porto la mirra» disse «Perché tu possa ricordare che non solo cose buone e dolci esistono a questo mondo, ma anche cibi amari e amari dolori».
Walter socchiuse gli occhi, pensando che quelle parole gli si addicevano dannatamente, specie se in giro c’era quel mostro di Alucard nella sua forma originaria e brutale.
Anche il terzo cofanetto fu consegnato, un contenitore di legno senza nessuna decorazione se non una piccola croce nera bordata d’argento.
Poi anche il terzo re magio si alzò e se ne andò.
In quel momento, compreso nella sua parte, Andersen lanciò un sonoro muggito.
«Bene» Disse la voce che usciva dagli altoparlanti, tuonando allegramente e spaventando i coniglietti che vagavano per i prati artificiali «Mi sembra che sia ora di parlare dei punteggi che vi siete guadagnati! Venite, venite tutti qui davanti!».
Tutti, chi più volentieri chi meno, si trascinarono nella zona più vicina agli altoparlanti e al tabellone dei punteggi, che risplendeva di uno strano verde in quel periodo.
Padre Andersen, in piedi con la pelle di bue addosso sembrava un toro mannaro o qualcosa del genere, un bovino bipede insomma, e con il muso vagamente umano. Seras era stata spiccicata di forza dal tetto della stalla da un paio di forzuti Grozzi i quali ora la avevano trasportata in zona raduno, posandola accanto ad Integra. Alucard, tornato fortunatamente in se, rideva sotto i baffi (letteralmente) guardando il pannolino di Walter, mentre il piccolo maggiordomo aveva di nuovo incrociato le braccia sul petto e sbuffava.
La situazione attuale della famiglia Phantomhive non sembrava di molto migliorata: Bard stava già un pò meglio, visto che era riuscito a girare la testa e dire «Bastardo» a Finnian, mentre Meirin barcollava in giro, con due rivoletti di sangue che le scorrevano giù per le narici. Finnian continuava, inginocchiato accanto al cuoco, a piangere e a chiedere scusa
«Non è colpa mia! Scusa!»
«Bas  …»
«Mi dispiace! Non l’ho fatto a posta!»
« … Tardo».
Ciel continuava a ripetere «Io sono Ciel Phantomhive!» a tutti, tirando fuffole a destra e a manca senza un motivo. Lizzie saltellava in giro urlando cose come «Kawai» e, se voi capite cosa c’entra ditecelo, «Chtulhu f’taghn» e altri suoni mostruosi e inarticolati, da far nascondere Lovecraft tremante sotto un tavolino. Sebastian controllava, attento e austero, i movimenti del suo Bocchan in pannolino, ripetendo come una litania «Sono un maggiordomo perfetto, un diavolo di maggiordomo». Sembravano una massa di sciroccati che tentavano di mandare una marea messaggi subliminali tutti insieme.
«Bene, e adesso consegniamo i punti!» Urlò la voce della presentatrice dagli altoparlanti, cercando di calmare la platea rumorosa e mostruosa.
Ci vollero almeno cinque minuti perché tornasse il silenzio, ma finalmente tornò.
La voce della conduttrice si schiarì dopo due colpetti di tosse ed iniziò a declamare
«Allora, innanzitutto si da il punteggio per l’ambientazione. La più convincente, senza alcun dubbio, è stata quella della famiglia Phantomhive. Se non altro la loro stalla si reggeva in piedi».
Walter si girò a guardare l’ambientazione che lui stesso aveva costruito, cercando di capire cosa non andasse, e trasalì: la capanna che aveva costruito in fretta e furia adesso era un mucchio informe di assi e macerie sulla quale era stato piantato anche un cartellino con sopra vergata in bella grafia una nota canzone
“Era una casa molto carina
Senza soffitto,
Senza cucina,
Non si poteva entrare dentro,
perché non c’era il pavimento,
non si poteva fare pipì,
perché mancava il vasino lì,
ma era bella, bella davvero:
in via dei Matti, numero 0
+ Finale alternativo +
Lì c’era Vlad, livello 0”.
Walter non poté far altro che emettere un gemito terrorizzato e poi girarsi di nuovo avanti per vedere quanto gli sarebbe costato quel manicomio di assi e macerie che poi gli sarebbe toccato ripulire da solo. Strinse i piccoli pugni e fu assalito da un sospetto: non è che era tutta colpa di Seras, vero?
«Bene, per la miglior ambientazione, tre punti ai Phantomhive!».
Il tabellone si aggiornò:
Hellsing – 11
Phantomhive – 14
Walter si mise le mani fra i capelli, ma anche Integra gli mise le mani fra i capelli, e glieli tirò, portando il suo povero servitore, ancora una volta, sull’orlo delle lacrime. O come scrisse un noto poeta “sull’orlo del tacchino”. Che c’entra questa poesia, direte? Ah, è una poesia ermetica: a voi capire il significato profondo di queste oscure parole, per la serie “M’illumino d’immenso”. Bello.
«Passiamo ai successivi punteggi, in rapida successione. Allora, altri due punti al miglior protagonista, ovvero al miglior Gesù Bambino, che si è senza dubbio dimostrato Walter, in quanto non ha cercato di riprendere saldamente la propria identità urlando il suo nome, come invece ha fatto Ciel. Un punto per la migliore Vergine Maria e uno per il miglior Vergino … ehm, Vergine Giuseppe. Era vergine Giuseppe?»
«No!» gridò Alucard, convinto
«Boh, convinto tu … allora, per la miglior Maria vincono i Phantomhive, con una Meirin che, a parte lo schizzo di sangue dal naso, era perfetta nel suo ruolo. Integra: dovresti essere meno dura»
«Questa è la mia natura» si giustificò lady Hellsing, accendendosi un sigaro tirato fuori da sotto la veste da Madonna blu e rosa
«E la Vergine Maria non fuma!»
«Non sono la Vergine Maria!»
«Appunto: pessima interpretazione. Per il miglior Giuseppe, che dire, è stata una scelta molto difficile: Sebastian, per essere un demone, ha dato prova di essere uno splendido santo. Ma la scelta della giuria è ricaduta su Alucard perché si è veramente creduto San Giuseppe e ha anche preso in braccio il maggiordomo. Per il sacrificio compiuto, a lui spetta il punto del miglior san Giuseppe!».
Walter sbuffò e borbottò
«Non è giusto, sono io che l’ho fatto il sacrificio, non possono lodare lui!».
Finnian saltellava per la stanza
«E i re magi, e i re magi!» gridava, ritmicamente «Premiate i re magi!»
«Non è possibile premiare nessuno per la miglior “re magio interpretation”» lo informò la voce, con freddo distacco «Perché la squadra degli Hellsing non disponeva di re magi facenti parte del gruppo, ma dei nostri Grozzi i quali si sono immedesimati nel trio. Pertanto passiamo alle seguenti premiazioni. Per il ruolo comico migliore … Finnian!».
Il giardiniere dei Phantomhive saltò in aria e sbucò il tetto con la testa. A dire il vero rimase con la testa incastrata nel tetto e iniziò a mugolare terrorizzato, cercando di staccarsi e avendo come risultato solo una pioggia di detriti che le sue mani super forti strappavano via dall’intonaco bianco.
Sebastian, con calma, staccò il ragazzino prendendolo per i piedi e lo depose in piedi accanto a se.
«Bene, il miglior ruolo comico vi frutta ben due punti!» Continuò la conduttrice, ignorando volutamente quello che era appena accaduto, mentre invece in redazione si stavano spanciando dalle risate «E continuiamo con le premiazioni: miglior spirito creativo per Finnian ancora una volta, grazie alla sua affermazione sui bambini di tutto il mondo! Infatti questa frase non è presente in nessuna delle tante interpretazioni della natività e trasmette un messaggio profondo … anche se non necessariamente i bimbi color verdolino vomito esistono. Bene, un punto per i Phantomhive! State andando fortissimi, ragazzi! Bene, e adesso il premio finale, quello di ben tre punti, per la miglior interpretazione assoluta».
Silenzio di tomba. Sguardi di gelo. Sebastian e Alucard si guardavano: sapevano bene di essere i migliori. Alucard si era preparato a lungo per quella parte e non solo: sapeva anche di avere l’aspetto giusto, quello di un quarantenne vissuto, e non come Sebastian, un giovincello anoressico e affilato con il temperamatite con gli occhi da femminuccia dolce bordati di ciglia che non si possono avere uguali neanche se ti riempi di rimmel di ottima qualità. Quanto a Sebastian, lui sapeva di avercela messa tutta: era stato teatrale e dolce, niente a che vedere con la materialità scarna di quel barbaro di Alucard, il quale pensava così tanto alle cose terrene da dimenticarsi l’assoluto stupore che avrebbe dovuto mostrare e che avrebbe dovuto cancellare ogni altra consapevolezza. Insomma, i due capisquadra si guardavano in cagnesco (e gattesco), ognuno pensando ai propri punti di forza, ma sempre incrociando le dita dietro la schiena.
La voce della conduttrice parlò allegramente
«Tre punti vanno alla famiglia Hellsing …».
Alucard alzò le braccia vittorioso di fronte a Sebastian che stava per afflosciarsi teatralmente al suolo come un sacco vuoto.
« … Grazie alla magistrale interpretazione di Andersen!».
Qualcosa si ruppe nei cuori dei capisquadra, qualcosa che non sarebbe tornato mai più … Andersen aveva fatto la miglior interpretazione?
Beh, si, in effetti Alucard doveva ammettere che più di una volta aveva creduto di avere un vero bue accovacciato dietro di se: insomma, l’odore e la stazza erano quelli e il muggito era talmente realistico che una mucca vera, al suo cospetto, sarebbe sembrata di plastica, di quelle che hanno sulla pancia il meccanismo che suona se lo schiacci.
Il tabellone venne aggiornato con il punteggio definitivo della prima settimana trascorsa nella casa del grande macello
Hellsing – 17
Phantomhive – 18