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martedì 27 ottobre 2015

Capitolo 20 - L'obbligo di tornare

Cap. 20
L’obbligo di tornare

Walter, esattamente come avrebbe dovuto fare fin dall’inizio, bussò alla porta della stanza di Integra e le chiese se avrebbe potuto chiudere i conigli nell’armadio.
«Walter, perché vuoi chiuderli nel mio armadio?» Chiese lady Hellsing, sempre con il famoso sigaro fra due dita
«Perché in questo modo saranno custoditi. Io intendo andare a preparare la cena, quindi avrò bisogno di qualcuno che faccia la guardia ai conigli e Seras e Alucard dormono come due angioletti»
«Angioletti … Alucard si sta rigirando nel sonno da mezz’ora, sogna che lo stanno frustando. A volte è spassoso vedere come soffre» un sorriso sadico affiorò sul volto scuro di Integra «Si, a volte lo è davvero …»
«Lady Hellsing» Walter indietreggiò, spaventato da quell’espressione «Allora, posso lasciare i conigli?»
«Certamente, Walter. Consegnali a me, sarò felice di proteggerli da quegli idioti dei Phantomhive»
«Grazie mille, Lady Hellsing».
Dopo aver consegnato le bestiole tenere al master, Walter si diresse allegramente verso il suo regno, la cucina. Nello stesso identico istante in cui entrò, anche Sebastian Michaelis varcò la soglia del locale.
I due maggiordomi si fissarono per alcuni istanti con aria di sfida. Sebastian era come al solito disteso, ma il suo sguardo era fisso e concentrato, mentre Walter aveva sollevato un angolo della bocca e mostrava i denti bianchissimi.
Sebastian, quasi per fare un dispetto, si mosse per primo dalla posizione di stallo e spalancò il frigorifero, poi si portò una mano davanti alla bocca per soffocare l’urlo di disperazione che stava per nascere. Walter notò lo sconcerto nel volto del nemico e gli andò vicino
«Che succede?» chiese, ironico «Hai visto un gatto fatto a pezzi chiuso dentro il freezer?»
«N-non-n è possibile» balbettò Sebastian
«Cosa?» Walter fissò il frigorifero, poi sbiancò.
Oh, supremo orrore! Walter avrebbe di gran lunga preferito combattere un esercito di ghoul inferociti a mani nude piuttosto che trovarsi di fronte a un simile spettacolo: il frigorifero era totalmente vuoto. Sebastian aprì le ante degli stipi: vuoti. Lo stesso valeva per i cassetti, per il cestino della spazzatura, per il lavandino, per qualunque pertugio, fessura, infossamento, possibile nascondiglio in tutta la cucina.
Questo significava solo una cosa: il cibo era finito. E se il cibo era finito, significava anche che entrambi i maggiordomi, anzi, entrambe le famiglie che concorrevano, sarebbero stati costretti ad utilizzare il cortile interno per coltivare degli ortaggi.
O almeno così pensava Walter, che non aveva pensiero se non per quel locale sinistro … in realtà c’era anche un altro luogo, persino più adatto alla coltivazione, cioè la terrazza, e Sebastian, immediatamente, andò ad impossessarsi del territorio per iniziare la produzione.
Il problema era che, anche così, ci sarebbe voluto parecchio tempo per riuscire a produrre qualcosa e nel frattempo sarebbero tutti morti di fame.
Walter tornò da Integra
«Lady Hellsing» disse «Le provviste sono finite. Dovremo trovare un altro modo per sfamarci»
«Cannibalismo» rispose Integra, compiaciuta «Mangeremo quelli della squadra avversaria»
«Quando parlate così, Lady Hellsing, mi ricordate un pò troppo Alucard … in qualunque caso avevo pensato di coltivare nel cortile interno»
«Oh si, ci sono grandi vetrate a specchio e terra fertile, l’ideale per coltivare, è una specie di maxi serra … ti sfugge un minuscolo dettaglio, Walter: le lattughe non ci mettono venti secondi per venir fuori».
Il maggiordomo non ricordava né grandi vetrate a specchio, né terra fertile, probabilmente perché si era concentrato troppo su fiori bianchi ondeggianti e su zombie-che-non-erano-zombie, ma aveva ben presente il problema delle esigenze temporali degli ortaggi
«Lo so, Master, ma mangiare gli avversari è contro il regolamento» rispose dunque, cercando di sembrare sottomesso
«Si, lo so anch’io, ovviamente. Alucard ha una mucca, non potremmo mangiare quella?»
«Una mucca?» Walter ripensò al grosso bovino che di tanto in tanto vedeva pascolare in giro per i corridoio, lasciando mucchi di escrementi enormi «Ma come diavolo ha fatto a sfamarla fino ad ora?»
«Può darsi che sia questo il motivo per cui sono finite le provviste» Integra spense il sigaro, spingendolo irrispettosamente contro la parete e lasciandovi una macchia nera «Alucard deve aver dato da mangiare tutto alla sua stupida mucca. Ma troveremo un modo … nel frattempo è meglio se andiamo a visitare il cortile interno».
Walter aveva paura. Stavolta davvero paura, non solo un misero presentimento: già per una volta aveva sfidato la sorte, avventurandosi in quel luogo infausto, perché mai avrebbe dovuto fare la stessa cosa per ben due volte? Integra guidò la spedizione, subito dopo aver costretto Walter a prendere in braccio tutti i coniglietti, ed entrambi giunsero al cortile interno.
Grandi vetrate a specchio, violacee, certo, ma erano grandi. E fuori splendeva il sole. Faceva caldo, dannazione … e non c’era la benché minima traccia dei derelitti sopravvissuti dalle precedenti edizioni del reality. Walter sospirò, dando a se stesso dello sciocco: eppure sapeva benissimo che persino la paura aveva paura di Integra, cosa c’era da temere se era lei ad accompagnarlo?
Nel frattempo, Finnian, Bard, Meirin e Sebastian si preparavano ad un alacre lavoro di coltivazione
«Sebastian-san … come facciamo a coltivare? Non abbiamo semi!» disse il giardiniere, spensierato
Il maggiordomo, senza dire nulla, estrasse con un gesto rapido delle buste di semi che fecero venire a Finnian gli occhi grandi grandi e luccicanti di felicità e ammirazione «Se non riuscissi a portare illegalmente un paio di buste della Bakker di altissima qualità per precauzione, che cosa accadrebbe?»
«Moriremmo di fame» bofonchiò Bard, seppure avesse anche lui la strana voglia di farsi venire gli occhi grandi grandi e luccicanti.
Meirin lanciò un’esclamazione di ammirazione, mentre tutti e tre si dirigevano verso il loro “campo”.
«Aahh!» gli occhi di Finnian raggiunsero una grandezza spaventosa e rilucevano di luce propria, mentre guardava ammirato il suo capo. Eh si, Sebastian-san era proprio il migliore! Non avrebbero di certo perso! Mai!
«Ed adesso andiamo» disse il maggiordomo solenne, mentre si dirigevano verso quello che sarebbe stato il loro piccolo orticello, il loro “campo”.
Nel frattempo, dal lato Hellsing già si lavorava. Certo, nonostante la presenza del suo intoccabile Master che comportava la non-apparizione dei reduci del reality, Walter non poteva fare a mano di sentirsi leggermente agitato. Diciamo che era leggermente … guardingo, dall’ultima volta. Lanciò un occhiata ansiosa a Mastahrello e Conigliomane che erano messi a parete in un angolino. Stranamente, sembrava che Conigliomane non volesse fuggire, mentre Mastahrello preferiva di gran lunga rincitrullirsi da solo sbattendosi la testa a parete.
Bhè, era vero che anche se i non-morti (in tutti i sensi) non sarebbero apparsi, sempre a causa della presenza di Integra non poteva assolutamente permettersi di battere la fiacca, o sarebbe stato la prima vittima del cannibalismo di Lady Hellsing. Così continuava a lavorare, proprio come … bhè, non poteva permettersi di lavorare come tutti gli altri: i vampiri erano a “nannare” pacificamente mentre Integra Farburke Wingates Hellsing si occupava della supervisione, e non dava segni di voler svolgere i lavori manuali insieme al maggiordomo. Lei preferiva, come capo, Boss e Master supremo, supervisionare il lavoro altrui. Walter continuò così a zappare per preparare il terreno alla coltivazione.
Certo, si sarebbe divertito in compagnia, ma era solo come un cane …
All’improvviso si immobilizzò. Con la coda dell’occhio intravide un movimento calmo e contenuto, senza alcuna fretta. Possibile che anche con la sacra presenza di Lady Hellsing quei … tizi osassero ancora presentarsi? Poi si accorse che il movimento veniva proprio dal lato di Lady Hellsing
«Ehi, che succede?» chiese lei, accendendo il sigaro appena preso con un gesto che tradiva appena un pò di nervosismo 
«No, nulla» Walter scosse la testa, poi riprese a lavorare.
Doveva finirla. Non correva alcun pericolo, aveva la sfiga di incontrarli esclusivamente quando era solo là dentro. E poi c’era lei, la soprannaturale Master of Monster. Era un Monster e un Master contemporaneamente. Il maggiordomo si rilassò, mentre continuava a zappare.
Dopotutto il Master era il Master.
Nel frattempo nello studio caldo e segreto di Ciel Phantomhive …
«Bene, benissimo! Scommetto che gli Hellsing non hanno avuto la splendida idea di mettersi a coltivare e poi …» la figuretta in nero, con la luce alle spalle, aprì un cassetto e tirò fuori un oggetto di ambigua identità, che le telecamere, pur sforzando i loro sensori, non riuscirono a mettere a fuoco la figura nera abbastanza da comprendere cosa fosse. Un sacchetto probabilmente, osservando la forma «Non hanno il mio splendido cervello al loro servizio! Altrimenti avrebbero ideato una scorta segreta di riserva, no? Ah, sono un genio!» si auto-gratificò il piccolo Lord.
Poi aprì con uno scoppio il sacchetto e ne versò il contenuto direttamente in bocca. Infine si dilettò nel masticarlo rumorosamente e girò il volto per illuminare un pò, con tutta probabilità per far riprendere il suo infantile profilo di Conte Phantomhive. Sorrise, quasi truce. E dico quasi, perché era la faccia di uno che si era appena spiaccicato dal decimo piano di un grattacielo. Sembrava che da un momento all’altro dovesse urlare «Ahio!» e mettersi a piangere come un bambinetto piccolo.
«Ehi, migliora il tuo sorriso! Fai … fai un pò pena …» lo derise una vocetta dall’oscurità, scoppiando poi in una risatina acuta. Ciel guardò in cagnesco, intensamente il punto che si riteneva fosse la fonte del suono, aspettandosi che un personaggio qualunque, misterioso e che come tutti gli altri lo sottovalutava, uscisse dall’ombra. Bhè, diciamo che fu leggermente deluso.
«Ehi, vieni fuori! Vieni qui!»
«Io sono già qui» rispose la vocetta, indignata, quasi parlando all’orecchio del Conte.
Questo si girò pensando di poterlo vedere o come minimo colpire con una testata ma non lo vide e tantomeno lo toccò.
«Vieni qui vicino, codardo!» ringhiò
«Non sono codardo! E sono già qui!» si sdegnò “Lui-o-Lei”. La sua voce era piuttosto vicina, ma Ciel non vedeva quel tizio che osava prendersi giocò dell’unico Phantomhive.
«Si che lo sei! E se non lo sei, fammi vedere il tuo aspetto, allora!» lo provocò, stringendo un pugno
«Ti ho detto che non lo sono! E poi è troppo divertente ingannarti …» attimo di pausa, che fece un certo effetto a dire la verità «Bocchan»
«Sebastian! Stupido cane!»
«Ehi!» strillò la voce acuta «Io non sono affatto un cane! Io sono più … un gatto»
«Sebastian! Vieni subito qui, è un ordine!». Il piccolo umano si tolse la benda e aprì teatralmente un occhio. Il marchio impresso si illuminò di una forte luce viola … «Sebastian» ripetè nuovamente Ciel, per la prima apparentemente calmo «Vieni qui. Adesso». Un fascio di luce violacea si irradiò dal marchio e illuminò l’oscurità. Ciel non vide nessuno nell’ombra e nessuno avanzare. Fu assalito dalla rabbia più atroce e cattiva.
Al terrazzo si lavorava alacremente, ma erano in compagnia ed erano tutti più che allegri.
Sebastian mollò la zappa.
«Sebastian-san?» chiese Finny con tono interrogativo. Non era esattamente una domanda, ma tradotta era praticamente un “che stai facendo, Sebastian?”
«Il Bocchan» disse lui
«Che?» si intromise Bard
«Lui … lui mi chiama». I suoi occhi si illuminarono di porpora, facendo sobbalzare i disastrosi tre, anzi quattro con Tanaka-san che però non faceva niente a parte quel suo continuo e snervante “Oh oh oh”. Sebastian si sentì obbligato a lasciare il lavoro. L’ordine era serio, forse il suo Bocchan era in pericolo, non poteva disobbedire …
A grandi falcate, corse via con la velocità enorme, eppure tipica di un maggiordomo del suo calibro «Sono un maggiordomo demoniaco. Un maggiordomo perfetto» mormorò fra se e se, correndo dal suo Bocchan.
«Oh!» lo lodò Meirin con le mani giunte quasi in atto di preghiera, con la pressione del naso che iniziava ad aumentare in modo pericoloso «È così agile e aggraziato! Sembra … sembra un elegante pattinatore sul ghiaccio!»
«Uh-uh» approvò Finnian, tentando di alzarsi il cappello inesistente (come al solito, colpa del maggiordomo) «Era … era un regalo di Sebastian!» il giardiniere scoppiò a piangere scavando nel terreno solchi con la zappa in cui, già solo nel primo colpo, potevano benissimo farci le trincee.
«Oh, povero Finny! È colpa di quel brutto piccolo maggiordomo cattivo? Non piangere! Te ne compro uno nuovo, giuro!» Finny si calmò un pò, tirando su col naso ogni tre millisecondi, in pratica annusando come un cane da caccia.
Bard sbuffò e riprese a lavorare, seppure provasse anche lui compassione per il povero Finny.
Nel frattempo Sebastian era riuscito a raggiungere velocemente lo studio del Bocchan.
«Ehi tu!» e da qui un sacco di insulti e commenti aspri irripetibili, a causa di brutti giochi di parole, che a pensarci bene non sono difficili da trovare per un maggiordomo, e parolacce irripetibili varie, bestemmie e cose simili, accompagnate senz’altro da sonori schiaffi.
«Boc … cha … n» poté solo sussurrare fra uno schiaffo e l’altro, stupefatto. Sapeva che Ciel aveva improvvisi scatti d’ira senza un motivo apparente, ma così era troppo. Sembrava che ce l’avesse esattamente con lui, e questo non era normale. Lui stava solo eseguendo i suoi ordini, e anche con una perfezione esasperante. Era sicuro al cento per cento che senza di lui quei tre scansafatiche avrebbero creato un campo con una forma strana … a chiocciola!
Mezz’ora dopo, Ciel decise che gli stancava il braccio a picchiarlo ulteriormente, così si fece delicatamente portare sul suo trono fighissimo e guardò Sebastian con occhi … volevo dire, un occhio carico di rancore.
«Sebastian …» ringhiò il piccolo
«Bocchan» il maggiordomo sorrise, compiacente «Vorrei adesso sapere perché mi avete picchiato»
«Niente giochetti con me» rispose lui, guardandosi i pugni stretti fino a far divenire bianche le nocche
«Bocchan» insisté Sebastian, seppure cercasse di mostrarsi in tutti i modi più sottomesso possibile «Vorrei solo sapere cosa ho fatto di tanto riprovevole da meritarmi i vostri colpi. Vorrei solo saperlo e rimediare, magari»
«Hai fatto la vocina, mi hai ingannato, hai fatto lo stupido, e ora racconti anche un mucchio di frottole e fai il finto tonto» elencò, con il tono quasi da ragazzino normale, contando sulla punta delle dita i reati commessi «Ecco cosa hai fatto di riprovevole, Sebastian»
«Mi scusi immensamente Bocchan» si inchinò «Ma …»
«Ma» continuò qualcuno «Lo hai picchiato senza un motivo … wow!» esclamò “Lui-o-Lei”. Purtroppo, se anche mentre Sebastian era accanto a lui e non muoveva di un centimetro la bocca, la vocina era ancora in giro voleva dire che aveva realmente picchiato Sebastian senza un motivo valido.
«E allora tu chi saresti?» ringhiò il Phantomhive, rendendosi conto che, se anche in quel preciso istante avesse urlato al suo maggiordomo “Search and Destroy!” non sarebbe stato stiloso neanche la metà di quanto lo sarebbe stata Integra. Digrignò i denti, frustato.
«Io? Sono un ragazzo» un piede emerse fuori dall’ombra, mentre Sebastian si irrigidiva «Ma sono anche un … catz, o catten come usate dire qui. Io sono il Maresciallo Schrödinger, Schron per gli amici. Sono un cat-boy».
Sebastian non fu più rigido. Fu una statua di sale.
Insomma, sappiamo tutti che per Sebastian un dolce gattino antropomorfo è il paradiso incarnato. E poi … non era quello che gli aveva detto “Cornuto!” l’altra volta? Oh, lo conosceva! Era così … così … così … non avrebbe mai voluto usare quel termine ma secondo Sebastian non c’era altro modo per descrivere il nostro caro Schron: kawai. Bhè, per me è assurdo, ma soprassediamo.
«Schron, non rompere» intervenne la misteriosa voce degli altoparlanti «Farai venire a tutti i capelli bianchi»
«Posso vederli?» chiese il nazista, ingenuamente
«Non citare Matilda, cat-boy» lo ammonì divertita la voce «Ma adesso sciò. Qui si lavora e si nanna, e oggi manca poco per la vigilia di Natale. Comincia a fare il buono o Babbo Nazi non ti porta quello che hai chiesto. Ti porta dei brutti cani cattivi che ti mangiano! Rauuuurgh!»
«Aaah!» Schrödinger fece un balzo per la paura e la sorpresa, poi si raggomitolò, mentre le orecchie feline si piegavano sul capo del biondino «Dici che se non faccio il bravo, Babbo Nazi non mi porta niente?» il cat-boy aveva l’aria di uno che si sta per mettere a piangere. Faceva dispiacere, se si riusciva a dimenticare quanto potesse diventare all’occorrenza un “rompino provetto”.
«No, se fai il cattivo. Comincia a fare il bravo, allora. Comincia a tornare dal Millennium, ti stanno cercando dappertutto!»
«Oookaayy!» annuì il cat-boy, e svanì nel nulla schioccando le dita.
Ciel era rosso e faceva contrasto con i vestiti i capelli, l’occhio, l’anello e la federa blu, mentre Sebastian ci era rimasto piuttosto secco.
Come già detto, non aiutava il suo fisico già delicato e anoressico. Giusto per fare qualcosa, guardò l’orologio e lo aprì. Mormorò con voce ferma «Sono le sedici e cinquantaquattro». Non sapeva proprio a cosa gli fosse servito. Sospirò.
«Bocchan, potrei gentilmente tornare al lavoro? Se qualcosa la turbasse e\o disturbasse non deve fare altro che chiamarmi»
«Umpf»
Sebastian si dileguò per tornare la suo lavoro.
Il pomeriggio passò allegramente per i Kuroshitsujiani e sfiancante per l’Hellsing (anzi, per Walter), ma passò comunque.
I cadaveri si rivoltarono nelle loro bare. Letteralmente.
«Mastah …»       



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