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giovedì 4 febbraio 2016

Capitolo 28 - Mattina con i Phantomhive

Cap. 28
Mattina con i Phantomhive

Era il ventisette dicembre e tutti erano esausti nella squadra Phantomhive, eccetto forse Sebastian.
Senza contare che Ciel aveva anche una crisi di nervi più accentuata del solito: il rancore che si era lasciato alle spalle per tanto tempo, l’odio e la rabbia seppelliti in fondo al cuore, quel giorno li stava riversando tutta sulla povera servitù che non aveva fatto nulla di male.
A contribuire, la sveglia di quella mattina era rappresentata dalla canzone “Smooth Criminal” del famosissimo Michael Jackson, sparata a tutto volume, con gli urletti tipici del cantante che riverberavano sinistramente per la casa, con i precedenti concorrenti dei reality che, dentro il cortile interno, si agitavano urlando e cantando il ritornello quei pochi che lo sapevano con lo scemo che faceva movimenti facilmente scambiabili per quelli che gli zombie del video di Thriller facevano, capitanati da Michael Jackson, ma questo stava semplicemente facendo i suoi passi abitudinali. Si, avete capito bene: quel povero idiota per camminare normalmente si muoveva in quella maniera.
Ma torniamo ai Phantomhive, perché sennò il titolo di questo capitolo sarebbe “Mattina con gli orrori che abitano il cortile interno” non “Mattina con i Phantomhive”, vi pare?
La servitù, con Smooth Criminal nelle orecchie, si dovette trascinare fino alla sala principale per fare colazione. A dire la verità, Bard fu trasportato da Finnian in quella maniera barbara e orribile, che gli scuoteva tutto e rischiava di non farlo rimettere più. Okay, così è esagerato, ma diciamo che una sbattitina così non faceva esattamente bene alla sua povera salute.
Finnian, per rendere il clima ancora più teso, continuava a chiedere a tutti se ieri era stato bravo, soprattutto a Sebastian, nonostante Ciel si innervosisse al posto del maggiordomo.
Meirin, quel giorno, insistette perché mangiassero tutti quanti, si, anche Sebastian, dei cereali e un sacco di latte. Perché Meirin era fissata che, citando lei, “Non si deve mai sottovalutare la potenza del latte! Ti farà crescere sano e forte e le tue ossa saranno più robuste, e i tuoi denti sembreranno denti, anziché non sembrare niente perché non ci sono”.
L’avete capita, la signorina? Però c’aveva ragione.
Così, quella mattina, a tutti quanti fu servita una buona prima colazione con latte e cereali. Per il solo gusto di farlo, Ciel ordinò a Sebastian di mangiare anche lui e fingere di stare fingendo che quei cereali gli piacessero ma riuscirci a malapena. Giusto per creare una scenetta comica e sfogarsi su qualcuno.
Così, Sebastian ingerì apparentemente di malavoglia i cereali e li annaffiò con un pò di quello che, sempre citando lui perché oggi non c’ho voglia di usare parole mie “Il liquido bianco che fa danno se buttato sul pavimento, cosa che fa Finnian ogni santo giorno”, ovvero latte. Fece una faccia convincente, la tipica faccia di uno che vuole fingersi contento delle “prelibatezze” offerte, ma in realtà gli fanno schifo e ha voglia di andare a vomitare.
Ciel si spanciò dalle risate, ridendo in maniera cattiva, mentre gli Hellsing dall’altro lato li guardavano con circospezione. Neppure Seras sembrava volersi più avvicinare, alla squadra avversaria.
All’improvviso, fece irruzione nella sala la belva bionda, il mostro coi boccoli che non sembrano affatto boccoli, quella fissata col kawai. Elizabeth entrò, buttandosi a peso morto su Ciel nel bel mezzo di una risata, che cadde giù dalla sedia, diede una testata a Bard che, adagiato com’era sulla sedia e appoggiato a Meirin, andò a faccia a terra sul pavimento trascinando con se anche la povera cameriera, e Finnian per spirito di solidarietà salì sul tavolo e si buttò a terra.
L’unico che era rimasto composto sulla sua sedia era Sebastian che guardava il tutto con una faccia che se, e dico se, la guardavi attentamente e sapevi decodificare il linguaggio del corpo, vedevi che aveva gli angoli della bocca leggermente alzati e quindi era un pochetto felice.
Ciel strillò, mentre Lizzie continuava a strizzarlo al pari di uno dei suoi orsacchiotti ormai sbudellati a causa delle incursioni precedenti di Alucard. Stavolta il piccolo Conte emise un grido sensato urlando, con una faccia irata che sarebbe stata a pennello su un lupo mannaro e co. «Sebastian, ti ordinò di cadere immediatamente dalla sedia! Ora!».
Sebastian non poté far altro che obbedire: senza completamente muoversi, lasciò che il suo corpo iniziasse a scendere verso il basso, attratto dalla forza di gravità, fino a che anche lui non fu a terra. Dall’altro lato, gli Hellsing si stavano spanciando in una maniera esagerata, soprattutto Alucard che, come tutti sappiamo, aveva una buona propensione per il ridere pazzamente tutto il tempo. Dopotutto la sua risata era contagiosa, e il riso fa buon sangue …
Praticamente avevano le lacrime agli occhi, e ci mancava poco che tutti gli inquilini della casa del reality si trovassero a terra, entrambi con le lacrime agli occhi. Certo per motivi diversi, ma soprassediamo …
Ciel si stizzì e ordinò a tutti di risalire sulle rispettive sedie, respingendo Lizzie che si mise irrimediabilmente a piangere.
Il resto della colazione, finì fra le risa di scherno degli Hellsing, i digrignamenti di denti e i pianti dei Phantomhive.
Poi tutti si congedarono, seguiti dagli sguardi interrogativi di Schrödinger che non capì il motivo di tutta quella ilarità da un lato e imbroncia menti dall’altro. Ma non disse nulla, così poterono facilmente ignorarlo.
I Phantomhive si chiusero nelle rispettive stanze, pensierosi. Ciel osservò il suo anello. Un gioiello di grande valore. Ma maledetto.
Quella sciagura, la sua famiglia se la portava dietro da tempi immemori, forse proprio quando essa venne alla luce. Quello zaffiro, che ornava come un prezioso seppure ordinario decoro l’anello d’argento rilucente, faceva parte di un oggetto più grande, che veniva fin da tempi antichi da tutti allontanato. Era stato posseduto da molti capi politici o da persone in capo alla gerarchia, tutti avidi nobiliastri, che aveva fatto unanimemente una brutta fine. E ora, dopo secoli, dopo essere passata da diverse mani, e dopo che il suo potere malefico si era sempre accresciuto, era arrivato a lui. Sospirò, e si coricò sul letto osservando il soffitto come se fosse qualcosa di inimmaginabile bellezza, o una creatura mai vista prima.
Il ragazzo chiuse gli occhi.
Passetti svelti, cauti. Si avvicinavano. Topi?
Un suono sordo avvertì il Conte che bussavano alla sua porta.
«Chi è?» urlò, brusco. Odiava che il filo dei suoi pensieri fosse interrotto
«Bocchan» rispose la voce di Sebastian Michealis, dall’altro lato della superficie legnosa, con il dovuto rispetto «Credo che sia doveroso informarla, Bocchan, di un incidente avvenuto pochi secondi fa, che non ci fornisce, purtroppo, alcun vantaggio. Anzi, ci rende svantaggiati in confronto a quegli olandesi di poco conto»
«Sono inglesi» lo informò Ciel, messosi a sedere e aggiustandosi con aria inesperta i vestiti da nobile
«Bhè, le origini della donna, del capo, sono olandesi. Infatti, lei è Lady Hellsing, dunque discendente di Abraham Van Helsing, il dottore olandese, colui che per primo domò Dracula, o Alucard che dir si voglia. Ma torniamo al dunque: credo che Finnian si sia appena rotto una gamba»
Ciel scese giù dal letto con rapidità e con eguale ansia si diresse verso la porta, spalancandola. Finnian, per quanto fosse un pò sempliciotto, possedeva comunque una forza straordinaria e uno spirito creativo stranamente esteso per un ragazzo della sua età, che erano indispensabili per delle buone prove. Certo, avrebbero sempre giocato Sebastian, ma se si trattava di qualcosa che richiedeva l’aiuto di tutta la squadra? Dopotutto Finnian era adatto ai lavori manuali. Quindi se si era rotto una gamba, era un problema.
Giunsero al luogo in cui il giardiniere si era infortunato, dove quello, a terra, piangeva e si lamentava a più non posso, tenendosi la gamba fratturata con delicatezza. Intorno a lui, facevano la guardia premurosamente Meirin, con Bard appoggiato in un angolo, impotente.
«Come te la sei rotta?» chiese il Phantomhive, senza giri di parole
«Ah, è stato orribile! Mi … mi ci è caduto sopra un mattone!»
«E chi te lo ha lanciato? Meirin?» insistette, lanciando uno sguardo rabbioso verso la cameriera.
«N-no» balbettò il ragazzo «È caduto sulla gamba» ripetè, con il petto sconquassato dai singhiozzi
«Come ci è finito un mattone sulla tua gamba?» scandì il Conte, spazientito
«Ci è finito… cadendo» ripetè il giardiniere, calmatosi un pò nonostante il respiro affrettato e leggermente difficoltoso, ma almeno aveva smesso di produrre lacrime a quantità industriale
«Ma come? Te l’ha buttato qualcuno?»
«No»
«E allora come?»
«Così» fece sbattere la mano sul pavimento, producendo un suono forte che rimbalzò e risuonò per tutta la casa
«Si, ma da dove veniva il mattone?»
«D-da lì» indicò con un dito il soffitto alto. Effettivamente, se si sapeva osservare, si poteva notare un buco rettangolare, che Finnian difficilmente avrebbe potuto fare, dato che la sua testa non aveva quella forma. Sennò, sarebbe stato di una bruttezza inimmaginabile. Dunque, Finnian aveva ragione: un mattone era caduto dal soffitto. Ma perché? La casa era cadente? O qualcuno … l’aveva fatto di proposito?
«Riesci a muoverla?» intervenne Meirin, poggiandogli una mano fra i capelli biondi
Quando quello provò a fare un qualsiasi movimento con l’arto infortunato, la gamba destra, il dolore gli strappò un urlo acuto. Scosse la testa, mentre altre lacrime scendevano lungo le guance.
«Sebastian» sussurrò Ciel, pensieroso «Prendilo in braccio e portalo nella sua camera»
«Yes, my Lord» annuì il maggiordomo, seppure nella sua testa qualcosa si agitasse a più non posso.
Così, il povero ragazzo fu trasportato nella sua stanza, mentre abbracciava Sebastian come se fosse la sua fidanzata.
Fu adagiato sul letto, con le lenzuola candide che gli furono rimboccate come si fa con i bambini piccoli, mentre la cameriera e il cuoco lo rassicuravano con paroline dolci al suo capezzale. Lo riempirono di attenzioni, lo fecero mangiare davvero, per accelerare la guarigione. Tuttavia, Finnian era umano, e doveva stare a riposo.
«Al diavolo!» strillò a un tratto Ciel, uscendo in fretta e sbattendosi la porta alle spalle. Sentiva di odiare quelle scene.
In parte perché lo disgustavano, tutte quelle moine, quelle cose smielate … ma solo perché, dall’altro lato, anche lui desiderava ricevere un mucchio di attenzioni. Ma non quelle che un servitore rivolgerebbe al suo padrone, quanto un amico ne rivolgerebbe a un altro. Aveva perso da tempo la sensazione di essere coccolato da un amico… o da sua mamma. Il giorno del suo compleanno… ah, lasciamo perdere. Si asciugò rabbiosamente l’unico occhio scoperto e fuggì nella sua stanza. Odiava quei ricordi. E odiava piangere.
Sebastian, nel frattempo, si prese cura del malato, aiutato per quanto fosse possibile dagli altri componenti della servitù, che si preoccupavano, forse in modo esagerato, per l’amico che, nonostante la forza prodigiosa, adesso era a rischio.
E se Alucard avesse deciso di entrare a loro insaputa nella camera per fargli del male? Dopotutto erano mostri senza scrupoli, quegli Hellsing.
Così decisero di fissare dei turni di guardia, per riuscire a tenere la situazione sotto controllo. Per evitare che durante la prima parte della convalescenza venisse abbandonato o gli cadesse in testa qualche armadio, uccidendolo del tutto, misero per primo a guardia Bard. Il giorno seguente, sarebbe toccato a Meirin, e poi a Sebastian, per poi ricominciare dal cuoco.
L’uomo si posizionò davanti alla porta … non appena si fu posizionato davanti alla porta, nella posizione del loto, e cominciò a guardarsi intorno con aria circospetta.
Annusò, nel caso nell’aria ci fossero odori che avessero potuto aiutarlo o avvisarlo.
Un rumore di passi. Gli sfuggì un gemito strozzato. E se era Alucard, come si difendeva? Stava scervellandosi, quando vide che era solo il Bocchan, che si asciugava rabbiosamente l’occhio scoperto, paonazzo in volto e con un’andatura da far pensare che fosse un ricercato con la polizia alle costole.
Bard si rilassò, però poi si ricordò che era una sentinella. E una sentinella non deve essere mai rilassata.
Cinque minuti dopo, sembrava emanare tensione. Se c’era un topo nelle vicinanze (cosa difficile a causa di entrambi gli efficienti maggiordomi, casomai era Alucard che gli faceva fare un “giretto” per casa) cominciava a camminare come se fosse fatto di legno.
E così, fra Meirin giù di corda, Sebastian intento a pulire ogni singolo angolo della casa, forse perché era un maggiordomo, forse per distrarsi, e Ciel che dopo essersi sfogato a piangere voleva pestare i piedi a ogni essere vivente che incontrava, e Finnian adagiato sul letto e coccolato, e Bard che era una statua di sale dolorante, la mattinata dei Phantomhive passò con una lentezza esasperante.


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