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giovedì 14 gennaio 2016

Capitolo 26 - Preparazione della settima prova

Cap. 26
Preparazione della settima prova

La notte passò in fretta, perché senza Alucard che giocava ai videogiochi era uno spasso sonnecchiare placidamente. Certo, Finnian sognò che Tanaka-san moriva in ospedale, a causa di un’iniezione sbagliata, e Bard sognò che Tanaka-san si era beccato l’Aids, la tubercolosi e la peste bubbonica, ma questi sono solo dettagli vero? Ah, e Ciel aveva di nuovo bagnato il letto. E non era sudore … cioè, non solo sudore. Sebastian era leggermente stressato a dire il vero … anche questi dettagli? Non credo. Ok, potremmo anche dire che la notte passò in fretta, ma non fu una notte del tutto serena.
Quanto agli Hellsing, loro erano riposati per quanto potevano esserlo i partecipanti al reality più bastardo dell’ultimo secolo. Insomma, Integra aveva dormito come una principessa sopra cinquanta materassi, ma senza il mitico legume sotto di essi, Alucard e Seras avevano silenziosamente saltellato per tutto il castello (ok, più che una casa è un castello, cosa c’è di male?) e Walter si sentiva le braccia a pezzi a causa del lavoro sfiancante alla quale era stato sottoposto il giorno precedente.
Erano tutti già svegli quando il famoso “risveglio” uscì dagli altoparlanti. In questo caso si trattava di una canzone piuttosto famosa che ricorderete di sicuro … ricorderete di certo “Waka Waka”, vero? So cosa state pensando e, lo so, lo so, l’avevano già usata Waka Waka, ma … non avevano mai sentito la versione in spagnolo, giusto?
Tutti, al risuonare della canzone più famosa e terribile del mondo, si riunirono immediatamente nella sala grande per far smettere quella canzoncina da scempio mondiale. Non che fosse orrenda, ma a prima mattina sentirsi risuonare nelle orecchie urli di negri e versi di rigurgito non è esattamente il massimo.
«Ehilà!» salutò la voce dagli altoparlanti, su uno dei quali era comodamente appisolato Schrödinger, stravaccato comodamente ma che non dava segni di volersi svegliare neppure con Waka Waka «Pronti per un’altra entusiasmante prova?»
«No» fecero tutti in coro i partecipanti, alcuni esasperati e altri di umore particolarmente dispettoso
«E io ve la faccio subire lo stesso! E poi, ehi ragazzi, non deprimetevi adesso, ci saranno ancora un sacco di prova da fare. Rischiate l’esaurimento nervoso!» gli fece con voce solare, raggiante «Ma adesso passiamo al dunque: dovete prepararvi per la prova di stasera, che consisterà nel … presepe vivente!»
Gli Hellsing guardarono sogghignando Walter che scrollò le spalle: sarebbe di sicuro toccato a lui mettersi il pannolino e fare il piccolo Gesù.
I Kuroshitsujiani guardarono preoccupati Ciel che restituì rabbiosamente l’occhiata con l’occhio solo: lui era l’unico che poteva fare Gesù Bambino, e non tutti erano convinti che fosse all’altezza
«Su, forza! Mi sa che dovete organizzarvi un pò … e per nostra gentile concessione vi diamo anche i vestiti»
Proprio in quel momento i Grozzi fecero la loro grozza apparizione. Tutti portavano una scatola diversa. Il “tutti” comprendeva due agenti Grozzi, o Tizi Vestiti come Agenti dell’FBI. Consegnarono una scatola agli Hellsing e una ai Phantomhive «Queste» proseguì la voce «contengono il necessario per l’interpretazione. Indossateli seguendo i vostri personaggi. E mi raccomando, non vestite Gesù da Madonna e Giuseppe da Re Magio, o come diavolo si dica. Bene, vi basti sapere che, per riprendere punti, cominceranno i Phantomhive»
«Ma così cominciamo sempre noi!» si lagnò Finnian «Quando siamo in svantaggio per guadagnare punti e quando siamo in vantaggio per mantenere il titolo e rimarcare la supremazia! È così ingiusto!»
«La vita è crudele, baby! E comunque si, inizierete sempre voi, è la vostra condanna. Ma bando alle ciance! Preparate le ambientazioni e tutto ciò che vi serve! Go, go, go!»
«E quello che ci serve dove sarebbe?» obiettò Walter, alzando un indice
«Là» disse la voce, mentre i Grozzi presenti provvedevano a indicare il punto.
Roba su roba su roba su altra roba ancora.
Carino.
Ennesimo imprevisto: i nostri eroi avrebbero dovuto trasformare la roba in qualcosa di utilizzabile. O almeno così credevano, visto che era tutto normale, ma si era un pò … afflosciato durante il viaggio.
Certo, poi, il fatto di dover costruire una capanna e il paesaggio circostante in circa diciannove ore, fra i litigi e i disaccordi vari non aiutava.
Ma almeno, i nostri cari ragazzi della casa del grande macello ci provarono.
I Phantomhive, ovviamente, lasciarono fare tutto a Sebastian mentre Ciel si beveva il thè e la servitù si deprimeva per l’accaduto al povero Tanaka-san, mentre Finny piangeva preso dai sensi di colpa.
Schrödinger di svegliarsi manco a parlarne: continuava a stare sdraiato e ciò che faceva capire che era ancora vivo erano il respiro e le orecchie che si muovevano. Oh, e la coda che continuava a ondeggiare peggio dei fiori bianchi nel cortile interno.
Senza contare che adesso potevano avvalersi dell’aiuto di Padre Andersen che, trattandosi di inscenare la Natività cristiana, si mise d’impegno e buona volontà e lavorò alacremente, più di tutti gli altri, finché non ebbe finito tutta la sua parte di scenografia e si ritirò piamente a pregare nella sua camera. Seras sospirò di sollievo, sperando che quel mostro non tornasse … peccato che il prete fosse assolutamente obbligato a fare una cosa del genere.
Nel frattempo, i conigli si guardavano intorno, da dentro l’armadio. Conigliomane dette il via libera. Si, può sembrarvi strana una frase del genere, ma pensavate che dessimo dei conigli normali ai nostri prigion … amici?
Erano intelligenti. Intendo, molto intelligenti. Bhè, a parte Mastahrello che era tanto ma tanto deficiente. E forse Sigaro che era stato un pò sballottato.
I conigli uscirono furtivamente dall’armadio in cui erano stati riposti con cura per evitare di fuggire. Ma Conigliomane era un esperto di fughe, come già detto, e di imprese eroiche, e riuscì a trovare un modo che non riveleremo. Anche perché non lo sappiamo …
Mastahrello fu irresistibilmente attratto da un particolare della parete e si avvicinò al muro. Come i suoi compagni scoprirono un millisecondo dopo era attratto dal muro. Più precisamente dallo spaccarsi la testa contro il muro.
Baionetta lo guardò con aria di compatimento estrema, abbassando persino un’orecchia in modo singolarmente buffo. Conigliomane prese a testate Mastahrello finché questi non capì che l’intento della missione non era sbattere ripetutamente la testolina, e allora li seguì.
Si dia il caso che i conigli non ne potevano più di stare chiusi e avevano fame. Quindi il primo posto che venne in mente al capo della fila, ovvero Conigliomane, fu il cortile interno. Insomma, vegetali ce n’erano pure tanti, e lì gli umani non ci si avventuravano quasi mai. Solo quello che si prendeva cura di lui era entrato e non sembrava esserne rimasto molto contento.
Conclusione: il posto era libero e per conigli affamati.
Ma i membri del folto gruppo dei conigli appartenenti ad entrambe le parti (anche gli altri, guidati da Annette, erano riusciti a liberarsi) cominciarono a mancare. Dapprima persero Sigaro, che si buttò a capofitto contro un caminetto e fece il suo solito “mi-faccio-male-vado-via-lo-dimentico-mi-rifaccio-male” con il fuoco.
Poi Mastahrello non volle più sentire ragioni e si buttò contro il muro tante volte fino a intontirsi, svenne e si accasciò sul terreno.
Quattr’occhi rimase incastrata sotto una libreria che le era misteriosamente caduta addosso. E misteriosamente è una parola del tutto “inazzeccata”, visto che sapevano tutti che Quattr’occhi, proprio come Meirin, aveva la brutta abitudine di farsi cadere tutto addosso.
I sopravvissuti, con Conigliomane e Annette che sfilavano davanti a tutti, si diressero verso il paradiso dei lagomorfi, oltrepassando la stanza di Angel Dust e dirigendosi a saltelli veloci verso la loro meta …
Erano arrivati. Nonostante le perdite, ce l’avevano fatta.
Tutti alzarono i musi stupiti. Il posto su cui circolavano migliaia di terrificanti leggende, il proibito cortile interno, la terrificante prigione dei perdenti era un posto favoloso.
C’era il Sole, nonostante fosse un cortile interno, e nell’aria svolazzavano farfalle variopinte, poco numerose ma presenti.
L’erba era sterminata e di un colore sano e intenso, e i fiori bianchi si erano chiusi per lasciare la scena a un sacco di fiori policromatici, un arcobaleno che si stendeva su tutto il famoso prato. Il muro, quello che agli occhi del maggiordomo degli Hellsing era parso inquietantemente fuori posto, era baciato dai raggi della stella enorme e forniva una comoda e fresca ombra per il riposo. Dietro di esso, vi erano annidate … si, delle carote.
Ci prendiamo cura dei nostri animaletti, no?
L’edera sulla struttura forniva un contrasto solare, e l’intero posto non aveva proprio niente di solare. Piuttosto in stile “giornata di sole in riva al mare”. Insomma un bel paradiso.
Gli animaletti si fiondarono senza esitazioni all’interno del posto proibito, e ognuno scelse il proprio posto e il proprio ruolo.
Il capo della gang era il temibile Piscio, i suoi subordinati più vicini erano Baionetta e Annette. Poi veniva l’essenziale scassinatore e guardia Conigliomane, un pò il tecnico del gruppo, subito seguito in quanto a grado gerarchico da Sigaro e Quattr’occhi, Orbo e Mastahrello erano gli ultimi, in fondo alla gerarchia conigliaria, e alla fine di tutti c’era il misterioso e silenzioso, quasi invisibile Oh oh oh.
E così fu stabilita la gerarchia dei lagomorfi mutanti. No, non erano esattamente mutanti, ma avevano subito un paio di ehm … esperimenti al loro cervellino e diciamo che erano diventati … uhm … assi della matematica?
Ma lasciamo un attimo perdere i conigli e le loro avventure, torniamo a vedere cosa stava succedendo alle nostre due squadre.
Alucard era seduto sul pavimento a gambe incrociate e meditava in silenzio, guardandosi i piedoni. Si era tolto gli stivali e mostrava un paio di pesanti calzettoni invernali stampati a pipistrelli con faccini gioiosi. Ovviamente non era stato costretto a indossare una cosa simile, anche perché dubitiamo grandemente che questo capo di abbigliamento si trovi anche nei negozi, ma immaginava di essere vestito così e la sua immaginazione gli permetteva di mutare forma e di assumere persino un abbigliamento diverso.
Walter lo guardò di sottecchi, poi, dopo aver aggiunto un’altra manciata di muschio al tetto della rudimentale stalla costruita in un battibaleno, si voltò di scatto e urlò
«Ma è possibile che grande e grosso come sei non fai mai niente?!»
«Zitto» Alucard, con il gesto ampio e morbido di un guru pieno di pace e amore, alzò una mano «Non vedi che sto meditando su quanto la vita sia ingiusta?»
«No, vedo solo che non stai facendo un ca …»
«Un bambino non dovrebbe mai dire le parolacce» lo interruppe il vampiro, chiudendo gli occhi
«Bastardo! Non stai facendo un tubo di niente, anche se grande e grosso come sei dovresti essere tu ad occuparti della costruzione degli edifici!»
«Mi sto occupando di …»
«Tu non puoi nemmeno meditare sull’ingiustizia della vita!» Walter battè un pugno chiuso sul palmo aperto dell’altra mano, in maniera trionfale «Caspita, sei anche morto! Tu non ce l’hai una vita!»
«Ah?» Alucard riaprì di colpo gli occhi e battè le palpebre perplesso «Come, come non ho una vita?»
«Ormai sono cinquecento, no, seicento anni che sei un cadavere!».
Alucard si alzò in piedi lentamente, guardandosi le mani inguantate di bianco. Qualcosa di deprimente e oscuro si impadronì di lui
«Chi sono?» mormorò «Cosa sono diventato?»
«San Giuseppe» rispose Integra, seccamente, buttandogli in testa una pezza marrone «Legatela al cranio, come un terrorista iracheno».
Alucard sbuffò, poi parve illuminarsi e prese la pezza che aveva in testa
«San Giuseppe!» esclamò «Ma certo, ma certo!».
Walter, allarmato, retrocesse fino ad affiancarsi a Seras e Integra, che come due brave ragazze (straordinario, Integra non si comportava mai come una ragazza) stavano scegliendo i vestiti
«Hey» disse «Mi sa che si è appena convinto di essere San Giuseppe»
«Il Mastah si crede san Giuseppe?» Seras sorrise «Ma lui è il Mastah, non è san Giuseppe!»
«Lo so, ma … quando ha queste crisi non si capisce mai bene se faccia finta oppure no. Ti ricordi quando ha detto di essere un principe?»
«Lui è un principe» corresse Integra
«Ma non era un conte?»
«No. Tutta colpa di Bram Stoker e del suo romanzetto da quattro sol …»
«Non offendere Bram Stoker!» strillò Alucard «Quello è il mio autore preferito!»
«Fantastico, a san Giuseppe piace Stoker …» Integra represse l’impulso di ridacchiare, lei non ridacchiava mai, lei sogghignava malignamente oppure rideva, non c’erano vie di mezzo « … Allora, san Giuseppe, che  ne pensi di iniziare a prepararti? Gesù, tuo figlio, nascerà fra poco …»
«Gesù non è mio figlio!» Alucard sembrava offeso «Maria mi ha messo le corna, sicuro come la morte. Dice che Gesù è il figlio di Dio portato dall’Arcangelo Gabriele. E sai chi è l’Arcangelo Gabriele? Il nostro vicino di casa! Ma non potevo portarglielo io il figlio di Dio? No, la realtà è che una pulzella come Maria mi trova troppo vecchio … e io che le voglio tanto bene …».
Integra aprì leggermente la bocca per lo stupore, facendo ciondolare mestamente il sigaro, probabilmente la più grossa espressione di incredulità che il suo viso era capace di proporre. Alucard si credeva davvero San Giuseppe? E se era così, quanto sarebbe potuto durare?
«Ecco!» Esclamò Walter, esasperato «Hai visto? Il vampiro si crede san Giuseppe …»
«Alucard» Integra afferrò il vampiro per il fiocco rosso e lo tirò verso di se «Tu sei Alucard, non san Giuseppe. Tu sei Drac … »
«Lo so» Alucard sorrise nella sua maniera truce, ben poco da santo «Solo che volevo entrare nel personaggio. Ci ho messo mezz’ora di meditazione per capire come comportarmi da San Giuseppe, ma dovevo veramente sentirmi come lui per farlo. Adesso … avete rovinato tutto!»
«Stupido vampiro, non farci preoccupare, tu e la tua interpretazione dei personaggi!»
«Mi dispiace, my Master! Ma intendevo solo portare più punti alla squadra con un’interpretazione decente …»
«Figurati» Integra lasciò andare il fiocco rosso del vampiro e si mise le mani sui fianchi, per apparire più imponente forse, anche se non ne aveva alcun bisogno «Tu neanche ci somigli a San Giuseppe! Ti avrebbero preso per un pazzo troppo zelante … sai cosa dovresti fare?»
«Cosa?»
Integra si passò una mano sul viso, lentamente «Fatti crescere la barba»
«Cosa?» Alucard retrocedette «Ma io sono un vampiro, sono morto! Come diavolo faccio a farmi crescere la barba?»
«Per prima cosa, so benissimo che puoi assumere l’aspetto che immagini. L’unica cosa che di te non può mutare sono gli occhi, che rimangono sempre e comunque rossi. Per seconda cosa … adesso facciamo uscire il tuo livello zero»
«No, my Master!» Alucard si gettò in ginocchio «La mia parte Vlad è addormentata da un bel pò di tempo, se si sveglia senza che questo avvenga di sua spontanea volontà, potrebbe diventare nervoso! E sai com’è Vlad nervoso, no?»
«No. Con me non è mai stato nervoso» tagliò corto Integra, poi sogghignò in quella maniera malvagia che la contraddistingueva, con il sigaro all’angolo della bocca «Sai, è ora di fare uscire il principe. Lui sarà un buon santo … dopotutto, era o non era lui che in nome della croce combatté contro i turchi?»
«Ti prego, my Master!»
«Lady Integra Hellsing, siamo sicuri che è proprio necessario?» chiese Walter, tormentandosi le mani
«Mastah …» mormorò Seras, lasciando la bocca aperta e facendo si che tutte le mosche ci entrassero
«Si» rispose lady Hellsing, togliendosi il sigaro di bocca «Per il patto di Cromwell, ordino che tutte i sigilli e le relative restrizioni vengano sciolte. Livello zero».
Un’oscurità fitta avvolse Alucard.
«Mastah …» ripetè Seras, sputando fuori le mosche.
E al posto di Alucard comparve …
Nel frattempo (si, vogliamo creare la suspence) la famiglia Phantomhive sembrava cavarsela meglio. Forse perché l’unico a lavorare era Sebastian ed essendo egli un maggiordomo demoniaco era efficientissimo e perfetto nei minimi dettagli.

Per non parlare del paesaggio intorno alla capanna: nonostante il materiale fornito fosse inservibile (in realtà era utilizzabilissimo! N.d.R le autrici sono stizzite) l’ambiente attorno alla capanna perfetta, che sembrava regale quanto bastava per dire che Ciel Bambino non sarebbe nato in una vile stalla da straccioni, era assolutamente impagabile. Le montagne erano realisticissime, nonostante fossero state create con un materiale sottile … carta pesta marrone, ogni singola curva o spigolo di una montagna reale era riprodotta con perizia inumana, e, incredibile ma vero, c’era anche un albero, un enorme abete. Non si sa come fosse lì, non si sa da dove fosse apparso, ma sospettiamo un’insubordinazione da parte dei Grozzi … che peraltro furono prontamente puniti.
Il muschio era messo precisamente verso nord, né più né meno, e in questo caso, senza ribellioni grozze in mezzo, era vero e morbido.
Più in là c’era anche una perfetta, seppure futile, riproduzione dell’edificio troppo pieno più vicino, quello che non aveva voluto ospitare Giuseppe e Maria. Era arci-stra-fantasticamente realistico.   
Tutti i Kuroshitsujiani indossavano i loro costumi, preparati da Meirin che, almeno questo, lo sapeva fare bene.
Giuseppe era interpretato da Sebastian Michaelis, che si era munito di barba, così realistica da essere stata fatta … con il pennarello. Possedeva per la recita un bastone di legno nodoso e, citando lui, “rude e barbaro”. Indossava una specie di abito lungo e marrone, piuttosto largo e stretto in vita da una corda spessa e dura, dorata. Era inflessibile e, come Alucard, aveva intenzione di entrare nel personaggio per essere il migliore.
Maria, la Super Sayan … la Santissima Madonna (scusate per la confusione di S.S.), era interpretata da Meirin. Per l’occasione, si era persino tolta gli occhiali per un’interpretazione verosimigliante della Madonna. E diciamo che i suoi occhi erano niente male. I suoi capelli, per la prima volta, erano liberi, ed erano … strani, visto che nessuno li aveva mai visti liberi. Indossava un vestito lungo, di un bel turchino chiaro, con quella specie di scialle che Maria usava mettersi in testa, in questo caso di colore rosa. I capelli fucsia non aiutavano di certo per l’interpretazione realistica. Era agitata, si muoveva in continuazione, e non sembrava avere voglia d’immedesimarsi.
Gesù Bambino, il Santo per eccellenza e fulcro della santità in terra, era interpretato da Ciel Phantomhive. Il suo abbigliamento comprendeva: un pannolino. E stop. Non aveva neppure la benda, visto che Gesù, a pensarci bene, non era nato cieco da un occhio, mi pare. Certo, non era neppure nato con uno strano ghirigoro viola su un occhio enorme, non aveva i capelli blu e non era rancoroso e borioso e non era fissato col thè. Insomma, Ciel non era esattamente un delizioso Gesù. Il Conte, guadando tutti negli occhi, continuava a ribadire come un deficiente di essere Ciel Phantomhive. Da questo possiamo capire che non gli andava di farsi passare per Gesù. 
Finnian e Bard facevano i Re Magi. In origine, i Re Magi dovevano essere tre, ma mancava Tanaka-san., Che dire? Il terzo Re Magio era infortunato per emorragia da scivolamento su saponetta di tizio sbadato.
I due dovevano portare teoricamente Finnian l’oro e Bard la mirra, ma il giardiniere (era più forte) fu costretto a portare anche l’incenso, e cominciò da subito ad assorbirsi quel delizioso odorino e impuzzarsi, rendendosi sgradevolmente simile all’odorato dei suoi compagni a una moffetta.
Nonostante questo i loro vestiti avevano tutta l’aria di essere molto, molto preziosi. Erano tipici arabi, lunghi e avvolgenti, pieni di ricami. Quello di Bard era verde con ricami rossi e blu, quello di Finnian blu con ricami di oro puro.
«Non è leale» strillò Bard, alzando infantilmente, o teatralmente, i pugni al cielo «Autrici della malora, perché non date anche a me un bel vestito?»
«Infimo cuoco!» tuonò l’altoparlante, solenne «Non ti doniamo un bel vestito … perché non ci piaci»
«Ma questo è favoritismo!» piagnucolò il Kuroshitsujiano, abbassando i pugni «Non vale!»
«Siamo noi le conduttrici» disse autoritaria la voce «E stop, prima che ti puniamo!»
«Perché parli con il “noi”?»
«Perché mi piace»
«Perché ti piace?»
«Perché mi fa sentire importante»
«Perché ti fa sentire importante?»
«Perché non te ne frega niente»
«Perché non me ne frega niente?»
«E io che ne so? Scoprilo da solo!» fece la conduttrice, trionfante, poi le altoparlanti si spensero.
Schrödinger iniziò a correre in giro per la stanza, terrorizzato. Si era appena addormentato su un coso che ruggiva! Bhè, il coso che ruggiva era l’altoparlante, a dirla tutta … ma era un coso che ruggiva!
Integra lo afferrò per un’orecchia felina e lo tirò a sé mentre quello piangeva di spavento e soprattutto dolore.
«Ahia! Le orecchie! Lasciami!» strillò mentre si agitava, tentando di divincolarsi dalla presa d’acciaio della donna
«Finiscila, allora, di correre in tondo e svanisci. Non vorrai farti male, spero» rispose lei, pacata, tirando, come a sottolineare tutto, un’ultima volta l’orecchio al cat-boy «Di rogne ce ne hai date già troppe, Schrödinger»
Con un puf soffocato, il nazista svanì nel nulla.
Alucard, nel frattempo, era diventato Vlad III di Valacchia, ovvero se stesso quando era ancora vivo. Mai sentito parlare del principe impalatore, kaziglu bey? No?
Facciamo finta di no. Ma è veramente difficile che voi non conosciate Dracula.
In ogni caso Alucard sembrava molto cambiato. Era, innanzitutto, notevolmente più basso, sul metro e ottanta, e poi sembrava più … umano, forse? Forse era quello l’effetto che facevano i baffoni neri come catrame che gli erano appena spuntati sopra il naso prominente, correlati da una barbetta scompigliata che si faceva più folta in corrispondenza del centro del mento, dove formava una striscia color carbone.
I capelli, che di solito erano spettinati e tutti riversati su un lato della testa, con quella frangia pesante, erano parecchio più lunghi, sfioravano i fianchi, e si arricciavano morbidamente.
Baffi, barba, capelli lunghi. Sembrava un principe a tratti e a tratti uno appena scappato da un campo di concentramento, con tanto di occhiaie violacee sotto le palpebre pesanti e i denti spessi, animaleschi, che spuntavano dalle labbra atteggiate a un sorriso leggero. Niente paralisi facciale, niente braccia lunghe come quelle di un orango, quasi, se non fosse stato per il naso e per gli occhioni rossi, non sembrava neppure Alucard.
Un’armatura medioevale, pesante, ricopriva il suo corpo tarchiato: le placche metalliche risplendevano alla luce artificiale della stanza, mandando lugubri bagliori. Un mantello rosso gli cingeva le spalle e ricadeva lungo il dorso, formando drappeggi di velluto, ma la sua estremità era irregolare e stracciata, come a ricordare che quell’ornamento non apparteneva a un re qualunque, ma ad un guerriero.
Integra, appena ebbe visto scomparire nel nulla Schrödinger, si voltò verso Vlad. Represse un sospiro: per lei, quel guerriero rude rappresentava il coronamento degli sforzi della famiglia Hellsing.
Vlad Dracula, l’uomo che non fu vinto neppure dalla morte … si, apparteneva a lei adesso, apparteneva agli Hellsing, gli unici che mai lo avessero piegato.
Vlad abbassò la testa docilmente e poco non ci mancò che si inginocchiasse, rispettoso
«Eccomi, come desideri, Integra» mormorò, la voce che si inabissava profonda e variava di tono secondo quello che era l’accento rumeno
«Molto bene, Alucard» lady Hellsing preferiva continuare a chiamarlo con lo stesso nome, tanto per non perdere la percezione dell’identità del vampiro «Adesso devi indossare il vestito da San Giuseppe …».
Non ebbe neanche bisogno di dirlo: Vlad iniziò a levarsi l’armatura lì, in mezzo allo stanzone. Di fronte a tutti … Seras gli si piazzò davanti, con le braccia spalancate
«Ahhh! Il Mastah non si guarda!» strillò allarmata, mentre alle sue parole faceva da sottofondo il rumore dei pezzi dell’armatura che cadevano pesantemente a terra.
Finnian si girò, con la faccia di uno che ha subito un bruttissimo choc, con gli occhi spalancati a guardare il vuoto … il pavimento, più che altro, imitato da Bard che aveva piuttosto una faccia disgustata.
Sebastian rimase impassibile, mentre Ciel,si copriva gli occhi con le mani come un bimbo innocente.
Meirin aveva gli occhi spalancati, ma non era girata dall’altro lato. Senza alcun preavviso, dalle sue narici sgorgò un fiotto di sangue rosso e intenso, continuo. Reclinò la testa, mentre il fiotto, esagerato per appartenere a un comune essere umano, zampillava imperterrito. La cameriera stette immobile, così, mentre pronunciava una lunga fila di «Ah … ah … ah …» da persona agonizzante schiacciata da un camion con rimorchio.
I Kuroshitsujiani si allontanarono, cauti e preoccupati, mentre Seras si avvicinò. La sua indole di vampira gli aveva assolutamente imposto di andare a bere quel sangue. Era un’occasione imperdibile! Quell’umana stava facendo la fontanella, e mentre lei non faceva nulla di male il sangue non sarebbe perlomeno andato sprecato, non avrebbe sporcato il pavimento e Waltah-san non si sarebbe lamentato. Vantaggioso per tutti, no?
Peccato che, così facendo, lasciò sprovvisto di censura il suo master.
Walter si tappò gli occhi esclamando cose del tipo «Aaah! Mi si blocca la crescita!», mentre Integra rimaneva assolutamente impassibile e imperturbabile.
Seras, che aveva appena iniziato a bere come si farebbe da una comune fontanella, si accorse delle frasi del maggiordomo dell’Hellsing e si girò, allarmata. Si accorse della gravità del suo errore … ce lo avrebbe avuto per sempre sulla coscienza! Aveva appena lasciato il Mastah senza censura!
Combattendo con l’impulso di prosciugare Meirin, corse per andare a pararasi nuovamente davanti a Vlad, sforzandosi di ignorare l’appetitosa cameriera.
«Mastah! E tu non dici niente? Vedi che ti guardano!» gli urlò la Police Girl, scuotendo la testa e aprendo la bocca come un forno nell’esclamare un lunghissimo, finale “Mastaaahhh!”.
Vlad era rimasto in mutandoni di pelliccia marrone e nera di marmotta transilvanica che, tanto per farvi immaginare la scena, faceva pendant con il tappeto pelliccia del tutto naturale e viva che si ritrovava sul petto e sui polpacci costellati di cicatrici. Senza preoccuparsi più di tanto, il guerriero si strinse nelle spalle e commentò con filosofia impeccabile
«Lascia che guardino pure, non neghi ai visitatori di un museo di guardare un’opera d’arte, vero?»
«Mastahhh!» Seras pestò i piedi per terra «Non fare il pervertito!»
«Io?» Vlad si infilò la tunica da San Giuseppe e si tirò il cappuccio sui riccioli neri, lasciando sfuggire solo la frangia «Sono loro che guardano me, non il contrario» le sue labbra si strinsero per qualche istante con disappunto, poi sfuggì una breve risata «E comunque non sarai tu a dirmi cosa devo fare e cosa no, giovane vampira»
«Non mi hai chiamata Police Girl!»
«No. Hai un nome: Seras Victoria. Dannazione, hai già intrapreso il cammino delle tenebre, non vedo il motivo per cui dovrei ancora chiamarti con quel ridicolo nomignolo, non credi?».
Seras iniziò a saltellare di gioia e Walter si mise le mani fra i capelli: sapeva bene che se Seras avesse continuato così, quello che sarebbe rimasto delle pregiate scenografie e di tutto il suo lavoro sarebbe stato un mucchio di polvere e assi pestate.
Integra si mise il vestito da Madonna sopra il completo in giacca e cravatta
«Bene» disse, ancora con il sigaro fra le labbra «Vediamo di calarci un poco nel personaggio, che ne pensi, Alucard?»
«Un’ottima idea, my Master» Vlad si stava allacciando i sandali, abbassato, e la risposta, avendo il diaframma e i polmoni contratti, gli venne leggermente sfiatata.
Integra diede un buffetto sulla testa del vampiro e poi gli tolse il cappuccio
«Non coprirli» disse, indicando i capelli «Stai molto meglio così».
Alucard, sottoforma di personalità rintanata nella testa di Vlad l’impalatore, si stava mangiando le sue mani incorporee.
Quanto a Vlad, se avesse potuto arrossire lo avrebbe fatto: il contatto fisico con il suo master lo lasciava sempre un pò sorpreso e comunque lo intimoriva abbastanza. Al contrario della personalità di Alucard, che nulla aveva di umano e tutto aveva di un cucciolo mostruoso, Vlad si comportava in maniera più rispettosa e distaccata. Si, direte, erano la stessa persona, ma rimanevano comunque due facce di una stessa moneta, due caratteri dominati dal desiderio di violenza, ma con pensieri ed emozioni diverse.
Integra, dal canto suo, sapeva bene che ogni volta che toccava Vlad lo metteva in imbarazzo: era proprio per questo che non si faceva sfuggire occasione di mettergli le mani addosso, per dimostrare chi comandava, chi poteva prendersi la libertà di fare ciò che voleva.
Perdinci, era o non era una Hellsing?
Quanto a Walter, lui aveva tanta voglia di rintanarsi in un angolo. Odiava Vlad, lo aveva sempre odiato, e per di più lo aveva appena visto mezzo nudo in mutandoni di pelliccia … con tutte quelle cicatrici biancastre frastagliate e i peli, bleah, che orrore … il maggiordomo si mise le mani sulla bocca, soffocando un conato di vomito. Strano, Walter sopportava benissimo la vista di ghouls affettati e non quella di un uomo mezzo nudo … beh, di un uomo come Vlad, per intenderci, che non era proprio carino e delicato.  
«Mastah!» esclamò la Police Girl, su di giri «Io che faccio?»
«Sarai … cosa può fare? Ci sono!» esclamò «La stella cometa!»
«La stella cometa, Mastah? E dove lo abbiamo un vestito da stella cometa?»
«Ti avvolgiamo nelle luci colorate, gialle» propose Integra, che faceva davvero uno strano effetto conciata da Madonna «E ti appendiamo al soffitto»
«Un’ottima idea, Master» approvò Vlad, con un’aria servizievole
«Siii!» gioì Seras, prendendo a pugni l’aria con fare vittorioso «Farò la stella cometa!»
Così la Police Girl fu presa e avvolta nelle luci colorate, che di solito si mettono per adornare gli alberi di Natale. Dopodiché fu consegnata ai Grozzi che, facendo un lavoro a catena, se la passarono fino a essere data a uno dei Grozzi su una scala che la salì e riuscì ad appendere la vampira al soffitto. E così, immobilizzata e felice, Seras adempì al suo compito e si calò nella sua preziosa e indispensabile parte.
Walter fu letteralmente costretto a indossare quello che si definiva comunemente “pannolino”. Diventò rosso, protestò, iniziò a urlare, ma a causa dell’intervento di Integra fu tutto inutile. Non si disubbidisce al Master Integra, mai, mai e poi mai. Almeno nell’interesse dell’imputato.
E fu così che tutto fu pronto quando arrivò Alexander Andersen. La sua massa enorme, coronata dal ciuffo di corti capelli biondi sparati in aria, comparve nel corridoio con gli occhiali tondi brillanti di luce riflessa e caracollò mestamente fino ad avvicinarsi al lato dei Phantomhive.
Fu inutile che Sebastian cercasse, garbatamente, di mettersi davanti per evitare che il prete si avvicinasse a Ciel: Andersen, semplicemente, avanzò come un carro armato e si portò di fronte al piccolo erede dei Phantomhive, chinandosi su di lui
«Che dolce!» esclamò, con il suo vocione roco che voleva, forse, inclinarsi in note dolci e pucciose «Sei proprio un bambino carino, lo sai?»
«Io sono Ciel Phantomhive!» ruggì il “bambino carino”, mettendosi in punta di piedi e gonfiando il petto «E sto interpretando Gesù bambino, perciò ora scostati brutto clericale peloso!».
Andersen emise un “awww” deliziato, esattamente come le fan girl quando si trovano di fronte ad un piccolo, pucciosissimo, personaggio degli anime
«Così piccolino, così giovane, e pure buon cristiano, così dedito alla chiesa … » una delle sue enormi mani si avvicinò al povero, piccolo, faccino di Ciel e un ditone con la nocca pelosa solleticò il mento del ragazzino, in quello che, in via del tutto teorica, era un gesto d’affetto «Sei davvero così tenero, piccolino!».
Ciel spalancò gli occhi, disgustato e terrorizzato al tempo stesso da quella massiccia e molesta presenza, e il marchio complicato presente su una delle due iridi si illuminò di una luce fluorescente
«Sebastian!» gridò, isterico «Toglimi dai piedi questo mostro peloso!».
Andersen non si era mai sentito tanto umiliato in vita sua quanto nel momento che seguì, quando Sebastian riuscì a sollevarlo di peso con le sue braccia esili e lanciarlo dal lato degli Hellsing come se fosse poco più di una vecchia bambola di pezza.
Il prete della sezione Iscariota atterrò con un tonfo schioccante, spaventoso, proprio di fronte ai piedi di Alucard, dove rimase, sdraiato a pancia in giù, per fare l’inventario dei danni. Sentiva la spina dorsale leggermente ammaccata e il ginocchio destro bruciava terribilmente, ma non era niente per uno come lui che, fra l’altro, era un rigeneratore. Cosa significa che era un rigeneratore? Lo scoprirete presto, se non lo sapete già.
Vlad, o Alucard che dir si voglia, guardò in basso socchiudendo gli occhi rossi
«Juda’s Priest, che ci fai qui?» domandò, inarcando un sopracciglio «Strisci ai miei piedi?»
«Ah …» Andersen si mise seduto e si posò una mano su una tempia prima di guardare in alto « … E tu chi diavolo saresti?»
«Non ti ricordi di me, Juda’s Priest?»
«Non so … hai un che di familiare … forse il naso l’ho già visto da qualche parte» d’improvviso Andersen ebbe un’illuminazione e, messosi in ginocchio, abbassò il capo fino al livello dei sandali di cuoio, griffati Dolce e Gabbana, di Alucard «Oh, Potente signore!»
«Finalmente ti sei ricordato di me!» gioì il vampiro, ma trattenne la propria fierezza con noncuranza, strofinandosi le unghie sopra il vestito bruno, all’altezza del petto
«Oh, eterno signore!»
«Grazie, grazie …»
«Oh, unigenito figlio di Dio»
«Beh, grazie, ma …»
«Oh morto e risorto!»
«Si, modestamente …»
«Permettimi di dirti che ti servo da tutta una vita!»
«Grazie, ma …»
«Non c’è amore più puro al mondo di quello che io provo per te, oh divina creatura, e per la passione che …»
«Adesso basta, si sconfina nello schifo!» Alucard si allontanò «Che ti è successo Andersen? Hai passato tutta la vita a cercare di tagliarmi la testa e adesso mi adori? No … aspetta … tu mi ami?».
Andersen si rimise in piedi. Adesso tremava di sdegno, dalla testa ai piedi. Sembrava un cactus messicano quando c’è un terremoto, solo più largo.
«Tu non sei Gesù?»
«No, io sono … Vlad»
«Vlad come …»
«Dracula … eh, volevo dire, Alucard»
«Ghraaaaa!»
Il prete, più che tremare, provocò un terremoto. Con un urlo animalesco e inarticolato, si slanciò con le baionette, prese da sotto il cappotto con abilità e maestria, puntate direttamente contro il “San Giuseppe” che, essendosi appena cambiato, aveva dimenticato un pò più in là il suo spadone, fedele arma che combatté valorosamente al suo fianco per la durata di molte battaglie, a due mani, un arnese grosso quanto … si, insomma … assai. Vlad non poteva fare altro che tentare di sfuggirgli, bhè, si … con una “ritirata strategica”.
Tutti gli Hellsing, più la voce dell’altoparlante, emisero un grido a un'unica voce «Fermati, Andersen!»
E proprio in quel momento, mentre ormai un nonnulla di spazio separava i due grossi uomini, Seras si mise in mezzo. E tutta agghindata da stella cometa, Seras strillò «Hiiiii!»
Padre Andersen, per la sorpresa più che altro, si arrestò di botto e cadde per terra dritto a faccia in giù, e poco ci mancò che rompesse pure il naso contro il pavimento. Vlad spalancò gli occhi, mentre Seras saltellava in giro, avvolta come un salame dalle lucine colorate gialle che, ipnoticamente e a intermittenza, continuavano a brillare in uno snervante accendi-spegni al ritmo di una musica inesistente. Anzi, sembrava che, più che a una canzone natalizia, brillasse a ritmo di quella canzone della pubblicità attuale delle Tic Tac.
“La vita fa tic tac
Il ritmo fa tic tac
Accendi il ritmo della vita con tic tac!
E’ il buon confetto che, più allegria farà
Lo senti il gusto così fresco di tic tac!”
«Come … come diavolo ha fatto a cadere?» Walter la osservò meravigliato, mentre quella continuava a saltellare in giro, intrappolata dalle luci natalizie e sorridendo ebetemente. Anche se “ebetemente” è un termine che non esiste.
I Grozzi alzarono le mani, come a dire “i colpevoli siamo noi”. Sempre devoti alla giustizia i nostri Grozzi! Si … e io sono Hermione Granger … wow, quando si comincia la scuola?!
«E perché lo avete fatto?»
«Perché abbiamo visto l’episodio tre di Hellsing OVA. Solo l’originale, by Kohta Hirano!» tutti gli addetti sorrisero in contemporanea, rivelando una dentatura che avrebbe fatto un’invidia a quella della pubblicità della Mentadent, che già era assai se non moriva di gelosia. Il sorriso brillò per un attimo, per creare un fulgore da vera stella cometa, non esattamente come le luci di Seras … ma soprassediamo, che accecò sia gli Hellsing che i Phantomhive, per un solo attimo.
«Ok …»
«Io ammiro enormemente Kohta Hirano» declamò Vlad, convinto e guardando di traverso Andersen, che continuava a ringhiare rialzandosi. Era la seconda volta che finiva a faccia a terra in  … un minuto?  
«Io gli voglio tanto bene» esclamò Seras, senza smettere di saltellare con felicità senza un motivo apparente. Che anche lei avesse preso un pò della magica polverina di Pollon? Si, quella che se la lanci e la respiri poi ti porta l’allegria?
«Io trovo che sia un grande mangaki» affermò Integra, seria e composta nonostante l’inusuale abbigliamento. Ma il Master è sempre il Master.
«Io lo odio» bofonchiò Walter «Mi mette le fan girl, poi me le toglie, poi mi fa tradire, poi mi manda maglie e gadget imbarazzanti … ecchecavolo! Si starà facendo un bel pò di risate a guardare qua! Giapponese figlio di …»
«Waltah-san!» «Walter!» «Walter!» lo redarguirono i tre dell’organizzazione Hellsing, all’unisono.
Il maggiordomo si corresse appena in tempo. Diciamo che era un maggiordomo che le parolacce le diceva, di solito «di … di giapponesa»
«Ma Waltah-san! Che stavi per dire?» chiese Seras, curiosa
«Una parolaccia» rispose il maggiordomo dell’Hellsing, incrociando le braccia con tranquillità e senza apparentemente vergognarsi
«Ma non si dicono, Waltah-san!» lo rimproverò la Police girl, con aria indignata «Credevo che lo sapessi, con l’età che hai»
«Per l’età che hai sei un pò …» intervenne Integra, con un sorriso cattivo, facendo con la mano il gesto di toccare la testa di un personaggio immaginario che le arrivava più o meno alla vita
«Grazie, Master» ribatté Walter, ironico «E comunque … può sfuggire una, di tanto in tanto, Seras!»
«A me non sfuggono mai!» declamò Seras, mettendosi le mani sui fianchi e alzando il mento, sorridendo fieramente
«Brava, Police Gir …»
«Seras!»
«Va bene, brava Seras …»
«Evvai!» Seras si accorse di essersi appena tolta le luci da albero di Natale nel mettersi le mani sui fianchi, e allora si immobilizzò «Chiamate i Grotti! Loro sanno rimettermeli questi … io non so»
«Chiamate … i chi?» chiese Integra, con una nota di divertimento nella voce. Ovviamente aveva capito il lapsus (l’ovviamente perché era Integra) ma gli piaceva, come dire … umiliare di più l’ignara ragazza poliziotto.
«I Grotti … i Grozzi, i Grozzi!» strillò poi, notando lo sguardo un pò malandrino di Integra
«Brava … i Grotti» il Master fece un mezzo sorriso.
Gli addetti vennero chiamati e Seras venne riappiccicata al tetto con le luci a posto. La domanda era: come aveva fatto quella vampira a scollarsi dal tetto quando era stata legata con una corda spessa al tetto con scotch e Super Attack? Bho … mistero. Il mistero s’infittisce su Italia … Uno!
Questa sera: i rapimenti alieni. Speciale sugli “addotti”.
No, ok? Niente Mistero, anche perché c’era molto di peggio di cui preoccuparsi.
Ovvero che, dopo un frugale pasto consumato sul posto e portato dai Grozzi, doveva avere inizio la prova.
E Andersen non aveva ancora nessun ruolo da fare …


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martedì 12 gennaio 2016

Capitolo 25 - Primo fuori gioco - Tanaka

Cap. 25
Primo fuori gioco - Tanaka

Ma, che dire, fu una coincidenza o fu tutto calcolato? Per un uomo che entrava nella casa, un uomo ne stava per uscire. Ma partiamo dall’inizio e spieghiamo tutto con più calma:
La famiglia Phantomhive si stava ristorando. Avevano deciso i turni per fare le docce, e per quanto riguardava i ragazzi (visto che le ragazze erano solo due e si erano messe d’accordo all’inizio dell’anno, essendo molto meno caotiche dei maschietti), il primo a fare la doccia avrebbe dovuto essere Tanaka-san.
Così il minuscolo contabile si infilò nell’enorme, gigantesco, bagno.
Ah, precisiamo delle cose riguardo ai bagni: in tutta la casa erano tre, uno per le ragazze, uno per i ragazzi e il mega-bagno con piscina idromassaggio che nessuno usava tranne Seras e Alucard per farci i bagni di polvere.
Tanaka-san si infilò nel bagno per i maschietti, ovviamente, quello con le piastrelle alle pareti blu stampate a trenini colorati, il pavimento color panna scuro, e con i sanitari di colore bianco e verde. Grazie al lavoro costante ed efficiente di Sebastian e di Walter, il bagno dei ragazzi era incredibilmente pulito e ordinato e per Tanaka fu un vero piacere constatare che tutto era come lui voleva che fosse.
Ora, direte, le telecamere, per ovvi motivi di privacy, non dovrebbero mai e poi mai riprendere quello che succede all’interno dei bagni. O perlomeno, non dovrebbero trasmetterlo …
Si, ma in questo casa si era trattato di un caso di emergenza, una necessità assoluta.
La dinamica dell’incidente fu quella che segue:
Tanaka-san, attualmente dell’altezza di quaranta centimetri, entrò dentro la stanza e si guardò intorno con aria svagata, producendo il suo verso tipico, l’«Oh, oh, oh». Poi, aveva iniziato a togliersi gli abitini con cura, per prima cosa la giacca, che piegò, e cercò di posare sulla lavatrice (che, per la cronaca, non funzionava). Ma ahimè, immagino che quaranta centimetri di altezza siano veramente troppo pochi per riuscire a raggiungere l’altezza di una lavatrice Ariston di quel genere! E ricordiamo che in quella casa tutti gli attrezzi e gli elettrodomestici erano enormi.
Così Tanaka-san decise di raggiungere la propria vera forma, quella di un uomo alto sul metro e settantasette, perfettamente proporzionato, abbastanza anziano con gli stessi baffetti e capelli bianchi spalmati che aveva quando era alto quaranta centimetri.
Grazie a questa sua nuova forma era, ovviamente, alto abbastanza per posare la sua giacchettina (che era rimasta di dimensioni lillipuziane e ancora ci interroghiamo su come i suoi abiti facciano a crescere o a decrescere in dimensioni) sopra la lavatrice.
In quel momento accadde l’incidente.
Infatti, circa due ore prima che questo accadesse, nel bagno era passato Finnian, il quale è noto per essere caotico e disordinato. Per sbaglio, Finnian, dopo aver fatto la doccia aveva lasciato cadere per terra quello che rimaneva di una saponetta consumata, ridotta ormai ad una sottiletta e quindi ormai quasi invisibile, mimetizzata con il pavimento color panna scuro. Ma purtroppo, anche se consumato, il sapone rimane sempre e comunque scivoloso.
Così Tanaka fece un passo all’indietro e il suo piede si poggiò su quella specie di viscida sottiletta. Il corpo del contabile fece quella che sembrava essere una spaccata poco prima di volare all’indietro, alzarsi di due metri da terra, fare in aria una doppia piroetta, contorcersi, prendere la forma e la velocità di una trottola, svolazzare per tutto il bagno per venti secondi, ridere «Oh oh oh» e poi atterrare disastrosamente sulla testa.
Ancora non è chiaro come l’inciampare su una saponetta possa provocare l’acquisizione della capacità di svolazzare o di fare salti mortali, ma è abbastanza chiaro come sia possibile che faccia scivolare una persona e sbattere di testa.
Tanaka-san, se era fortunato, aveva subito un trauma cranico. Se era sfortunato era morto.
In qualunque caso, noi magnanime autrici non potevamo fare nient’altro che chiamare i medici e aspettare … cioè, chiamare i nostri Grozzi, travestiti però da medici, e aspettare.
I Grozzi giunsero rapidamente, tutti imbacuccati nei loro camici bianchi e tutti con degli stetoscopi attaccati al collo taurino. Sulle loro teste pelate riluceva il riflesso della mesta luce del bagno.
Immediatamente i Grozzi si chinarono sul corpo svenuto di Tanaka-san e lo controllarono con cura, tastandogli la testa e toccando il collo per vedere se si fosse spezzato la spina dorsale.
Per fortuna, il povero Tanaka non aveva subito traumi troppo gravi, ma probabilmente la commozione cerebrale c’era e …
«Forse si è formata un’emorragia interna» Disse con voce rauca uno dei Grozzi, guardando il corpo del ferito in maniera professionale «Dobbiamo portarlo via. Immagino che non potrà rientrare al reality prima di una settimana …»
«Sbrighiamoci» rispose un altro, con voce assolutamente identica, come se fosse un clone «Non vorrei che le sue condizioni si aggravassero».
Così i Grozzi tirarono fuori dal nulla una barella e ci adagiarono sopra con delicatezza il corpo di Tanaka-san per poi portarlo via. Mentre lo trasportavano, passarono di fronte alla squadra dei Phantomhive. Tutti i componenti del gruppo guardarono i due Grozzi con l’espressione allarmata, eccetto Sebastian che rimase, come sempre, serenamente impassibile.
Ciel si fece avanti in qualità di leader, pur non essendo a tutti gli effetti il leader della squadra
«Che cosa gli è successo?» chiese
«Ragazzo, è meglio che tu non lo sappia, potrebbe essere un trauma» rispose uno dei Grozzi, duramente.
Ah, vi ho detto che i Grozzi sanno rispondere solo duramente? Ciel ci rimase un pò male e insistette
«Sono quello che ha risolto il caso di Jack lo Squartatore!» esclamò, alzando un pugno chiuso con fare quasi minaccioso «Non credo che potrà turbarmi più di tanto! E poi lui è parte della mia squadra, ho il diritto di sapere che cosa gli è successo!»
«È scivolato sopra una saponetta, ragazzo. Adesso lo dobbiamo portare via e scordatevi di rivederlo per una settimana!».
E detto questo, i Grozzi uscirono dalla casa senza fiatare, facendo penetrare il gelo all’interno della residenza. Ma non era solo un gelo materiale … Tanaka-san sarebbe mancato a tutti i membri della famiglia, ormai era diventata una presenza rassicurante quel cosino alto quaranta centimetri che si aggirava ridacchiando lugubremente e sorseggiando thè corretto alla cocaina.
Si, sarebbe mancato persino a Sebastian, anche se questi non lo avrebbe mai ammesso. Il maggiordomo, per sdrammatizzare, battè le mani inguantate di bianco per due volte
«Allora» disse «Chi di voi ha lasciato una saponetta nel bagno, per terra?».
Tutti si guardarono, mentre una tensione feroce serpeggiava. Chi era lo sbadato, chi era il disordinato sventurato che aveva causato (e anche un sacco di altri ato) l’incidente di Tanaka-san?
In quel momento Finnian si ricordò di aver perso la saponetta, in effetti, e si sentì rodere da un feroce senso di colpa. Qualcosa di oscuro gli afferrò le viscere, quello che si chiama rimorso, mentre lentamente sollevava una mano per confessare il suo sbaglio
«È colpa mia, Sebastian-san» mormorò piano, guardando per terra e arrossendo «Non me ne ero nemmeno accorto, solo che ho perso la saponetta. Era diventata … era … veramente sottile e non la vedevo più. Non ho uno sguardo da rapace come Meirin e non ho nemmeno … non ho …» avrebbe voluto dire “il cervello come il tuo”, ma non aggiunse nient’altro, serrando le labbra e divenendo muto come un pesce.
Sebastian socchiuse i suoi grandi occhi color fegato, minaccioso
«In questo caso …».
E vi lascio immaginare il seguito, perché non è poi così difficile.
Ma a parte tutto questo, i Phantomhive avevano appena perso un membro. E questo gli sarebbe costato un punto … perché, dopotutto, avrebbero dovuto persino dar loro dei punti di incoraggiamento, come il riconoscimento per le famiglie dei caduti in guerra, e neppure le cattivissime autrici avevano voglia di infierire troppo. Eppure, poiché erano stati sbadati, dei punti dovevano essere tolti …
Lampeggiando con un che di mesto, i tabelloni nella sala principale, deserta, mostrarono un nuovo punteggio:
Hellsing – 11
Phantomhive – 10


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lunedì 11 gennaio 2016

Capitolo 24 - Arriva il paladino!

Cap. 24
Arriva il paladino!

Senza dubbio uno splendido Natale… ma per Seras c’era un piccolo, minuscolo, insignificante particolare che non la faceva sentire affatto tranquilla. Questo particolare poteva manifestarsi come la sua ferma convinzione che al minimo tocco tutto sarebbe saltato in aria, oppure che il Master Integra non era di buon umore perché non c’era il Sole e l’avrebbe presa a calci solo per un accenno di marachella, o magari nel fatto che, mentre tutti stavano andando nelle proprie camere, la porta si fosse spalancata …
E magari anche dal fatto che era appena entrato un vero e proprio mostro: un uomo dalla mascella larga e ricoperta di barba ispida, occhi piccoli e verdi sormontati da occhiali che riflettevano inquietantemente anche una minima scintilla di luce, espressione che spesso si alternava (durante la vita quotidiana) fra il sadico e l’orso arrabbiato. Capelli biondi e ispidissimi sparati verso l’alto, come se avesse il gel che però era assente. Una croce rilucente nell’oscurità che inquietava anche i cristiani. Forse era inquietante anche il fatto che fosse un agente della sezione tredici del Vaticano, un bravo (avrei qualcosa da ridire su questo aggettivo …) Iscariota, che girasse  continuamente armato e con la voglia di infilare baionette sacre nei passanti. O almeno, questa era la descrizione che vi avrebbe fornito Seras di lui… se solo avesse saputo descrivere. Il massimo che nella realtà riuscì a dire per esprimere fedelmente la straordinaria apparizione fu «Ah mamma, quanto è brutto!Mastaaah!» saltellando indietro.
Lei odiava Padre Andersen. Certo, per cinque secondi durante la guerra erano stati quasi alleati, ma poi… bhè, non ho intenzione di fare spoiler, ma diciamo che per colpa di un certo Mastah l’alleanza si era rotta dopo i cinque fatidici secondi.
Il prete entrò con passo lento dentro la casa. Lanciò il suo grido di battaglia, un cavernoso «Eeeeiiimeen!» (N.d.R. Per chi non lo avesse capito, è un “Amen” distorto) incrociando due baionette in una scenicissima entrata, posando a terra le valigie.
«Bene, ragazzi …» annunciò la voce «Visto che gli Hellsing sono in inferiorità numerica, abbiamo deciso di mandarvi anche il nostro amichetto: Angel Dust, o Padre Alexander Andersen, per gli amici Alex. Starà dalla vostra parte, ragazzi, e parteciperà normalmente alle prove, essendo adesso un concorrente a tutti gli effetti. Ah» aggiunse, rivolto all’Iscariota «Alex, non accetto che mutili i tuoi compagni di squadra. Perché, adesso per tuo enorme rompimento di scatole non puoi usare la violenza contro mostri e pagani»
Andersen annuì, senza dire niente, ma abbassando le baionette benedette. Aveva una faccia leggermente … dispiaciuta.
Certo!” pensò la Police Girl “Vorrebbe tanto usare la violenza su noi! E noi non siamo mostri! Forse non proprio cattolici … però non è un motivo per farci a fettine sottili sottili sottili … Mastah!” Nella sua testa apparve l’inquietante immagine di Padre Andersen che faceva a fettine la sua persona e strillava «Affettato …» e poi, orrore supremo, mangiava un suo pezzo! «E mangiato! Eeeeiiimeen!».
Diciamo che era una fantasia piuttosto inquietante, tipo “cotto e mangiato” di Cristina Parodi, ma con più sangue.
«Bene» proseguì l’autrice «Assegnategli una stanza».
Si risolvette alla fine, dopo numerosi discorsi da parte dei nostri oscuri eroi, di dargli la stanza più vicina al cortile interno, che era anche quella più in disuso.
Il prete prese tranquillamente le valigie, con la stessa faccia serena che assumeva quando era con i suoi cari bambini all’orfanotrofio, e si diresse verso la sua nuova camera.
Attraversò velocemente il corridoio, fra le grida di spavento di tutti i Kuroshitsujiani, nonché lo svenimento di Lizzie. Lo choc era stato troppo grande.
Si dia il caso che la stanza del nostro caro amico del Vaticano fosse quasi alla fine del corridoio che portava al cortile interno, di quel corridoio prima e ultima porta a destra. Non aveva alcun vicino di camera e la cosa peggiore era l’interno della fatidica stanza assegnatagli.
Era assolutamente normale, ma il bello era che fosse assolutamente normale se eri in grado di levarti dagli occhi il quintale e mezzo di polvere che ricopriva tutto. Il pavimento era ricoperto completamente da uno strato di polvere così spesso da far pensare a un bel tappeto persiano grigio, di quelli costosi. Ma non potevi mica immaginare che tutto fosse coperto da tappeti persiani. Mensole, quadri, ripiani, armadi.
Polvere dovunque.
E Padre Andersen non aveva mai avuto una faccia così sorpresa. Poco ci mancasse che avesse una faccia da chibi sbigottito.
Perché si dia il caso che, oltre ad essere la stanza meno apprezzata di tutte era anche quella che Alucard e Seras sfruttavano per i loro giochini tutti particolari. Dove credete che mettessero alla fine dei loro fantasiosi bagnetti poco igienici tutta la polvere utilizzata? Nella stanza che non veniva usata. E nella stanza che non veniva usata chi avevano avuto la fantasia di mandare? Padre Andersen.
Un simpatico bigliettino recava scritto “Per Angel Dust”.
«Ah ah» ringhiò il prete «Molto divertente».
Senza contare il meraviglioso … scarabocchio tutto capelli fatto a matita con un enorme cappello rosso. Teoricamente, ma le autrici non riescono tutt’ora ad avere un’idea definitiva, doveva essere Alucard.
Padre Andersen si chiuse sbattendo la porta, e la cronaca non può continuare su di lui perché le telecamere erano completamente otturate dalla polvere, e Alexander non è stato così cortese da pulirle.
Ma torniamo agli altri che stavano ancora riuniti nel salone dove le telecamere erano pulite e profumate.
«Cavolo … è arrivato l’Iscariota» commentò Walter, incapace di dire altro
«Mamma mia, Mastah, maremma toscana, per mille cavolibroccoli e trecentocinquantasette cavoli-rapa, streghetta, ammappata, abbanana, Mastaaah, per mille sogliole e siamesi, cavoletti di Bruxelles, quanto è brutto!» intervenne Seras, portandosi una mano su dove doveva esserci il cuore come se potesse fermarsi da un momento all’altro. Peccato che il suo adorabile cuoricino fosse già fermo.
«Wow» commentò Alucard
«Porta più punti, e più punti vuol dire vittoria. E poi abbiamo recuperato piuttosto bene» concluse il Master, accendendosi soddisfatta un sigaro.
Tutti i conigli squittirono all’unisono. Fra l’altro, aveva appena fatto la sua comparsa … il coniglio di Padre Andersen. Ovviamente lo aveva ricevuto anche lui perché, essendo pure lui un concorrente come gli altri aveva avuto l’onore … l’onere di possedere un dolce, piccolo lagomorfo.
In realtà il dolce e piccolo lagomorfo faceva concorrenza in quanto a stazza a Piscio, era estremamente massiccio e digrignava spesso i denti, quasi fosse un riflesso involontario. Il suo pelo era lucido, biondo chiaro striato di rosa, abbastanza corto da risultare quasi ispido. Si fissava in giro con sospetto, mentre avanzava con un incedere tutto particolare, quasi da ladro, mentre con le zampe stranamente spesse e grosse impattava sul terreno. Ma era a suo modo tenero, dopotutto era pur sempre un conigliet … un coniglio. Era sprovvisto di cicatrice, che non aveva in comune con il suo “padroncino” come Orbo, e tutto sommato non era poi così male.
La cosa che aveva in comune con Andersen, lo capirono poco dopo, era la miopia. Quando Seras fece un passo verso di lui per acchiapparlo e portarlo in salvo con gli altri, partì a tutta velocità verso il corridoio e, anziché imboccarlo, andò a sbattere con decisione contro la parete rimbalzando di poco indietro e barcollando.
Walter lo afferrò e si rese conto di non saper che farne.
«Che si fa?» chiese, mentre teneva il muso del coniglio in basso. Per sicurezza, magari era feroce come Piscio. Per sicurezza maggiore, lo allontanò di poco da sé. Sperava che non fosse proprio come Piscio.
«Lo porti a Padre Andersen» rispose tranquilla Integra, congedandolo con un gesto eloquente della mano
«Si, signora» Walter chinò la testa e si diresse verso la camera … verso il corridoio per il cortile interno. D’ora in poi avrebbe fatto tanta, tanta attenzione andando da quella parte. Camminò con il coniglio piuttosto grosso che si divincolava.
Ecco, ci eravamo quasi … la sua mano si fermò a qualche millimetro dalla superficie liscia della porta. Aveva sentito dire che i preti erano pedofili, e diciamo che fisicamente non era esattamente un adulto, adesso.
Forza e coraggio, Walter. Consegna il coniglio e fuggi come un fulmine. No, come un coniglio” si disse, mentre bussava battendo ripetutamente.
La porta, cigolando rumorosamente si aprì. Illuminato da dietro, come un’enorme ombra nera, apparve l’agente della sezione tredici, il temibile Padre Alexander Andersen. I suoi occhi e la croce mandavano bagliori sinistri.
«Scusa …» Walter dovette richiamare la sua attenzione. Stava iniziando a stufarlo questa storia dell’essere basso «Hai … hai dimenticato il tuo coniglio»
«Ehi, ciao» fece il prete, amichevole, prendendo in braccio il coniglio «E tu chi sei, piccolo?»
Questo era davvero troppo … “piccolo”? Va bene che lui era un gigante, ma lui non era poi così basso. E poi proprio lui … insomma il tutto lo rendeva nervoso. Si ricordò che Andersen non sapeva della sua capacità di “regredire”.
«Ti … ti basti sapere che sono un maggiordomo che deve servirvi» disse, mentre faceva qualche passo all’indietro
«Non sei un pò troppo giovane?» fece il prete, mentre gli occhiali mandavano un curioso bagliore «Trovo meschino che usino un bambino perché ci serva … è colpa delle autrici? O quelli dell’Hellsing ne stanno combinando un’altra delle loro?» ringhiò. Walter era letteralmente sparito nel nulla.
Andersen alzò le spalle mentre rientrava, portandosi dentro il coniglio «Andiamo, Baionetta, non appena usciamo di qui li ucciderò. Li ucciderò sicuramente. Usare un bambino, così puro e tenero, per simili atti… sempre uguali questi eretici…». La porta si chiuse con un suono estremamente ehm … sonoro.
Nel frattempo, lasciando a Padre Andersen il tempo di riordinarsi la stanza e le idee gli Hellsing si erano divisi: una squadra, formata dai vampiri di casa, andò a dormire, l’altra andò al cortile interno a coltivare. Come al solito, Integra stette a “supervisionare” mentre Walter si spaccava la schiena. E non perdeva occasione di sogghignare quando il maggiordomo si raddrizzava e si poteva notare l’altezza superiore degli attrezzi agricoli. Diciamo soltanto che, per crudeltà delle autrici, era stata fornita alla casa soltanto attrezzi di dimensioni enormi, pensati per far faticare, ma ogni scusa era buona per far risultare Walter più basso.
Nel frattempo, i Kuroshitsujiani avevano ben pensato di andarsi a fare una doccia, viste le facce fumanti che si ritrovavano, anziché dedicarsi nel primo pomeriggio alle attività contadine in terrazza.
Mentre andava a farsi una doccia, Sebastian controllò l’orologio e scandì, con voce serena e chiara
«Sono le quindici e quindici».


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