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sabato 10 ottobre 2015

Capitolo 19 - Di cortili e di conigli

Cap. 19
Di cortili e di conigli

Era un pomeriggio come tanti altri, quello, freddo e terso, con pochi uccellini che svolazzavano fuori dalle finestre. Alucard sbadigliò, aprendo la bocca come un forno, davanti a Seras
«Agente» farfugliò, richiudendola «Ora per i vampiri è venuto il momento della nanna»
«Certo, Mastah!» la Police Girl aveva in braccio sia Mastahrello che Conigliomane e li teneva come due bimbetti teneri «Ma i conigli?»
«Lascia che sia Walter-san a occuparsi di loro. Dopotutto, non è un maggiordomo?»
«Si, certo, buttate tutto sul maggiordomo!» si lamentò Walter, pentendosene immediatamente.
Gli occhi di Seras erano fissi su di lui. Batterono le palpebre. Poi Seras si trasformò in un fulmine e iniziò a buttare tutti i pezzi degli oggetti rotti in giro per il corridoio addosso al povero maggiordomo, seppellendolo di detriti. Walter gridò
«Basta, basta! Per favore! Era ironia la mia, non dicevo sul serio!».
Seras si fermò e guardò ancora Walter, ma senza sbattere le palpebre. Un vampiro non ne ha un grande bisogno, è fatto di una materia diversa rispetto ai veri esseri umani, ma a volte viene loro naturale comportarsi come quelle che dovrebbero essere le loro prede naturali.
Walter uscì da sotto i detriti e si spolverò.
Alucard gli lanciò un’occhiata
«Sei osceno, conciato così» gli disse, indicando l’ampia striscia mancante della divisa «O ti vai a mettere qualcos’altro oppure levi proprio quella stupida camicia»
«La mia camicia non è stupida, vecchio vampiro» ribatté Walter, piccato, battendosi le mani sul piccolo petto sodo «E per qualche strano motivo tutte le uniformi di ricambio che mi avevano portato sono sparite»
«Non le avranno prese i Phantomhive?»
«Si, probabilmente per vendicarsi di te che hai distrutto tutti i loro effetti personali!»
«Ehi, vuoi dire che adesso la colpa è mia se devi girare mezzo nudo?»
«Spero che qualcuno ti distrugga quel tuo stupido impermeabile!»
«Il mio stupido impermeabile è un pezzo di me» Alucard si spolverò con un gesto gentile il cappotto «Non hai mai notato che si rigenera come mi rigenero io?»
«Ah, dannazione … vuoi dire che … uh» Walter ridacchiò «Vuol dire che, anche se sembri vestito, tu sei completamente nudo?»
«No!» Alucard fece un passo indietro «Maggiordomo, stai attento a come parli! Io porto gli occhiali, il cappello, i guanti e il fiocco!»
«Ehm … solo quelli?»
«Esatto»
«Oh. E Integra lo sa?»
«Non è stupida come te, Walter. Certo che lo sa!»
«Oh di nuovo. Va bene» prese i conigli dalle braccia di Seras «Adesso è ora che i vampiri se ne vadano a nanna, ci penso io ai vostri dolci animaletti, che ve ne pare?»
«Un’ottima idea, Walter».
Alucard e Seras si allontanarono piano. Walter sospirò e guardò i due coniglietti, piccoli animali teneri da coccolare. Lui non era mai stato un tipo da “coniglietto” ovviamente, era sempre stato troppo preso dal suo lavoro, dalla battaglia, dai nemici, dalle cospirazioni … ma forse, forse … non gli sarebbe dispiaciuto, per un pò, essere il ragazzino svagato, recuperare la gioventù che aveva perso.
D’improvviso Conigliomane, che aveva sviluppato una certa attitudine per la fuga e per le eroiche imprese, balzò giù dalle braccia di Walter e iniziò a correre. Il maggiordomo, sorridendo, lo seguì per il gusto di vedere dove un coniglio andava se lasciato libero di fare di testa sua. Ma se avesse saputo il luogo dove Conigliomane era diretto, mai e poi mai avrebbe osato seguirlo, ma si sarebbe limitato a recuperarlo e chiuderlo dentro un armadio con una doppia mandata di chiave.
Perché, pochi minuti dopo, con uno slancio che avrebbe fatto invidia ad un maratoneta esperto, Conigliomane si fiondò nel cortile interno. Walter sbarrò gli occhi quando li sollevò da terra: seguendo con lo sguardo il codino dell’animale, non si era accorto del percorso che avevano seguito.
«Conigliomane!» Chiamò, facendo un passo che lo portò ad entrare nel misterioso ambiente «Vieni qui, torna indietro, non è un bel posto questo!».
Ma il suo coniglio, incredibilmente, era sparito. Poteva essersi nascosto ovunque e Walter non poteva assolutamente permettersi di perderlo! Così estrasse i suoi preziosi fili e con quelli legò Mastahrello, in maniera tale che non avrebbe potuto muoversi: se l’avesse fatto, avrebbe sentito il dolore dei fili che penetravano nella soffice pelliccia e nella carne e si sarebbe di nuovo immobilizzato. Certo, sapeva che era un modo crudele, ma non aveva altra scelta.
Dopo aver poggiato in un angolo il coniglio di Seras, si addentrò nel cortile alla ricerca del proprio, attento e guardingo. Per fortuna non c’era nessuna traccia di mani o di mostri in giro.
Si guardò in giro, alla ricerca di un qualche guizzo improvviso che tradisse la presenza del suo coniglio. Un metro dopo l’altro, si ritrovò a pochi passi dal muro che dominava il centro del locale.
Una brezza di vento gelido gli sferzò il viso, spuntata dal nulla. I ciuffi davanti alle orecchie erano intenzionati a finirgli negli occhi, così dovette ripararsi la faccia con le mani. I fiori ondeggiarono in modo sinistro, non perché a Walter non piacesse che i fiori ondeggiassero, bensì il fatto che non sembravano minimamente sfiorati dalla brezza sferzante. Così fredda … un pò come a Varsavia. Non gli piaceva pensare più di tanto al fatto che ci fosse un freddo da Varsavia, di quello da poter perdere le dita per colpa del congelamento. Non era un bel pensiero per un maggiordomo che usa soprattutto le dita per fare qualunque cosa.
«Conigliomane» sussurrò ancora «Psst, qui!». Sapeva che probabilmente il coniglio non lo avrebbe ascoltato, tantomeno accontentato, ma magari avrebbe tentato di fuggire e lui lo avrebbe visto.
Non gli piaceva stare lì. Guardò un pò più in là, aldilà dell’erba, dove c’era ancora un normale pavimento. C’era un vaso di fiori, ma i fiori chiaramente non si muovevano. Aspetta … del vento in casa? Non è piuttosto … sospetto?
«Scherzetti da Halloween» sbuffò il maggiordomo, mentre avanzava ancora.
Un passo davanti all’altro, all’infinito, e quel benedetto coniglio ancora non si vedeva. Un passo, due passi, tre passi, quattro passi … nel quinto passo c’era qualcosa che non andava. Perché sentiva il piede sprofondare? Perché non riusciva a tirarlo su? Sperava che non ci fossero sabbie mobili nascoste ...
Guardò allarmato la scarpa. Niente. Niente di niente. Poggiava normalmente  sul terreno.
Non era normale. Doveva trovare Conigliomane subito e andarsene da lì. Dubitava che fosse stata la suggestione a fargli sprofondare i piedi.  
Malgrado tutto, continuò a camminare. Controllando bene che il terreno non fosse molliccio, avanzò coraggiosamente.
Sentì qualcosa che lo afferrava per il retro della camicia. Si voltò di scatto e notò di essersi solamente impigliato in un ramo. Nulla di preoccupante … a parte che non era normale che ci fosse un albero.
Prima non c’era nessun albero. Ed era difficile che sfuggisse qualcosa di così grosso a Walter C. Dorneaz.
Si staccò con cura dal ramo, per evitare di perdere un altro pezzo della sua divisa, e stavolta procedette a passo di lumaca. Si scrutava intorno, sospettoso.
Il vento, a poco a poco, cessò. E nonostante tutto quei maledetti fiori bianchi non la smettevano di ondeggiare, peggio di Seras l’Agente-Budino. Walter aveva voglia di prenderli a calci e buttarli all’aria. Gli facevano saltare i nervi.
Mentre si chinava per osservarne uno più da vicino qualcosa gli saettò accanto.
Non seppe che colore era, cos’era o quanto fosse grande, semplicemente vide l’aria muoversi a causa di una specie di fulmine. Si alzò, lentamente.
Da dietro il muro spuntò qualcosa. Si, era proprio lui.
Non fatevi strane idee: era solo il dolce musetto di Conigliomane. Con un sospiro sollevato si avvicinò al coniglio. Qualcosa lo bloccò sul posto. Non era un qualcosa che Walter riuscì immediatamente a classificare.
La cosa strattonò con insistenza.
“Fa che sia un ramo …” pregò Walter, e si azzardò a girarsi. Per sua enorme, grandissima sfortuna, non era quello che si definisce un ramo. Si sentì un enorme scemo a non essersi portato un guinzaglio per Mastahrello. Cos’ avrebbe avuto i suoi fili come arma.
E gli servivano. Non era solo una sensazione.
Più una conoscenza.
Occhi neri e ottusi lo fissavano, socchiusi e in ombra. Erano infossati, terribilmente, così infossati da risultare a un primo sguardo cavità oculari completamente vuote. Erano racchiusi in un viso, che solo così poteva essere definito seppure un viso ripugnante, scavato, con barba rada come granelli di pepe nero sparsi qua e là, tagliata malissimo. La sua faccia era incrostata di sporco e appariva violacea. La parte inferiore del viso era piena di sangue. Ciuffi sudici, lerci, ricadevano disordinatamente sulla fronte alta. Il naso era poco importante, più che altro nascosto dall’enorme bocca spalancata. Il suo alito puzzava come una fogna a cielo aperto, sembrava fatto per il venti per cento di aria stantia, per un altro venti per cento di anidride carbonica e per il sessanta per cento di “Eau de Decomposision”. Però toglietegli le note dolci. Schifo, vero? Bhè, al maggiordomo degli Hellsing venne da vomitare quando quel coso gli alitò in faccia una nuvola grigio-verdastra, morbida come fumo, con un gemito stupido e stupito.
Eh, si.
Sembrava proprio che Walter fosse appena finito nella mani di uno stupido ghoul. Ed era anche disarmato.
Non gli importava più di strapparsi la camicia. L’importante era uscirne vivi. Anche perché, di solito, dove si trova un ghoul, ci sono tanti ghoul, e dove ci sono tanti ghoul c’è il vampiro che li ha creati.
Molto rassicurante, vero?
Neanche tempo di formulare il pensiero, Walter vide spuntare dall’ombra una decina di quei cosi. Tutti magri, tutti violacei, ma … c’era qualcosa di diverso.
Il maggiordomo riuscì a sfuggire alla presa del primo ghoul e a allontanarsi a grandi balzi, con abilità.
Quei ghoul non sembravano poi così stupidi. Poi si ricordò che anche lui sembrava violaceo. La luce era violacea … ma c’era qualcosa che non quadrava.
La decina che si avvicinava aveva un’aria stanca, ma non stupida. Cosa stava succedendo lì?
Walter chiuse i pugni e divaricò le gambe, piantandosi per bene a terra, pronto a combattere.
Un ghoul che un tempo era stata una donna dai lunghi capelli castani si fece avanti. Il suo volto violaceo era stranamente bello per essere quello di un cadavere animato, anche se estremamente magro, con gli zigomi appuntiti che sembravano lì lì per forare la pelle sottile come carta.
La donna allungò una mano verso Walter e le sue labbra scure formarono parole … parole comprensibili
«Giovane, giovane …»
«Maledetti!» gridò il maggiordomo, letteralmente con le spalle al muro, mentre Conigliomane ai suoi piedi si sollevò sulle zampette posteriori e annusò con curiosità l’aria.
Tutti i ghoul si strinsero intorno a Walter e lo guardarono, ma i loro occhi non erano globi vitrei e ottusi. Curiosi, si, erano curiosi … e nelle loro facce magre vi era un accenno di smarrita intelligenza.
Walter continuava a non capire e si ritrasse, disgustato, quando la donna gli toccò con un indice il petto nudo
«Giovane, giovane …»
«Lo so cosa sono, brutto cadavere!» gridò lui, poi colpì con un formidabile pugno lo zigomo della signora.
Questa cadde all’indietro, gambe all’aria, poi si raggomitolò spaventata. Cavolo, i ghoul non si spaventavano, normalmente! Gli altri non-morti le si strinsero intorno
«Tutto bene? Ehi?» fece un biondino, chinandosi premuroso
«Chi diavolo sei tu?» gridò un altro zombie, rivolto a Walter.
E le loro voci, dannazione, non sembravano affatto i gorgogli senza senso che i ghoul emettevano quando inseguivano la loro preda, sbavando e mordendo tutto quello che gli capitava a tiro.
La tensione nervosa nel piccolo corpo del maggiordomo si scaricò e lui cadde in ginocchio, poi afferrò rapidamente Conigliomane e lo strinse fra le braccia
«Voi … voi cosa siete?» domandò
«Uomini, piccolo idiota!» strillò la donna, che si era rimessa in piedi «Cosa pensavi che fossimo?»
«Beh, tu sei una donna, non un uomo»
«Non fare il saputello con noi! Da dove vieni? Come hai fatto ad arrivare qui?»
«Come ho fatto … io?» Walter fece un passo in avanti, spaesato «Cosa vuol dire tutto questo? E voi chi siete?»
«Noi siamo i partecipanti alle precedenti edizioni dei reality» disse il biondino, indicando con fierezza se stesso, magro e sporco.
Walter spalancò gli occhi. Avevano davvero detto … partecipanti alle precedenti edizioni dei reality? Questo significava che anche loro, una volta che quel mostruoso gioco fosse finito, si sarebbero ridotti come quegli strani tizi che abitavano il cortile interno? Cosa significava tutto questo?
«Come mai siete qui? Perché ve ne siete andati?»
«Oh, perché non si può andare via» spiegò la donna «Tu devi solo provarci ad uscire dal cortile … noi ci abbiamo provato tante volte, ma questo posto è come una gigantesca trappola: una volta entrato, non puoi uscire più»
«E come avete fatto a sopravvivere per tutto questo tempo?»
«Abbiamo coltivato» disse il biondino, estraendo dalla propria tasca una carota lercia «E mangiato il frutto del nostro lavoro. Certo, è stata veramente dura all’inizio, c’erano pochi semi, poca acqua … ma dopo la terza edizione del reality è stata messa l’acqua nel cortile, perciò …»
«Quindi adesso …» Walter strinse più forte a se Conigliomane, che si divincolò senza riuscire però a fuggire « … Volete dire che anche io sarò prigioniero per sempre del cortile?»
«Si» dissero tutti insieme.
Walter guardò i propri piedi calzati in elegantissime scarpe nere e lucide. Non era possibile, no, era solo un brutto sogno: quando avrebbe schioccato le dita si sarebbe svegliato, doveva essere per forza così! Ma certo! Risollevò lo sguardo
«Voi non siete ghoul … ma quello cos’è?» con lo sguardo scorse la folla fino a trovare la prima creatura che aveva visto, quella mostruosa, con l’alito orrendo e gli occhi vacui.
La donna dai capelli bruni rise
«Ma quello è solo Peppe!» disse
«Un mostro?»
«Un mostro? No, credimi, è solo incredibilmente stupido».
Come a sottolineare la frase, Peppe si fece avanti iniziò a ridere istericamente e una grossa striscia di moccio verdastro gli scese dalla narice sinistra. Walter fece una smorfia disgustata: quell’idiota era davvero orrendo, non voleva vivere in sua compagnia. Doveva andarsene da quell’inferno maledetto pieno di fiori scintillanti e di derelitti! Ma come uscirne se nessun’altro ce l’aveva mai fatta? Ecco, stava trascurando un particolare importantissimo: non ci aveva neanche provato ad andarsene.
Così, con Conigliomane sottobraccio, si diresse verso l’uscita. Recuperò anche l’altro animale e se ne andò tranquillamente, pensando che quelli del cortile dovevano essere solo dei poveri pazzi, prigionieri della loro stessa illusione mentale.
Dietro di lui, udì i pianti di tutta quella gente e si voltò. Loro premevano tutti contro l’uscita, ma nessuno di loro riuscì a seguirlo: qualcosa li bloccava. No, non erano pazzi, c’era davvero qualcosa che non andava nel cortile. E Walter era ben deciso a non tornare mai, mai più lì dentro.


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